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Analisi

Le Ferrari F.1 mitiche: 500 F.2, la "Starlet" imbattibile di Ascari

Iniziamo una serie di racconti sulle Rosse che hanno fatto la storia della Formula 1 non solo per le vittorie, ma anche per le soluzioni tecniche innovative portate nei GP. La 500 F.2 vinse due mondiali con Alberto Ascari nel 1952 e 1953.

Ferrari 500

Enzo Ferrari all’inizio degli Anni Cinquanta usava le macchine da corsa come il miglior biglietto da visita per le sue Gran Turismo, ma era perfettamente consapevole che disponendo di una fabbrica ancora piccola e quasi artigianale, doveva assolutamente evitare qualsiasi errore strategico che potesse pregiudicare lo sviluppo del marchio. Il Commendatore, infatti, non limitò la partecipazione alle corse solo ai GP riservati alla F.1, ma cercò di incentivare la partecipazione delle Rosse anche alla F.2, le Sport e le Gran Turismo.

Il campionato 1952 vide il ritiro dell’Alfa Romeo dopo che aveva dominato le prime due stagioni iridate, ma la crisi BRM e l’assenza dei Costruttori francesi e tedeschi stava minando l’anima dei Gp: gli organizzatori capirono in fretta che se volevano salvare lo spettacolo era necessario cambiare il regolamento, aprendo il Circus alle più piccole Formula 2: monoposto con motori due litri aspirati o 500 cc con compressore.

E Ferrari, che aveva fiutato l’aria, si era preparato per tempo! Il progettista Aurelio Lampredi, aveva capito che non aveva senso insistere sui 12 cilindri con cilindrate così ridotte, sostenendo che il propulsore plurifrazionato fosse troppo complesso, pesante, costoso sia in termini di fabbricazione che di manutenzione.

Impostò, quindi, la Ferrari 500 intorno a un 4 cilindri in linea molto compatto e leggero (circa 40 kg in meno del V12 della 166 F.2). I primi test al banco nella primavera del 1951 mostrarono subito una potenza di 170 cv contro i 155 delle migliori unità montate sulle 166!

Lampredi aveva introdotto i cilindri direttamente avvitati nella testata. Questa idea ripresa dai motori aeronautici, consentiva di stampare le camicie insieme alla testata e di poterle imbullonare direttamente al basamento. Il vantaggio era dato che ogni cilindro in ghisa poteva essere lavorato in modo separato, assicurando una maggiore precisione nel rispetto delle tolleranze.

Con Franco Rocchi e Walter Salvarani, tecnici con cui aveva collaborato alle Officine Reggiane, Lampredi sviluppò anche altre soluzioni interessanti per il 4 cilindri della 500 F2: nella distribuzione mantenne le molle a forcina in uso al Cavallino, ma introdusse le punterie e i rulli di contrasto che permettevano di separare le funzioni: le molle si occupavano della chiusura delle valvole, mentre la punteria a rulli assicurava la tenuta sull’albero a camme. Tanti piccoli dettagli che avevano permesso un incremento della potenza e un netto risparmio di peso.

Ferrari curò con attenzione anche l’alimentazione: Weber aveva sviluppato dei carburatori con quattro vaschette singole, prima di arrivare al doppio-corpo. Nacque una monoposto agile e snella, frutto di un adeguato studio della distribuzione dei pesi.

 

Alberto Ascari, Ferrari 500
Alberto Ascari, Ferrari 500

Photo by: LAT Images

La Ferrari 500 F2 è diventata una pietra miliare nella storia del Cavallino rampante, perché la vettura con cui Maranello ha conquistato il suo primo titolo iridato nel 1952 dopo un dominio praticamente incontrastato dei suoi piloti: sette vittorie su sette Gran Premi (500 Miglia di Indianapolis esclusa, anche se valida per il campionato iridato).

