Le mitiche Ferrari di F.1: 640 con il cambio semi-automatico al volante
John Barnard nel 1989 aveva tolto la leva del cambio per imporre il comando semi-automatico che poi fece scuola su tutte le monoposto. La F1-89 era risultata molto competitiva, ma poco affidabile anche se vinse al debutto in Brasile.
1989 Ferrari 640 F1 - Gerhard Berger
Art & Revs
26 marzo 1989: giorno della Resurrezione. Era Pasqua sulla pista di Rio de Janeiro quando si disputava il GP del Brasile, prima prova del mondiale di Formula 1. La Ferrari by Fiat aveva cambiato faccia e al debutto aveva vinto un GP a dir poco miracoloso con Nigel Mansell alla prima uscita con i colori del Cavallino sulla rivoluzionaria F1-89, la monoposto di John Barnard dotata del cambio semi-automatico.
Era il segno che qualcosa aveva preso un’altra piega nel Reparto Corse? Il dopo Enzo Ferrari aveva portato alla tolda di comando Cesare Fiorio. Il torinese, abile direttore sportivo di Fiat e Lancia nel mondo dei rally e nelle corse di durata aveva raccolto successi a raffica come nessun altro. In molti si erano domandati a più riprese come mai Fiorio non fosse approdato prima a Maranello, nei ripetuti ribaltoni della squadra: alcuni sostenevano che non ci fosse una grande simpatia da parte del Grande Vecchio, altri (e forse era la verità) scommettevano sul fatto che Cesare avrebbe impersonificato troppo il potere della Fiat nel Cavallino.
Sta di fatto che la Gestione Sportiva aveva subito preso l’impronta di Fiorio: su John Barnard cominciò a esercitare una certa pressione perché il suo lavoro svolto a Guildford desse finalmente i risultati concreti che tutti si aspettavano dopo un lungo periodo di gestazione.
La Ferrari, del resto, poteva cavalcare il cambiamento delle regole: vietati i motori turbo, il Circus si era di nuovo convertito ai propulsori aspirati di 3.500 cc. Il peso minimo veniva portato a soli 500 chili, mentre cadevano anche i limiti sulla capacità del serbatoio che tornava libero.
I telai dovevano adottare nell’anteriore una struttura separata che assorbisse il crash test anteriore, mentre la scocca doveva sopportare anche una prova di compressione laterale. Con tutti questi cambiamenti tecnici, almeno sulla carta, doveva essere possibile un riallineamento dei valori.
John Barnard aveva puntato sulla F1-89, la monoposto passata alla storia come la 640 (questo era la sigla di telaio che la contraddistingueva) soprannominata “papera” dagli appassionati per la curiosa forma della prominenza del muso.
L’aspetto più innovativo della 640 era sicuramente il cambio a sette marce longitudinale con il comando semi-automatico a controllo elettronico. Era sparita la tradizionale leva sul lato destro dell’abitacolo, per lasciare il posto a due bilancieri posti dietro alle razze del volante: il pilota, con questa soluzione, poteva concentrarsi di più sulla guida, riducendo i tempi di cambiata.
Il sistema davvero innovativo aveva avuto numerosi problemi di affidabilità specie nelle elettrovalvole. Già nei test invernali la F1-89 aveva mostrato un potenziale tecnico enorme, ma spesso era stata costretta a lunghe soste ai box per la sostituzione dei sensori e delle parti elettroniche della trasmissione.
L’aerodinamica era stata curata con grande attenzione sfruttando la galleria del vento in scala 1:3 di Maranello: Barnard aveva esasperato i concetti che avevano reso imbattibili le sue McLaren precedenti. La forma a Coca Cola del posteriore, le pance strette e lunghe con le prese d’aria di raffreddamento molto avanzate ne avevano fatto una monoposto innovativa che aveva anche altri aspetti di grande richiamo: le sospensioni erano passate a uno schema push rod, mentre il motore V12 di 65 gradi disponeva di una distribuzione a cinque valvole con tre di aspirazione e due di scarico.
Nigel Mansell, pilota deluso dalla Williams, era stato affiancato al confermato Gerhard Berger. La presidenza del Cavallino, intanto, era passata dall’interim di Vittorio Ghidella (che aveva lasciato anche il Gruppo Fiat) a Piero Fusaro. I tifosi della Rossa avevano vissuto una stagione di grandi gioie e cocenti delusioni: quando la 640 era in grado di coprire la distanza di un GP erano dolori per tutti (McLaren comprese), ma era più probabile che il cambio rivoluzionario (poi copiato da tutti i Costruttori) facesse delle bizze: Gerhard Berger rimase a bocca asciutta per ben undici GP!
