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Analisi

Ferrari 312 T4: sono passati 40 anni dal mondiale di Scheckter e Villeneuve

Mauro Forghieri nel 1979 aveva presentato la prima Rossa con le minigonne che poi vinse il titolo piloti con Jody Schecketer davanti a Gilles Villeneuve. Vettel e Leclerc quest'anno sapranno ripetere le imprese di 40 anni fa, quando la Rossa era una "pantofola"?

Jody Scheckter, Ferrari 312T4

Foto di: LAT Images

La Ferrari insegue il mondiale piloti dal 2007, anno in cui Kimi Raikkonen ha regalato al Cavallino rampante l’ultimo sigillo iridato. La squadra di Maranello nel Reparto Corse sta lanciando la sfida alla Mercedes che ha tutta l’intenzione di proseguire il suo filotto di vittorie nell’era ibrida, con il chiaro intento di superare le cinque affermazioni di fila che avevano caratterizzato l’epopea Schumacher dal 2000 al 2005.

Guardando più indietro nel tempo torna alla memoria anche il mondiale del 1979 conquistato da Jody Scheckter con il supporto di Gilles Villeneuve. Da quella stagione iridata sono trascorsi 40 anni. E la Ferrari 312 T4, progettata dall’ingegner Mauro Forghieri, aveva rappresentato la prima Rossa dotate delle famigerate “minigonne”.

Gilles Villeneuve con la Ferrari 312T4 dotata di minigonne

Gilles Villeneuve con la Ferrari 312T4 dotata di minigonne

Photo by: LAT Images

Era arrivato anche per la Ferrari il momento di passare alle vetture ala, dopo l’incontrastato . dominio delle Lotus 79, la wing-car che con Mario Andretti e Ronnie Peterson nella stagione precedente si era aggiudicata il titolo iridato.

Scheckter, Ferrari 312T4 precede Villeneuve, Ferrari 312T4B e Laffite,  Ligier JS11 nel GP d'Italia 1979

Scheckter, Ferrari 312T4 precede Villeneuve, Ferrari 312T4B e Laffite, Ligier JS11 nel GP d'Italia 1979

Photo by: Sutton Images

“Dopo almeno due anni di assoluti divieti – ricorda l’ingegner Mauro Forghieri, all’epoca direttore tecnico del Cavallino - il Commendatore ci aveva dato il permesso di costruire una monoposto con le minigonne. Evidentemente Ferrari aveva rinunciato a combattere una guerra politica contro gli inglesi, pur sapendo che la Federazione aveva tollerato delle vetture che erano illegali”.

Lo spaccato della Ferrari 312T4 di Gilles Villeneuve

Lo spaccato della Ferrari 312T4 di Gilles Villeneuve

Photo by: Giorgio Piola

La T4 fu accolta con un grande scetticismo alla presentazione del 19 gennaio svolta a Maranello: non era propriamente una F.1 bella tanto che i giornalisti l’avevano subito ribattezzata “pantofola”. Chi non era in vena di complimenti aveva parlato anche di “muso da ippopotamo”.

Enzo Ferrari, secondo il suo costume, tagliò i commenti in modo lapidario: “Auguriamoci che la T4 s’imbellisca sui circuiti!”. La previsione fu profetica: la Rossa era certamente brutta, ma era nata vincente: s’impose subito al debutto nel GP del Sudafrica, terza prova del mondiale, dopo che la 312 T3, nelle prime due gare, aveva mostrato tutti i limiti di vettura tradizionale.

Il vincitore del GP d'Italia 1979 e campione del mondo Jody Scheckter,  festeggia con Gilles Villeneuve, secondo

Il vincitore del GP d'Italia 1979 e campione del mondo Jody Scheckter, festeggia con Gilles Villeneuve, secondo

Photo by: Sutton Images

Il successo di Kyalami fu solo l’antipasto di un’annata storica: Jody Scheckter e Gilles Villeneuve avevano regalato il nono titolo mondiale a Re Enzo, collezionando sei successi e 113 punti iridati: un record per l’epoca se si considera cha la Williams (la monoposto-ala più estrema insieme alla Ligier) si era fermata solo a 75 punti: un vero abisso!

