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Analisi

Le Ferrari F.1 mitiche: la 312 T2 dal rogo al secondo mondiale di Niki

Nonostante il drastico cambiamento delle regole FISA, la Rossa del 1976 si era rivelata competitiva: Lauda perse il mondiale per l'incidente al Nurburgring, ma l'austriaco si rifece l'anno successivo prima di lasciare il Cavallino.

Niki Lauda, Ferrari 312T2, after Pflanzgarten

Foto di: Rainer W. Schlegelmilch

La Ferrari era diventata una macchina da guerra: Luca di Montezemolo aveva dato stabilità alla squadra dopo anni di polemiche e delusioni, Lauda e Ragazzoni rappresentavano una coppia di piloti affiatata e la 312 T di Mauro Forghieri era risultata la monoposto più competitiva del 1975.

Niki Lauda, Ferrari 312T2
Niki Lauda, Ferrari 312T2

Photo by: Sutton Motorsport Images

Era facile, quindi, prevedere che i due titoli mondiali (piloti e costruttori) non sarebbero sfuggiti al Cavallino anche nel 1976. I team inglesi temevano che fosse iniziato un vero e proprio ciclo Rosso, per cui agirono sulla Fisa per fare in modo che si cambiassero i regolamenti tecnici invocando le ragioni di sicurezza: le novità sarebbero entrate in vigore alla quarta gara stagionale, nel Gp di Spagna. Il provvedimento più vistoso riguardava l’abolizione delle vistose prese d’aria per l’alimentazione del motore a “periscopio”.

Ferrari 312T2 1976, confronto con la 312T
Ferrari 312T2 del 1976 a confronto con la 312T del 1975

Photo by: Giorgio Piola

I tecnici federali avevano approvato una drastica riduzione dell’altezza massima delle monoposto, passando da 127 cm a soli 85 cm rispetto al fondo scocca. Per limitare il carico aerodinamico, inoltre, lo sbalzo dell’alettone posteriore era stato ridotto da 100 a 80 cm dall’asse posteriore, mentre la larghezza delle vetture doveva essere contenuta in 215 cm.

I cambiamenti non si limitavano a queste misure: le gomme posteriori potevano avere una larghezza massima di 21 pollici su cerchi da 13 pollici in modo da ridurre la superficie di contatto con l’asfalto e limitarne l’aderenza.

In materia di sicurezza fu imposto un secondo roll-bar all’altezza del cruscotto: la linea congiungente fra le due “gabbie” doveva passare sopra il casco del pilota: in caso di ribaltamento, infatti, la testa del conduttore sarebbe stata protetta da eventuali schiacciamenti. A livello telaistico, invece, erano stata resa obbligatoria la creazione di una zona ad assorbimento d’urto nella parte anteriore. 

 

Ferrari 312T2 1977 overview with chassis detail
La Ferrari 312T2 del 1977 con il dettaglio del telaio monoscocca

Disegni by: Giorgio Piola

 

 “Erano convinti che la nostra supremazia dipendesse dall’airbox che alimentava il nostro motore 12 cilindri – ricorda Mauro Forghieri – speravano che limitando la portata d’aria il “boxer” pagasse in potenza più dei propulsori Cosworth. Si erano sbagliati di grosso…”.

La 312 T iniziò la stagione con tre successi nelle trasferte extra-europee (Lauda in Brasile e Sudafrica, Ragazzoni a Long Beach): l’unico cambiamento di rilievo nella struttura della squadra era stato il passaggio di Luca di Montezemolo alle relazioni esterne della Fiat, mentre a Maranello era giunto da Torino il nuovo ds, Daniele Audetto, un giovane con tanto entusiasmo e con una grande competenza dei rally.

Il debutto della 312 T2, quindi, era fissato per il GP di Spagna dove Niki Lauda arrivò un po’ malconcio: si disse che era caduto guidando il trattore della sua nuova casa sulle colline di Hof. I risultati venivano anche con la 312 T2: vittorie in Belgio a Zolder e nel Principato di Monaco, dopo il secondo posto del Jarama. Lauda sembrava imprendibile.

