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Analisi

Le Ferrari mitiche di F.1: 312 T4, "pantofola" iridata di Scheckter e Gilles

Nel 1979 la Ferrari ha dominato il mondiale di F.1 con una monoposto che aveva adottato le minigonne: al debutto la T4 fece una brutta impressione tanto era brutta, ma si rivelò subito un'arma vincente. E a Digione Villeneuve con Arnoux...

Gilles Villeneuve, Ferrari 312T4

Foto di: LAT Images

Era arrivato anche per la Ferrari il momento delle vetture ala. Il debutto era previsto con la 312 T4, la monoposto che nel 1979 doveva rilanciare le sorti del Cavallino rampante dopo il dominio delle Lotus wing-car di Andretti e Peterson nella stagione precedente.

Jody Scheckter, Ferrari 312T4
Jody Scheckter, Ferrari 312T4

Photo by: LAT Images

“Dopo almeno due anni di assoluti divieti – ricorda l’ingegner Mauro Forghieri, all’epoca direttore tecnico del Cavallino - il Commendatore ci aveva dato il permesso di costruire una monoposto con le minigonne. Evidentemente Ferrari aveva rinunciato a combattere una guerra politica contro gli inglesi, pur sapendo che la Federazione aveva tollerato delle vetture che erano illegali”.

La T4 fu accolta con un certo scetticismo alla presentazione del 19 gennaio a Maranello: da vedersi non era una F.1 bella. I giornalisti l’avevano subito ribattezzata “pantofola” o “muso d’ippopotamo”. Certo non erano complimenti.

Il Grande Vecchio tagliò i commenti lapidario: “Auguriamoci che la T4 si imbellisca sui circuiti!”. Previsione profetica: la monoposto Rossa era brutta, ma vincente: si impose al debutto nel GP del Sudafrica, terza prova del mondiale, dopo che la 312 T3 aveva mostrato tutti i suoi limiti di vettura tradizionale nelle prime due gare.

La Ferrari 312T4 di Gilles Villeneuve
La Ferrari 312T4 di Gilles Villeneuve

Photo by: Giorgio Piola

Quella di Kyalami fu solo l’antipasto di un’annata storica: Jody Scheckter e Gilles Villeneuve avevano regalato il nono titolo mondiale a Re Enzo, collezionando sei successi e 113 punti iridati: un record per l’epoca se si considera cha la Williams (la monoposto-ala più estrema insieme alla Ligier) si era fermata solo a 75 punti: un abisso!

Il titolo piloti era andato a Scheckter molto regolare nelle prestazioni. Il sudafricano si era laureato campione nell’apoteosi del GP d’Italia a Monza davanti al delirio della folla accorsa per tributare il trionfo alla coppia di campioni del Cavallino.

Il 1979 oltre a essere l’anno della consacrazione di Jody, un pilota aggressivo che si era trasformato con l’esperienza in un prezioso regolarista, aveva sancito l’esplosione di Villeneuve. Gilles non lo si poteva considerare solo un “aviatore” per i frequenti incidenti con uscite di strada... acrobatiche.

In squadra era il numero due e come tale si era comportato stando agli ordini del team: pur risultando spesso il più veloce, talvolta aveva accettato di lasciare strada a Jody. Mentre le vittorie di Scheckter erano il frutto del calcolo e della razionalità, quelle del canadese scatenavano la fantasia del pubblico, tanto da diffondere la “Febbre Villeneuve”, un’epidemia contagiosa di… tifo che aveva colpito non solo gli appassionati italiani.

Gilles Villeneuve, Ferrari 312T4
Gilles Villeneuve nell'abitacolo della Ferrari 312T4

Photo by: Jean-Claude Loustau

Era l’inizio di una leggenda…
“Avevamo una squadra fantastica – ricorda Forghieri – non potevamo avere una coppia di piloti più assortita. Fu una stagione fantastica e vincere il mondiale non era stato facile come poteva essere sembrato da fuori: avevamo un’organizzazione del team eccellente, per cui anche nelle piste dove non andavamo bene raccoglievamo punti preziosi”.