Il titolo piloti era andato a Jody Scheckter molto regolare nelle prestazioni. Il sudafricano si era laureato campione nell’apoteosi del GP d’Italia a Monza davanti al delirio della folla accorsa per tributare il trionfo alla coppia di campioni del Cavallino.

Il 1979 oltre a essere stato l’anno della consacrazione di Jody, un pilota aggressivo che si era trasformato con l’esperienza in un prezioso regolarista, aveva sancito l’esplosione di Gilles Villeneuve. Il canadese, infatti, non lo si poteva considerare solo un “aviatore” per i frequenti incidenti e le uscite di pista... acrobatiche.

Gilles Villeneuve con la Ferrari 312T4 su tre ruote nel GP d'Olanda

Gilles Villeneuve con la Ferrari 312T4 su tre ruote nel GP d'Olanda

Photo by: LAT Images

Pur risultando spesso il più veloce, Villeneuve aveva accetta il ruolo di numero due in squadra e come tale si era comportato stando agli ordini del team:, talvolta aveva accettato di lasciare strada a Jody. Mentre le vittorie di Scheckter erano il frutto del calcolo e della razionalità, quelle del canadese scatenavano la fantasia del pubblico, tanto da diffondere la “Febbre Villeneuve”, un’epidemia contagiosa di… tifo che aveva influenzato non solo gli appassionati italiani.

Enzo Ferrari e Gilles Villeneuve

Enzo Ferrari e Gilles Villeneuve

Photo by: Actualfoto

Era l’inizio di una leggenda…
“Avevamo una squadra fantastica – ricorda Forghieri – non potevamo avere una coppia di piloti più assortita. Fu una stagione fantastica e vincere il mondiale non era stato facile come poteva essere sembrato da fuori: avevamo un’organizzazione del team eccellente, per cui anche nelle piste dove non andavamo bene avevamo raccolto dei punti preziosi”.

La 312 T4, quindi, si era rivelata una monoposto degna erede delle altre Rosse pluri-decorate e meritava un posto di rilievo nella storia di Maranello.
“Quando la definirono brutta – ammette oggi Forghieri – ci rimasi male, perché la T4 era il frutto di un grosso lavoro in galleria del vento da parte di Poncini: noi sapevamo di non avere tutta l’esperienza degli inglesi in fatto di minigonne e quindi abbiamo estremizzato dei concetti nella parte superiore della macchina”.

La T4 era diventata una “pantofola” perché l’equipe di “Furia” aveva cercato di recuperare il carico mancante nella parte inferiore della scocca, con un grosso lavoro di ricerca nella parte superiore: le prese d’aria dinamiche del motore boxer V12 erano sparite dai lati dell’abitacolo ed erano state portate nelle pance.

I radiatori posti nelle fiancate non avevano grandi sfoghi d’aria, ma solo delle feritoie superiori, per cui il flusso che veniva orientato verso l’ala posteriore era molto pulito e l’efficienza della monoposto particolarmente elevata.

Si videro alettoni svergolati studiati per le caratteristiche di ogni pista: i tecnici del Cavallino fecero un lavoro di ricerca che non aveva uguali in altri team.
“Però la nostra down force non era pari a quella di Williams e Ligier – ammette Forghieri – pagavamo qualcosa agli inglesi perché ci mancava l’esperienza sulle minigonne. All’epoca si disse che i problemi erano dovuti al motore piatto che non favoriva lo sfogo dei tunnel Venturi: non era vero niente, avevamo raggiunto degli ottimi risultati anche con il boxer”.

E allora i problemi da cosa derivavano?
“E’ molto semplice – rivela Forghieri – gli inglesi avevano trovato un sistema affinché le minigonne restassero sempre sigillate al terreno, mentre noi sulle piste veloci e con dei sobbalzi come Brands Hatch ci trovavamo in difficoltà perché la bandella restava alzata sulle gibbosità e perdevamo molto carico all’improvviso”.

