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Formula 1: c'è la tentazione del salary cap per i piloti

Dopo aver accettato il budget cap, i top team temono una escalation degli stipendi dei piloti e, anche se non è in agenda nell'immediato, il salary cap è un tema che verrà trattato con FIA e Liberty Media.

Lewis Hamilton, Mercedes-AMG Petronas F1

Foto di: Mark Sutton / Motorsport Images

La Formula 1 post-Covid non sarà la stessa che abbiamo visto fino al termine del 2019. A determinare i maggiori cambiamenti saranno le minori risorse economiche a disposizione delle squadre, una situazione in parte già messa in conto lo scorso anno con l’introduzione del budget cap (previsto a partire dal 2021) ma diventata un’emergenza a causa delle conseguenze economiche derivanti dalla pandemia.

Un allarme suonato forte, che ha portato un’immediata riduzione del limite di spesa per il 2021 dai previsti 175 milioni di euro a 145.

Gli effetti del budget cap fissato dal regolamento impatteranno soprattutto sul fronte tecnico, con i top-team che saranno costretti a rivedere il modello aziendale per tamponare le conseguenze derivanti dell’inevitabile taglio del personale.

Ci sono però tre voci di spesa che al momento non sono coinvolte dal limite di budget: lo stipendio dei piloti, le spese di marketing e logistica e gli stipendi dei tre manager più pagati di ciascuna squadra.

Senza limiti, stipendi alle stelle?

Le spese relative al marketing e alla logistica non sono oggetto di discussione, trattandosi di realtà molto diverse da team a team ed essendo un fronte che non impatta sulla performance in pista. Diverso è però il discorso che riguarda il salario dei piloti.

Il timore delle squadre di vertice è che il limite imposto dal budget cap sul fronte tecnico possa indirettamente causare un’impennata degli stipendi dei top-driver, visto che i team potranno contendersi i migliori piloti senza limitazioni di spesa.

Nei numerosi meeting che si sono svolti in video-conferenza nelle ultime settimane tra i team principal ed i rappresentanti di FIA e Liberty, l’argomento ‘piloti’ ha fatto capolino in agenda, anche se al momento non è tra gli argomenti prioritari.

L’idea proposta è quella di fissare un “salary cap” che comprenda la somma degli stipendi dei due piloti di ogni squadra, una soluzione adottata per esempio negli Stati Uniti dalla NBA e dalla NFL.

Tetto di spesa in linea con i tempi

Non è un contesto semplice da legiferare, come testimonia anche il regolamento NBA che prevede delle eccezioni, ma il concetto è chiaro: fissare la cifra massima che ogni squadra può spendere per il pagamento degli stipendi dei propri piloti.

Per quanto sia una discussione al momento in fase embrionale, qualche addetto ai lavori ha già ipotizzato quali potrebbero essere gli effetti che un provvedimento del genere potrebbe avere sulla Formula 1.

Se si ipotizza, ad esempio, un tetto di spesa di 20 milioni di euro, le conseguenze impatterebbero sui soli top-team, che dovrebbero cambiare la loro visione del mercato piloti. Il primo effetto sarebbe una drastica riduzione degli stipendi dei top-driver, anche se dopo lo stop di Vettel (del quale non si conosce il futuro) nel 2021 solo Lewis Hamilton supererà (e di parecchio) quella cifra.

Per il sei volte campione del mondo (che oggi percepisce uno stipendio stimato in 45 milioni di euro) sarebbe una notizia decisamente poco gradita, ma davanti ad un provvedimento regolamentare ci sarebbero pochi margini di discussione. Lewis può comunque stare tranquillo, perché in ogni caso non sarebbe un provvedimento destinato ad entrare in vigore nel 2021.

I programmi junior diventano strategici

Oltre ai top-driver, anche i top-team sarebbero costretti a rivedere le politiche di scelta dei propri piloti. Se prendiamo l’esempio di Hamilton, al suo fianco la Mercedes sarebbe costretta a schierare un giovane dai costi minimi, una necessità che aprirebbe un nuovo contesto.

L’identikit del driver che può accettare di correre guadagnando un ventesimo del compagno di squadra è quello di un esordiente, o comunque un giovane ai primi passi in Formula 1, possibilmente proveniente dal vivaio e già contrattualizzato a lungo termine. Casi che recentemente abbiamo visto con Charles Leclerc, Alexander Albon, e George Russell.

Se poi il giovane si dimostrasse all’altezza della chance, come nel caso di Leclerc, per la squadra il vantaggio in termini economici si protrarrebbe per più stagioni, il tempo naturale per un giovane per portare progressivamente i suoi guadagni all’altezza di un top-driver.

Non sarebbe comunque una vera e propria rivoluzione, perché sia Red Bull (da tempo) che Ferrari (recentemente) hanno già imboccato questa via, ma in caso di rigide norme regolamentari, più che una scelta diventerebbe un obbligo.

Oggi nel Mondiale ci sono tre campioni del Mondo e sette piloti vincitori di almeno un Gran Premio, cinque dei quali in forza a Mercedes, Ferrari e Red Bull. In caso di ‘salary cap’ si assisterebbe probabilmente ad una distribuzione più uniforme dei piloti di maggior esperienza, diventando di fatto impossibile per una squadra schierare due piloti affermati con un palmares medio-alto. Vedremo nelle prossime settimane se l’argomento tornerà ad essere discusso, ma sembra solo una questione di tempo. Sarà difficile per i top-team giustificare lo stipendio di un pilota che con l’introduzione del budget cap (per le squadre) rischia di equivalere ad un terzo del budget complessivo del team. Le realtà sta cambiando per tutti, top-driver inclusi.

Max Verstappen
Sebastian Vettel, Ferrari
Charles Leclerc, Ferrari
Daniel Ricciardo, Renault F1 Team
Valtteri Bottas, Mercedes-AMG Petronas F1
Carlos Sainz Jr., McLaren e Lando Norris, McLaren
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