La 312 T4, quindi, si era rivelata una monoposto degna erede delle altre Rosse pluri-decorate e meritava un posto di rilievo nella storia di Maranello.
“Quando la definirono brutta – ammette oggi Forghieri – ci rimasi male, perché la T4 era il frutto di un grosso lavoro in galleria del vento da parte di Poncini: noi sapevamo di non avere tutta l’esperienza degli inglesi in fatto di minigonne e quindi abbiamo estremizzato dei concetti nella parte superiore della macchina”.

La T4 era diventata una “pantofola” perché l’equipe di “Furia” aveva cercato di recuperare il carico mancante nella parte inferiore della scocca, con un grosso lavoro di ricerca nella parte superiore: le prese d’aria dinamiche del motore boxer V12 erano sparite dai lati dell’abitacolo ed erano state portate nelle pance.

I radiatori posti nelle fiancate non avevano grandi sfoghi d’aria, ma solo delle feritoie superiori, per cui il flusso che veniva orientato verso l’ala posteriore era molto pulito e l’efficienza della monoposto elevata.

Si videro alettoni svergolati studiati per le caratteristiche di ogni pista: i tecnici del Cavallino fecero un lavoro di ricerca che non aveva uguali in altri team.
“Però la nostra downforce non era pari a quella di Williams e Ligier – ammette Forghieri – pagavamo qualcosa agli inglesi perché ci mancava l’esperienza delle minigonne. All’epoca si disse che i problemi erano dovuti al motore piatto che non favoriva lo sfogo dei tunnel Venturi: non era vero niente, avevamo raggiunto degli ottimi risultati anche con il boxer”.

E allora i problemi da cosa derivavano?
“E’ molto semplice – rivela Forghieri – gli inglesi avevano trovato un sistema affinché le minigonne restassero sempre sigillate al terreno, mentre noi su piste veloci e con dei sobbalzi come Brands Hatch ci trovavamo in difficoltà perché la bandella restava alzata sulle gibbosità e perdevamo carico all’improvviso”.

Sui tracciati dove l’asfalto era un biliardo la T4 risultava imprendibile, mentre sulle asperità andava in crisi.
“Noi usavamo delle molle montate a 45 gradi che spingevano in basso le minigonne – rammenta l’ingegner Tomaini – mentre sulla Ligier avevano adottato sopra e sotto le bandelle mobili dei soffietti di stoffa: con l’aumentare della portata d’aria e del carico cresceva la spinta verso il terreno. Era un’idea geniale uscita dal giro di Ducarouge, che in breve fu adottata anche da quasi tutti i team inglesi. Ci avevano lasciato all’oscuro solo nella speranza di metterci in difficoltà, ma non è bastato”.

Scheckter sulle piste meno propizie per la T4 adottava una tattica di gara che fu ingiustamente definita rinunciataria, mentre Gilles fu protagonista di qualche incidente proprio perché le minigonne facevano i “capricci” all’improvviso, rendendo la monoposto alquanto instabile. “Villeneuve amava andare al limite – conclude Forghieri – per cui si prendeva dei rischi: certi incidenti erano evitabili sapendo a cosa andavo incontro, ma lui non era certo il tipo da alzare il piede nei punti più pericolosi!”.

Jody ha mantenuto un buon ricordo della T4: “Era una vettura molto costante nel rendimento – ricorda il sudafricano – sfruttava ottimamente le gomme radiali. Il comportamento della vettura non cambiava nel corso di un Gp, anche se ovviamente si registrava un calo prestazionale dovuto al deterioramento delle gomme e dei freni”.

