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Honda: un addio poco green che deve far riflettere la F1

Takahiro Hachigo, amministratore delegato della Honda, ha motivato la scelta di abbandonare la Formula 1 con la necessità di incanalare tutte le risorse possibili verso l’obiettivo “emissioni zero”, ma i numeri dicono che l'uscita della Casa giaponese dai GP è dovuta al crollo delle vendire per effetto del COVID-19. Il Circus deve riflettere sul suo futuro visto che le altre attività sportive Honda sono state confermate.

Takahiro Hachigo, Chief Executive Officer, Honda Motor Co

Foto di: Steven Tee / Motorsport Images

Le verità emergono sempre dopo qualche anno, quando coloro che hanno preso una decisione si ritrovano lontano dai contesti in cui sono maturati i provvedimenti. Takahiro Hachigo, amministratore delegato della Honda, ha motivato la scelta di abbandonare la Formula 1 con la necessità di incanalare tutte le risorse possibili verso l’obiettivo “emissioni zero”, traguardo che la Casa giapponese intende raggiungere nel 2050.

“La Honda ha preso la decisione di accelerare ulteriormente questo processo – ha spiegato Hachigo - il nostro attuale obiettivo è di elettrificare i due terzi delle nostre vendite globali di auto entro il 2030, per poi raggiungere l’obiettivo successivo entro il 2050".

"Come parte di questo cambiamento, abbiamo deciso di allocare le nostre risorse umane attualmente impegnate sul progetto Formula 1 alla ricerca e allo sviluppo di power unit avanzate e tecnologie energetiche”.

Poi Hachigo ha sottolineato un aspetto cruciale: “La decisione presa non è dovuta alla situazione finanziaria determinata dal Covid, credetemi, è una questione di risorse ingegneristiche”.

È davvero una scelta green?

La situazione finanziaria menzionata da Hachigo riguarda la Honda Motor Co., ovvero la Casa madre. Nel mese di agosto è emerso che il marchio giapponese è sprofondata in rosso, (come confermato dai dati del secondo trimestre 2020) a causa del crollo delle vendite che si sono registrate soprattutto negli Stati Uniti, in India e nello stesso Giappone.

La Honda Motor Co. ha accumulato una perdita fiscale di 765 milioni di dollari, un'inversione drastica rispetto al profitto di 1,6 miliardi di dollari dell’anno precedente. Numeri allarmanti, che in termine di vendita sono confermate da un calo del 46%.

In un contesto simile è facile ipotizzare che siano stati necessari dei tagli, e che il programma Formula 1 (dal costo stimato tra gli addetti di 200 milioni di dollari a stagione) sia diventato subito uno degli obiettivi dei manager giapponesi.

In questi contesti i risultati sportivi non sono considerati ed i programmi diventano bersagli facili, soprattutto quando sono molto costosi.

Una conferma in questo senso è arrivata dallo stesso Hachigo, che ha ribadito il proseguimento di tutti gli altri programmi sportivi.
“La Honda ha le corse nel suo stesso DNA - ha spiegato - quindi in merito agli altri programmi sportivi a cui partecipiamo posso confermare che proseguiranno, con la passione che abbiamo sempre avuto per quelle gare”.

Tutto confermato, ad esempio, sul fronte Indycar, un contesto molto lontano dalle ‘emissioni zero’, ma che per la Honda rappresenta voce di profitto anziché di spesa.

FIA e Liberty devono riflettere

Per chi è al timone della Formula 1 l’abbandono della Honda deve essere un momento di riflessione. Il ritorno nel Circus della Casa giapponese (avvenuto nel 2015) è stato l’unico valore aggiunto portato dalla svolta ibrida, visto che Ferrari, Mercedes e Renault (ovvero le tre Case presenti nel 2022) erano già in pista nel 2013 con il loro V8.

A distanza di sette anni la Formula 1 si ritrova al punto di partenza, dopo aver speso miliardi di euro per la progettazione, la realizzazione e lo sviluppo degli attuali V6 Hybrid.

Negli anni molti Costruttori si sono avvicendati in Formula 1, quindi l’abbandono della Honda non è in sé una notizia inedita per chi gestisce questo sport, ma le cause che portano ad un addio meritano di essere analizzate e valutate soprattutto in ottica futura. Con la dipartita della Honda, e il mancato ingresso di altri costruttori da quando ha debuttato l’era ibrida, emerge in modo chiaro la difficoltà di vendere questo regolamento tecnico ai grandi costruttori, come ad esempio il gruppo Volkswagen, che a più riprese ha valutato un suo ingresso in Formula 1 per poi rinunciarvi.

È importante riflettere sul messaggio della Honda (queste PU non sono il futuro), che sia per ragioni economiche o altro, merita comunque di essere valutato.

La massima categoria automobilistica non è mai stata a buon mercato, questo è certo, ma tra una realtà low-cost e i capitali stellari richiesti oggi ci può anche essere una via di mezzo, quel compromesso che col passare del tempo sembra essere sempre più un imperativo.

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