“La T2 – ricorda Forghieri – non era che l’adeguamento alle regole della T che già dominava. I garagisti inglesi credevano di metterci di difficoltà vietando l’airbox alto, ma non sapevano che avevamo fatto degli studi nella galleria del vento della Pininfarina e avevamo trovato che le due prese d’aria d’alimentazione del motore poste davanti all’abitacolo ci avrebbero fatto perdere meno di quanto non avesse pagato la concorrenza”.

Certo la realizzazione delle due “orecchie” aveva creato qualche problema d’ingombro e di peso, ma ogni problema fu superato.
“Anche la scocca era stata alleggerita con l’adozione di materiali in lega e tubi in sezioni diverse – prosegue Forghieri - mentre le altre modifiche richieste, gomme posteriori più piccole e larghezza della monoposto più stretta non influirono molto sulle prestazioni”.

Il poleman James Hunt, McLaren M23 Ford, Niki Lauda Ferrari 312T2
Il poleman James Hunt, McLaren M23 Ford con al fianco Niki Lauda Ferrari sulla 312 T2

Photo by: LAT Images

In Francia i due ferraristi era stati costretti al ritiro per i motori ko, mentre a Brands Hatch Lauda ottenne un altro successo dopo la squalifica “a tavolino” di James Hunt con la McLaren M23, reo di essere ripartito con il “muletto” dopo che la gara era stata interrotta dopo il via per un incidente con Clay Regazzoni.

L'incidente tra Clay Regazzoni, Ferrari 312T2 e James Hunt, McLaren M23
L'incidente tra Clay Regazzoni, Ferrari 312T2 e James Hunt, McLaren M23

Photo by: LAT Images

Il destino di quell’anno si è deciso il 1 agosto al Nurburgring, sede del GP di Germania. Niki era stato molto critico sulla sicurezza del lungo e insidioso tracciato tedesco. Al terzo giro la 312 T2 al limite dell’aderenza per l’asfalto bagnato andava a sbattere contro la roccia di Berwerk e rimbalzava sulla pista semi-distrutta.

Nel frattempo era arrivato il resto del gruppo: la Surtees di Lunger e la Hesketh di Ertl non erano riuscite a evitare l’impatto e la Ferrari prese fuoco. Lauda dentro l’abitacolo non sembrava cosciente: sarebbe morto nell’impressionante rogo se non fosse intervenuto Arturo Merzario che lo aveva estratto dall’abitacolo.

Niki Lauda, Ferrari 312T2 va a fuoco dopo l'incidente vicino alla curva Bergwerk
Niki Lauda, Ferrari 312T2 va a fuoco dopo l'incidente vicino alla curva Bergwerk

Photo by: Uncredited

Le condizioni di Niki erano sembrate subito gravi: oltre alle orribili ustioni che gli avevano segnato il viso, erano i gas incandescenti respirati che avevano preoccupato i medici. “Gli avevano già dato l’estrema unzione – ammette Daniele Audetto – ma il fisico di Niki era molto forte e la sua reazione fu incredibile”.

La Ferrari rinunciò al GP d’Austria, per tornare in Olanda solo con Ragazzoni. Nel frattempo era iniziata la rimonta di James Hunt con la McLaren M23. Il Commendatore era consapevole che serviva un aiuto se si voleva difendere la supremazia di Lauda. Audetto prima contattò Peterson, ma Niki non gradiva lo svedese.

Il Cavallino allora chiese aiuto a Carlos Reutemann, un pilota molto veloce in prova che era soprannominato il “gaucho triste” per il suo temperamento tormentato e tormentoso. Niki questa volta aveva assecondato la scelta, ma volle tornare al volante: fece un test segreto a Fiorano e si presentò a Monza per il GP d’Italia con ancora le ferite che sanguinavano nel sotto-casco.

