Ferrari: delusione, ma non panico, pensando a una stagione che sarà lunga
Fra i tecnici della Scuderia pesano i sette decimi presi in qualifica dalla Mercedes, ma anche il minimo scarto dalla Haas che dispone della stessa power unit. Cerchiamo di capire cosa può essere successo alla SF90 che all'improvviso non può essere diventata una F1 deludente...
Sebastian Vettel, Ferrari SF90, con dei meccanici dopo la qualifica
Steven Tee / Motorsport Images
Il valore della Mercedes non è dato tanto dalla prestazione che ha regalato a Lewis Hamilton l’ottava pole position a Melbourne, quanto dalla performance di Valtteri Bottas che è arrivato ad appena 112 millesimi di secondo dal cinque volte campione del mondo.
La W10 è una monoposto che segue la genealogia delle vetture iridate e che dal 2014 hanno dominato l’era ibrida della F1: Toto Wolff e i suoi piloti avevano fatto molta pretattica dopo i test invernali di Barcellona, ben sapendo di avere in mano una carta vincente che ha portato alla ribalta anche lo scudiero Valtteri.
Il manager austriaco aveva visto la Ferrari davanti con un margine di mezzo secondo sulla freccia d’argento, mentre Mattia Binotto scommetteva sulla superiorità iniziale delle Mercedes e il team principal del Cavallino non si è sbagliato, anche se, forse, non si aspettava un distacco di sette decimi nel giro secco.
Ma cosa non ha funzionato sulla Rossa? Perché se a sorprendere è stato il pesante distacco dalle frecce d’argento di sette decimi, non si può non notare che la Haas è arrivata solo a quattro decimi dalla SF90 di Charles Leclerc, quando sarebbe stato lecito aspettarsi un margine di un secondo.
La Ferrari, invece, ha pagato “sopra” come “sotto” un gap che testimonia come non siano state solo le frecce d’argento a eccellere, ma soprattutto le Rosse a mancare. Perché Romain Grosjean e Kevin Magnussen le “Ferrarine” by Dallara le hanno portate al sesto e settimo posto, arrampicandosi fino a essere i primi degli… altri. Per la Haas la prestazione australiana vale quanto una pole, mentre lo “schiaffo” preso a Maranello brucia più del solito.
C’è chi con cinico godimento non fa altro che ripetere che tutto sommato il distacco Mercedes – Ferrari è lo stesso dello scorso anno. È vero, ma non può essere materia di compiacimento. Il fatto è che se Barcellona con i curvoni veloci ha esaltato la guidabilità della SF90, l’Albert Park ha messo in piazza i suoi difetti nel lento. E il reale comportamento della Rossa probabilmente starà a metà fra i due limiti e il mondiale si giocherà su chi saprà evolvere la propria monoposto più in fretta.
Lo avevamo giù scritto in sede di presentazione della macchina: la Rossa ha soluzioni aerodinamiche estreme (alcune saranno copiate anche dalla Mercedes come l'ala anteriore), mentre a livello meccanico la W10 sembra essere più all'avanguardia e avere più margine di sviluppo specie in condizioni di asfalto con poco grip.
Un fatto è certo: l’anno scorso gli uomini del Cavallino erano soliti raccogliere i dati di pista del venerdì per trasferirli al remote garage e nella notte c’era chi macinava ore al “ragno”, il simulatore del Cavallino, per restituire soluzioni di setup adeguate per affrontare il sabato con il pieno potenziale della Rossa.
L’incantesimo sembra essersi rotto e non crediamo che sia perché al posto di Antonio Giovinazzi e Daniil Kvyat, che si sono meritati entrambi i galloni da piloti titolari di Alfa Romeo e Toro Rosso, sia arrivato il tedesco Pascal Wehrlein nel ruolo di simulator driver (Brendon Hartley correva negli USA).
Melbourne per la Ferrari è un tracciato da prendere con le pinze: non è una pista indicativa per la stagione (la è molto di più Barcellona) ma non ci sorprenderemmo affatto se ai guai di assetto non risolti, sia mancato anche qualche cavallo di motore, rinunciando almeno in parte alla mappa da qualifica per non mettere in crisi il turbo o il sistema di sovralimentazione, sapendo che tanto la Rossa non sarebbe stata in lizza per la pole, nella piena consapevolezza che la stagione 2019 sarà lunga, molto lunga con soli tre motori.
La SF90 dispone di pance molto rastremate e di sfoghi dell’aria calda minimi rispetto allo scoro anno per guadagnare in efficienza aerodinamica: Haas e Sauber, in questo campo, hanno masse radianti maggiorate (più peso) e aperture più generose (più resistenza all’avanzamento), per cui non hanno avuto alcun timore a trarre il massimo dalla power unit, mentre a Maranello per l’Albert Park si sono limitati ad accrescere leggermente la carrozzeria in coda alle fiancate.
E non è un caso che nella top ten della qualifica ci siano ben cinque motori Ferrari, oltre a tre Mercedes, un Renault e un Honda. Il “cuore” è in grado di pompare cavalli nella power unit e adrenalina nella squadra, ma solo quando ce n’è bisogno, senza prendere rischi inutili.
Non dovremmo sorprenderci, quindi, se in gara il gap dalle frecce d’argento si comprimerà sensibilmente, aprendo ben altri scenari.
Un rammarico nella Scuderia sicuramente c’è: è vedere Charles Leclerc dietro a Max Verstappen. I due giovani si conoscono bene e non si sono mai risparmiati le ruotate nelle categorie minori per “segnare il territorio”. Il monegasco è arrivato alla Ferrari come un predestinato e certamente l’olandese farà tutto il possibile per contrastare il passo allo storico rivale.
Il debuttante ferrarista dovrà decidere se sfidare subito Max, per aiutare Sebastian all’inseguimento delle W10, oppure se eviterà guai in partenza aspettando l’evolversi della corsa. Perché al resto ci penseranno le ali anteriori larghe quanto le gomme…
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