 

Left-to-right: Piero Taruffi, 2nd position and Alberto Ascari, 1st position, on the podium
Piero Taruffi, secondo, e Alberto Ascari, vittorioso nel GP di Gran Bretagna del 1952 con la Ferrari 500

Photo by: LAT Images

Sei i successi firmati da Alberto Ascari e uno dal compagno di squadra Piero Taruffi. Stessa musica anche l’anno dopo con la replica delle sinfonie mondiali: Ascari, bissava il titolo partendo per lo più al comando del gruppo, per mantenere la testa della corsa dall’inizio alla fine, ma c’era stata gloria anche per Mike Hawthorn, l’inglese approdato a Maranello nel 1953, e per l’inossidabile Nino Farina.

La Ferrari 500 F2 era stata soprannominata “Starlet”, come le dive del cinema hollywoodiane. Quattordici successi. Tredici pole position. Dodici giri più veloci sono cifre che hanno annichilito il valore degli avversari. E la collana di successi non si era fermata solo ai piloti ufficiali, perché la piccola Rossa era stata pensata da Lampredi affinché potesse essere gestita anche dalle scuderie private dei clienti sportivi. Dei dieci telai costruiti a Maranello sei erano stati affidati esclusivamente al Reparto Corse, mentre gli altri quattro erano stati ceduti.

E così è possibile ricordare l’ordine d’arrivo del Gp di Germania del 1952 al Nurburgring dove si classificarono ben cinque Ferrari nei primi sei posti! Con il vento in poppa per i successi a raffica, il Cavallino rampante riusciva a capitalizzare anche nel prodotto di serie i vantaggi di un’indiscutibile superiorità tecnica che alimentava un mito che stava nascendo spontaneamente.

Enzo Ferrari aveva giocato le carte giuste, non aveva sbagliato una mossa. A livello politico aveva sostenuto il cambiamento delle regole indicando che la strada della F.2 fosse la più sensata: a livello tecnico aveva imposto nuovi concetti più moderni grazie alla genialità di Lampredi e a livello sportivo veniva innalzato su un ripiano per le incredibili affermazioni dei suoi piloti. La Ferrari, dunque, si era meritata il ruolo di centro gravitazionale dei Gran Premi.

 

 

Alberto Ascari, Ferrari 500 e Mike Hawthorn, Cooper T20-Bristol

Alberto Ascari, Ferrari 500 e Mike Hawthorn, Cooper T20-Bristol, in prima fila

Photo by: LAT Images

LA SCHEDA TECNICA

Telaio: tubolare in tubi di acciaio a longheroni e traverse con traliccio a sezione rettangolare

Sospensioni: anteriori con quadrilateri deformabili, doppi triangoli, balestra trasversale inferiore, ammortizzatori idraulici a leva tipo Houdaille; posteriori con ponte De Dion e balestra trasversale inferiore, due puntoni longitudinali e ammortizzatori tipo Houdaille

Sterzo: vite senza fine e settore

Cambio: Ferrari a 4 rapporti più Rm in blocco con il differenziale di tipo Zf

Frizione: dischi multipli

Freni: a tamburo bimetallici alettati

Cerchi: a raggi

Gomme: anteriori 5.50-16” e posteriori 6.00-16”

Passo: 2.160 mm

Lunghezza: 3.988 mm

Larghezza: 1.402 mm

Altezza: 1.050 mm

Carreggiate: anteriore 1.278 mm; posteriore 1.250 mm

Peso: 550 kg

Motore: anteriore in posizione longitudinale

Architettura: 4 cilindri in linea con basamento in lega leggera e cilindri con canne in acciaio avvitate

Cilindrata: 1984,8 cc

Distribuzione: due alberi a camme in testa con a ingranaggi anteriore, 2 valvole per cilindro

Alimentazione: 2 carburatori doppio corpo orizzontali Weber 50 DOE, accensione doppia, con due magneti Marelli

Potenza: 185 cv a 7.500 giri

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