Sui tracciati dove l’asfalto era un biliardo la T4 risultava imprendibile, mentre sulle asperità andava in crisi…
“Noi usavamo delle molle montate a 45 gradi che spingevano in basso le minigonne – rammenta l’ingegner Tomaini – mentre sulla Ligier avevano adottato sopra e sotto le bandelle mobili dei soffietti di stoffa: con l’aumentare della portata d’aria e del carico cresceva la spinta verso il terreno. Era un’idea geniale uscita dal giro di Ducarouge, che in breve fu adottata anche da quasi tutti i team inglesi. Ci avevano lasciato all’oscuro solo nella speranza di metterci in difficoltà, ma non è bastato”.

Scheckter sulle piste meno propizie per la T4 adottava una tattica di gara che fu ingiustamente definita rinunciataria, mentre Gilles fu protagonista di qualche incidente proprio perché le minigonne facevano i “capricci” all’improvviso, rendendo la monoposto alquanto instabile e, soprattutto, imprevedibile nel comportamento.

“Villeneuve amava andare al limite – ha concluso Forghieri – per cui si prendeva dei rischi: certi incidenti erano evitabili sapendo a cosa andava incontro, ma lui non era certo il tipo da alzare il piede nei punti più pericolosi!”.

Jody ha mantenuto un buon ricordo della T4: “Era una vettura molto costante nel rendimento – ricorda il sudafricano – sfruttava ottimamente le gomme radiali Michelin. Il comportamento della vettura non cambiava nel corso di un Gp, anche se ovviamente durante la gara si registrava un calo prestazionale dovuto al deterioramento delle gomme e dei freni”.

Potrà sembrare strano ma l’episodio più ricordato di quel 1979 non riguardava una vittoria, ma un posto d’onore. Il GP di Francia del 1979 è passato alla storia per il duello “rusticano” fra Gilles Villeneuve e René Arnoux negli ultimi giri di una gara ricca di emozioni, anche se quel 1 luglio aveva rappresentato una data importante nelle corse per un altro motivo: per la prima volta in F.1 vinceva una monoposto spinta da un motore turbo. A Digione, infatti, a imporsi era stato Jean Pierre Jabouille sulla Renault Rs10 gommata Michelin: quel magico tris transalpino giocato proprio nella gara di casa, non l’aveva esaltato quasi nessuno, cancellato dal duello mozza fiato fra Villeneuve e Arnoux.

Gilles Villeneuve, Ferrari 312T4 si difende da René Arnoux, Renault RS10 nel GP di Francia 1979

Gilles Villeneuve, Ferrari 312T4 si difende da René Arnoux, Renault RS10 nel GP di Francia 1979

Photo by: Sutton Images

L’attenzione del pubblico sulle tribune e quella delle telecamere che riprendevano il GP per la tv era tutta per i due piloti che si contendevano il secondo posto. Solo una clamorosa rottura poteva fermare la Renault lanciata verso la sua prima vittoria nel Circus, mentre la battaglia per la piazza d’onore si era fatta davvero incandescente.

La Ferrari di Villeneuve aveva condotto la corsa nei primi 46 giri: poi a causa di un degrado delle gomme Michelin, il canadese era stato costretto a subire il sorpasso di Jabouille. Il pilota francese aveva un passo incontenibile per la 312 T4 di Gilles e il ferrarista non cercò di contrastare la Renault in fuga, ma una volta raggiunto dal secondo pilota del team francese, non era disposto a cedere il passo con la stessa facilità, nella convinzione che potesse difendere la piazza d’onore.

Arnoux non era certo un pilota rinunciatario: René cercava ogni varco per mettere la sua RS10 davanti alla Rossa. Nacque un duello senza esclusione di colpi che tenne con il fiato sospeso il pubblico negli ultimi due interminabili giri. Le due monoposto avevano affrontato le curve appaiate, toccandosi più volte con manovre al limite del regolamento.

Gilles davanti a René, poi la Renault che precedeva la Ferrari: c’era stata un’altalena di emozioni a ogni staccata con le ruote inchiodate. Fra tagli di chicane ed escursioni sull’erba i due erano arrivati sul traguardo quasi appaiati: Villeneuve aveva la meglio su Arnoux. Aveva vinto un’altra sfida che lo ha proiettato nella leggenda.

In pochi nel Circus avevano capito che l’affermazione della Renault apriva la storia dei GP ai motori sovralimentati…

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