L’austriaco dovette aspettare Monza, la gara di casa del Cavallino, per riassaporare il gusto di salire sul secondo gradino del podio alle spalle di Prost sempre più lanciato verso il titolo iridato con la McLaren, mentre il bottino pieno lo conquistò in Portogallo dopo un GP rocambolesco.
Il 1989, comunque, era vissuto anche di alcuni episodi che avevano acceso la stagione: a Imola proprio Berger aveva fatto sospirare il mondo durante la diretta tv: la Ferrari dell’austriaco si era schiantata contro il muretto della curva del Tamburello, prendendo fuoco. La corsa fu subito interrotta e i soccorsi dei Leoni della Cea furono immediati: in soli 23 secondi le fiamme impressionanti erano state domate, tanto che i medici poterono prestare le necessarie cure al pilota.
La monoposto aveva retto al violentissimo impatto e Gerhard se l’era cavata con delle ustioni alle mani che lo costrinsero a saltare il GP di Monaco. In Messico era di nuovo al suo posto, anche perché Fiorio aveva messo in pre-allarme un giovane italiano: Nicola Larini, pilota in forza all’Osella.
L’austriaco, comunque, avvilito dalle rotture, non era più in sintonia con Maranello e a metà stagione aveva allacciato i contatti con la McLaren per andare a fianco di Ayrton Senna. Le folle di appassionati erano rapiti da Mansell: l’inglese sapeva trarre il massimo dal potenziale della F1-89 e, sebbene avesse una guida che certo non risparmiava la meccanica, aveva saputo accumulare una serie di importanti piazzamenti che lo avevano a lungo tenuto in lizza per il titolo contro i due galli del pollaio McLaren, Prost e Senna.
Nigel vinse in Ungheria un GP fantastico: realizzò una rimonta dalla sesta fila che aveva del prodigioso. La Ferrari non poteva onorare in modo migliore il primo anniversario della morte di Re Enzo. Fiorio, intanto, era consapevole che era sempre più difficile gestire Barnard in Gran Bretagna.
Cesare voleva riportare anche la progettazione delle Rosse a Maranello: John non era dello stesso avviso e un po’ a sorpresa annunciò che sarebbe passato alla Benetton l’anno successivo. La Ferrari con i consueti problemi di affidabilità non riuscì a conquistare il titolo, ma ottenne lo stesso il numero 1 sul musetto per il 1990 perché aveva convinto Alain Prost a trasferirsi in Emilia…
LA SCHEDA TECNICA
Telaio: 640 monoscocca in materiali compositi, nido d’ape con fibre di carbonio e kevlar
Sospensioni: anteriori a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, doppi triangoli sovrapposti con sezione ellittica comando del molleggio con schema push-rod e barre di torsione; posteriori con quadrilateri deformabili, doppi triangoli sovrapposti, schema del molleggio push-rod e barre di torsione.
Sterzo: a cremagliera
Cambio: Ferrari tipo 640/A longitudinale a sbalzo con 7 rapporti più Rm semiautomatico a controllo elettronico, differenziale autobloccante Zf
Frizione: tri-disco in carbonio
Freni: doppio circuito sdoppiato, dischi Brembo autoventilanti in carbonio e pinze Brembo monoblocco a 4 pistoncini
Cerchi: Bbs in monoblocco fusi ant. 11,75x13” e post. 16x13”
Gomme: slick Goodyear anteriori 25.0/10.0-13” e posteriori 26.0/15.0-13”
Passo: 2.830 mm
Lunghezza: 4.400 mm
Larghezza: 2.130 mm
Altezza: 950 mm
Carreggiate: anteriore 1.800 mm; posteriore 1.675 mm
Peso: 505 kg a vuoto
Motore: tipo 035/5 posteriore - centrale in funzione portante
Architettura: 12 cilindri a V di 65 gradi con basamento in ghisa speciale senza canne riportate, teste in lega leggera
Cilindrata: 3.497,96 cc
Distribuzione: doppio albero a camme per ogni testata con comando a ingranaggi, 5 valvole per cilindro: tre di aspirazione e due di scarico
Alimentazione: iniezione elettronica digitale Weber-Marelli con doppi elettro-iniettori, accensione mono, elettronica statica Magneti Marelli
Potenza stimata: 600 cv a 12.500 giri
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