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Analisi Ferrari: due micidiali concause che hanno mandato in crisi la Rossa

Gli uomini di Maranello avevano già capito nelle prove libere che la Ferrari avrebbe dovuto giocare un weekend in difesa. Gli errori sono stati fatti a casa e non c'era modo di ripararli in pista. La lezione è servita e in Bahrain la SF90 tornerà a essere quella di Barcellona...

Sebastian Vettel, Ferrari SF90

Sebastian Vettel, Ferrari SF90

Sam Bloxham / Motorsport Images

La debacle Ferrari a Melbourne va analizzata con freddezza e senza isterismi. La SF90 vista in Autralia era troppo brutta per essere vera. Ora tocca a Mattia Binotto evitare che la squadra vada nel panico, per ritrovare il bandolo della matassa perduto completamente fra i… canguri.

 

Il disastro è emerso per una serie di fattori che proviamo ad analizzare.

Sebastian Vettel ha ottenuto il suo giro più veloce in gara alla 16esima tornata in 1’27”954, due giri dopo aver montato le gomme Medie (gialle) con le quali è arrivato alla bandiera a scacchi. Il tedesco da quel momento non è riuscito a migliorare la sua prestazione che alla fine è risultata l’ottava del GP d’Australia 2019.

La SF90 ha ottenuto il miglior riscontro quando aveva ancora il serbatoio pieno, ma poi non ha saputo far scendere i suoi tempi sebbene la Rossa si stesse alleggerendo per il consumo del carburante, segno che sulla SF90 c’era qualche problema serio da tenere d’occhio.

 

Il tedesco, infatti, si è beccato un distacco sul giro di 2”384 dal limite raggiunto da Valtteri Bottas che con la Mercedes ha guadagnato il 26esimo punto iridato del weekend. Un’enormità per la F1 moderna, specie se compariamo le prestazioni di due top.

Charles Leclerc, che ha rispettato l’ordine della Scuderia di accodarsi al capitano in difficoltà senza tentare alcun sorpasso, la sua prestazione migliore l’ha ottenuta all’ultimo giro, il 58esimo, girando in 1’26”926 a 1”346 dal finlandese, collocandosi al quarto posto di questa classifica.

 

Fra le due Rosse è ballato un secondo: quando emergono differenze così clamorose è lapalissiano che non si può ridurre il tutto a soli problemi di set up. È evidente che la Ferrari di Seb da un certo momento della corsa ha dovuto ridurre il passo, ma per evitare che cosa?

Senza voler prendere in considerazione la velocità massima alla speed trap di Pierre Gasly con la Red Bull che è stata a lungo in scia della Toro Rosso di Daniil Kvyat (il francese all’Albert Park ha toccato i 321,9 km/h!) può essere interessante comparare la velocità di Valtteri Bottas (che ha fatto gara solitaria) con quella di Vettel.

La freccia d’argento è arrivata a 311,4 km/h, mentre la Rossa del tedesco non ha superato 303,7 km/h e Charles Leclerc, probabilmente più carico aerodinamicamente, si è fermato a 297,4 km/h. Insomma i 7,7 km/h presi da Vettel alla speed trap devono far riflettere.

Mattia Binotto, parlando con i giornalisti nel dopo GP, ha detto che “…non abbiamo trovato il grip che ci aspettavamo e quando sei in queste condizioni in curva fai fatica, e non esci come dovresti sul dritto”.

 

I problemi di assetto sono stati evidenti: la SF90 che aveva strabiliato Vettel nel primo giorno di test a Barcellona, si è trasformata a Melbourne in una vettura ostica e imprevedibile sull’asfalto gibboso del circuito semi-cittadino.

Cosa vuol dire? Che la monoposto che si guidava con due dita in Spagna aveva un comportamento imprevedibile da una curva all’altra, non dando ai piloti la necessaria fiducia per guidare al limite.

 

La SF90 sembra una macchina che potremmo definire pitch-sensivity: perfetta su un manto che è un biliardo, mentre soffre sui sobbalzi se le sospensioni non assorbono le asperità dell’asfalto. E allora si sarebbero verificate delle momentanee perdite di carico e di aderenza che al simulatore non si misurano e i tentativi di porvi rimedio con modifiche di set-up non sono serviti a niente, o quasi...

 

La sospensione anteriore della Ferrari è più conservativa di quella Mercedes che ha più possibilità di regolazione e di assetto. In Bahrain la Rossa troverà un fondo più uniforme per cui questo problema dovrebbe sparire completamente, ritrovando in pista i valori di downforce visti in galleria del vento.

Mercedes AMG F1 W10, dettaglio della sospensione anteriore col doppio bracket

Mercedes AMG F1 W10, dettaglio della sospensione anteriore col doppio bracket

Photo by: Giorgio Piola

E del resto a Maranello hanno puntato di più sull’esasperazione aerodinamica con le bocche dei radiatori molto piccole e pance molto filanti per avere poca resistenza all’avanzamento e, quindi, buone velocità di punta.

 

A giudicare dalle immagini che abbiamo raccolto da Melbourne, la Ferrari si è presentata in Australia con la configurazione aerodinamica più chiusa di tutti, confidando nell’impianto di raffreddamento estremo che è stato studiato apposta per regalare dei vantaggi aerodinamici.

 

Se la Mercedes ha mantenuto degli sfoghi limitati in coda alle fiancate, come la Rossa, ai lati dell’abitacolo la W10 era più aperta della Ferrari: oltre alla presa maggiorata a forma di Esse dietro all’ancoraggio dell’Halo alla scocca, si sono osservate le tre branchie ai lati dell’abitacolo che in coda avevano uno sfogo più grande del solito, foto sotto.

 

Forse i tecnici della Scuderia hanno deliberato per il primo GP una macchina troppo chiusa che può aver innescato dei problemi di temperatura a certi componenti della power unit. E non potendo rischiare un motore al debutto, bene hanno fatti i tecnici a contenere i rischi sulla power unit, adottando mappature conservative che hanno portato alla rinuncia di qualche cavallo.

Haas F1 Team VF-19, dettaglio dell'abitacolo

Haas F1 Team VF-19, dettaglio dell'abitacolo

Photo by: Giorgio Piola

 

La somma dei due problemi può aver causato la deludente prestazione della Ferrari a Melbourne, ma in Bahrain la musica dovrebbe essere completamente diversa perché la SF90 sarà adeguatamente preparata al caldo degli emirati con una configurazione studiata per le temperature del deserto. Insomma si volta pagina e si guarda al futuro…

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