Gilles Villeneuve, Ferrari 312T4, René Arnoux, Renault RS10
Gilles Villeneuve, Ferrari 312T4, René Arnoux, Renault RS10

Photo by: Sutton Motorsport Images

Potrà sembrare strano ma l’episodio più ricordato di quel 1979 non riguardava una vittoria, ma un posto d’onore. Nella storia il GP di Francia del 1979 c’è entrato per il duello “rusticano” fra Gilles Villeneuve e René Arnoux negli ultimi giri di una gara ricca di emozioni, anche se quel 1 luglio aveva rappresentato una data importante nelle corse per un altro motivo: per la prima volta in F.1 vinceva una monoposto spinta da un motore turbo. A Digione, infatti, avrebbe dovuto esplodere la grandeur francese visto che a imporsi era stato Jean Pierre Jabouille sulla Renault Rs10 gommata Michelin: un magico tris transalpino giocato proprio nella gara di casa!

L’attenzione del pubblico sulle tribune e quella delle telecamere che riprendevano il GP per la tv era tutta per i due piloti che si contendevano il secondo posto. Solo una clamorosa rottura poteva fermare la Renault lanciata verso la sua prima vittoria nel Circus, mentre la battaglia per la piazza d’onore si era fatta davvero incandescente.

La Ferrari di Villeneuve aveva condotto la corsa nei primi 46. giri: poi a causa di un degrado delle gomme Michelin, il canadese era stato costretto a subire il sorpasso di Jabouille. Il pilota francese aveva un passo incontenibile per la 312 T4 di Gilles e il ferrarista non cercò di contrastare la Renault in fuga, ma una volta raggiunto dal secondo pilota del team francese, non era disposto a cedere il passo con la stessa facilità, nella convinzione che potesse difendere la piazza d’onore.

Arnoux non era certo un pilota rinunciatario: René cercava ogni varco per mettere la sua Rs10 davanti alla Rossa. Nacque un duello senza esclusione di colpi che tenne con il fiato sospeso il pubblico negli ultimi due interminabili giri. Le due monoposto avevano affrontato le curve appaiate, toccandosi più volte con manovre al limite del regolamento.

Gilles davanti a René, poi la Renault che precedeva la Ferrari: c’era stata un’altalena di emozioni a ogni staccata con le ruote inchiodate. Fra tagli di chicane ed escursioni sull’erba i due erano arrivati sul traguardo quasi appaiati: Villeneuve aveva la meglio su Arnoux. Aveva vinto un’altra sfida che lo stava proiettando nella leggenda. In pochi nel Circus avevano capito che l’affermazione della Renault apriva il Circus ai motori sovralimentati…

Ferrari 312T4 1979
Lo spaccato della Ferrari 312T4 campione del mondo nel 1979

Disegno by: Giorgio Piola

LA SCHEDA TECNICA

Telaio: scocca autoportante con pannelli di alluminio rivettati su una struttura in lega leggera di varia sezione

Sospensioni: anteriori a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, doppi triangoli, con bilanciere che comanda il gruppo molla e ammortizzatore entrobordo; posteriori con quadrilateri deformabili, braccio superiore, trapezio inferiore e ammortizzatori entrobordo montati verticalmente dietro al cambio

Sterzo: a cremagliera

Cambio: Ferrari trasversale a 5 rapporti più Rm con differenziale autobloccante Zf a lamelle

Frizione: dischi multipli in acciaio

Freni: doppio circuito sdoppiato, dischi Brembo e pinze Lockeed, dischi posteriori entrobordo

Cerchi: Speedline scomponibili in lega da 13”

Gomme: slick Michelin anteriori 23/59-13” e posteriori 38/68-13”

Passo: 2.700 mm

Lunghezza: 4.460 mm

Larghezza: 2.215 mm

Altezza: 1.008 mm

Carreggiate: anteriore 1.700 mm; posteriore 1.600 mm

Peso: 590 kg

Motore: posteriore- centrale in funzione semi-portante

Architettura: 12 cilindri a V di 180 gradi con basamento e testata in lega leggera e cilindri con canne in alluminio

Cilindrata: 2.991,8 cc

Distribuzione: doppio albero a camme per ogni testata con comando a ingranaggi posteriore, 4 valvole per cilindro

Alimentazione: iniezione indiretta Lucas, accensione elettronica Aec 106 Magneti Marelli

Potenza stimata: 515 cv a 12.300 giri

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