Erano trascorsi solo 40 giorni dal rogo del Nurburgring e quel clamoroso ritorno divenne il fatto del week-end. La gara fu vinta proprio da Peterson con la March 761, mentre Ragazzoni conquistò un bel secondo posto, ma tutti parlarono di miracolo per il quarto posto ottenuto con il cuore da Niki Lauda con una rimonta dal dodicesimo posto: il pilota “computer” aveva dimostrato di possedere un cuore e aveva conquistato il grande pubblico, mentre il rinforzo Reutemann sulla terza 312 T2 si era perso nelle retrovie.

Niki Lauda, Ferrari 312T2
Niki Lauda con la Ferrari 312 T2 quarto nel GP d'Italia al rientro dopo il terribile crash del Nurburgring

Photo by: LAT Images

Il ferrarista aveva ancora 13 punti di vantaggio su Hunt e la partita mondiale non era affatto compromessa. In realtà Lauda non aveva voluto dare ascolto al Drake che lo voleva far rientrare nei GP solo a guarigione completata. Niki in certe situazioni era incerto, proprio mentre la 312 T2 accusava in Canada e Stati Uniti, due trasferte storicamente “difficili” per le vetture di Forghieri, l’incredibile rimonta di James Hunt autore di due splendide vittorie con la M23.

Si era arrivati alla gara conclusiva del Fuji con l’austriaco davanti di tre punti: un margine non certo di sicurezza. Il resto è storia. Lauda ha perso il titolo per un punto, dopo il ritiro al secondo giro del GP del Giappone. Il ferrarista si era fermato sotto il diluvio non ritenendo che ci fossero in pista le condizioni di sicurezza per continuare la corsa. I giornali titolarono: “Lauda, il coraggio di avere paura”. Ed era di nuovo un eroe seppur nella sconfitta.

Niki Lauda, Ferrari, si ritira a causa della pioggia forte
Niki Lauda, Ferrari, si ritira alla fine del secondo giro del GP del GIappone al Fuji a causa della pioggia forte

Photo by: LAT Images

La realtà però è stata diversa dal racconto dei giornali dell’epoca, perché c’è un retroscena: siccome pioveva a dirotto e la pista del Fuji era inondata d’acqua, la visibilità era ridotta quasi a zero. I piloti non volevano correre: non c’erano le condizioni minime di sicurezza.

Cinque fra i più rappresentativi si erano riuniti in una roulotte: Lauda, Hunt, Fittipaldi, Peterson e Pace. Avevano discusso a lungo di lasciar perdere, senza di loro non ci sarebbe stato GP. Bernie Ecclestone, invece, irruppe nella roulotte e impose a tutti di partire perché aveva già pagato il collegamento via satellite per la diretta tv. I cinque, allora, siglarono un patto: avrebbero preso il via, ma si sarebbero fermati subito dopo. Di fatto Lauda era già campione del mondo!

Subito dopo il via, una nube d’acqua si era alzata dalle monoposto, tanto che non si capiva nemmeno chi fosse in testa. Peterson si era fermato con il… motore rotto al primo giro e subito dopo era rientrato ai box anche Lauda, mentre “remava” al 17. posto. L’austriaco si era sfilato dalla monoposto.

Forghieri gli propose di dire che il motore era in avaria, ma Niki non aveva bisogno di scuse: “Non ho voluto continuare nemmeno andando piano – disse ai cronisti attoniti – perché anche limitando la velocità si poteva finire fuori pista. Ho preso la decisione giusta”.

Carlos Pace con la Brabham BT45 al settimo giro e Emerson Fittpaldi con la Fittipaldi Fd04 all’ottava tornata tennero fede alla parola data: si ritirarono. L’unico che continuò la sua corsa fu James Hunt.

La gara dell’inglese con la McLaren M23 fu avversata da una serie di difficoltà e a due giri dalla fine Lauda era ancora campione del mondo: James, infatti, si era dovuto fermare ai box per una foratura, ma non si era dato per perso.

Daniele Audetto era il direttore sportivo della Ferrari: “Io non sapevo nulla dell’accordo che Niki aveva raggiunto con gli altri piloti – ricorda il ligure – e al box rimanemmo sbalorditi nel vedere rientrare Lauda al secondo giro. In quel frangente commisi anch’io un errore che ci è costato il titolo: anziché dedicarmi a Regazzoni che era in gara, volevamo sapere cosa era successo all’austriaco. Sta di fatto che ritardammo il cambio delle gomme a Clay perché la pioggia fu meno violenta rispetto al via e man mano la pista migliorava”.

Il rammarico a posteriori di Daniele è che Regazzoni avrebbe potuto vincere il GP:
“Se avessi curato la 312 T2 dello svizzero – ammette Audetto – Hunt non sarebbe finito terzo e noi avremmo vinto con Niki il secondo mondiale che era strameritato”.

Il pilota della McLaren, invece, riuscì a infilare tanto Regazzoni che Jones nel finale quando entrambi erano in crisi con le gomme usurate e si classificò terzo a sorpresa: un piazzamento con il quale… scippò – è proprio il caso di dirlo – il mondiale a Lauda e alla Ferrari.

Niki Lauda, Ferrari 312T2
Niki Lauda sulla  Ferrari 312T2 nel 1977

Photo by: LAT Images

Nel 1977 la T2 è stata riproposta con poche modifiche: erano stati spostati i radiatori e gli sfoghi dell’aria erano nella parte superiore delle pance. Accanto a Lauda c’era Reutemann e la Ferrari sembrava puntare sull’argentino che vinse bene in Brasile. Ci volle un intervento da Torino per restituire a Niki il pieno appoggio del Cavallino e l’austriaco non sprecò l’opportunità: con tre successi in Sudafrica, Germania e Olanda conquistò il secondo titolo mondiale.

Il rapporto con il Commendatore si era deteriorato e Niki era ammaliato dall’offerta plurimilionaria che gli aveva fatto la Brabham per le due stagioni successive. Lauda non corse gli ultimi due Gp stagionali (Canada e Stati Uniti) offrendo il destro a un mare di polemiche. La storia con il Cavallino si era chiusa con una brutta pagina, ma gli ultimi due GP portarono alla ribalta un giovanissimo canadese: Gilles Villeneuve…

Gilles Villeneuve, Ferrari 312T2
Gilles Villeneuve sulla Ferrari 312T2 nel 1977

Photo by: LAT Images

LA SCHEDA TECNICA

Telaio: scocca autoportante con pannelli di alluminio rivettati su una struttura in lega leggera a sezione di varia sezione

Sospensioni: anteriori a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, doppi triangoli, con bilanciere che comanda il gruppo molla e ammortizzatore entrobordo; posteriori con quadrilateri deformabili, braccio superiore, trapezio inferiore e un puntone di reazione ancorato alla scocca

Sterzo: a cremagliera

Cambio: Ferrari trasversale a 5 rapporti più Rm con differenziale autobloccante Zf a lamelle

Frizione: dischi multipli in acciaio

Freni: doppio circuito sdoppiato, dischi Brembo e pinze Lockeed

Cerchi: Speedline in lega da 13”

Gomme: slick Goodyear anteriori 9.2-20.0/13” e posteriori 16.2-26.0/13”

Passo: 2.560 mm

Lunghezza: 4.316 mm

Larghezza: 1.930 mm

Altezza: 1.020 mm

Carreggiate: anteriore 1.405 mm; posteriore 1.430 mm

Peso: 575 kg

Motore: posteriore-centrale in funzione semi-portante

Architettura: 12 cilindri a V di 180 gradi con basamento e testata in lega leggera e cilindri con canne in alluminio

Cilindrata: 2.991,8 cc

Distribuzione: doppio albero a camme per ogni testata con comando a ingranaggi posteriore, 4 valvole per cilindro

Alimentazione: iniezione indiretta Lucas, accensione elettronica Aec 104 Magneti Marelli

Potenza stimata: 500 cv a 12.200 giri

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