F1 | Wolff esclusivo: "Ecco perché resto in Mercedes per sempre"
Il team principal austriaco a Melbourne ha festeggiato il decimo anno al comando del team Mercedes, squadre della quale è uno dei tre azionisti. Toto in una lunga chiacchierata esclusiva con Roberto Chinchero spiega perché si è chiamato fuori dal mondo della finanza per proseguire la sua attività nel Motorsport. E su Hamilton che deve discutere il rinnovo del contratto ammette: "Non ho opzioni, non ci lascerà all'improvviso". Crede ancora nella rincorsa al titolo con la W14 che sarà rivista da Imola.
Toto Wolff ha debuttato ufficialmente in divisa Mercedes nel weekend del Gran Premio d’Australia 2013. Sono trascorsi dieci anni da quel fine settimana, un arco di tempo nel quale è diventato il team principal che ha messo a segno una striscia vincente senza precedenti nella storia della Formula 1.
Una decade intensa, quella di Wolff, diventato per tutti ‘Toto’ grazie alla presenza massiccia sotto i riflettori dei media. Vittoria dopo vittoria qualcosa ha fatto breccia anche nei piani del cinquantunenne austriaco, facendo riemergere una passione a tutto campo che lo aveva spinto a cavallo dei vent’anni a provare la carriera da pilota.
La mancanza di opportunità e risultati lo aveva fatto desistere e il suo percorso professionale ha preso forma nel mondo della finanza. L’opportunità di tornare dove ha sempre sognato di essere si è presentata con l’ingresso nel pacchetto azionario della Williams e dal 2013 in quello della Mercedes.
Doveva essere un’operazione a tempo, di carattere finanziario, con un inizio ed una fine, ma una volta tornato a tempo pieno nel motorsport, Wolff non se l’è più sentita di uscirne. Il futuro ora è chiaro, Toto sarà in Formula 1 fino al termine della sua carriera lavorativa.
Toto Wolff, Team Principal e CEO di Mercedes-AMG
Photo by: Steven Tee / Motorsport Images
Melbourne 2013, Melbourne 2023. Come sono andati questi dieci anni?
“Non ci avevo pensato… già, Melbourne 2013, ricordo che ero arrivato in Australia con Susie, il meteo non era granché, e ricordo bene la differenza degli impegni con i media rispetto ai tempi della Williams. È stato un lungo viaggio, già, dieci anni”.
C’è stato un momento in cui hai pensato ‘ne ho abbastanza, basta’?
“Nel 2020 c’è stato un momento di riflessione. Il mio piano in un certo senso era quello di finire a 49 anni. L’idea che avevo in precedenza era quella di fare altro, non mi sarei immaginato oltre i 50 anni nelle vesti di team principal. Ma qualcosa in me è cambiato, in passato ogni mio progetto si basava su una linea guida ben chiara: comprare azioni di un’azienda, svilupparla, e poi vendere le azioni, e questo era il programma quando è iniziata la mia avventura in Formula 1. Ma nel 2020 sono giunto alla conclusione che per la prima volta nella mia vita avevo voglia di restare dov’ero, e ho cambiato la strategia”.
Un cambiamento di vita, oltre che lavorativo…
“Un grande cambiamento, sì, ci è voluto un anno per digerirlo e farlo mio. Non avevo più voglia di tornare nel settore in cui ho lavorato per 25 anni, ora sono un vero imprenditore e manterrò questa azienda a lungo, mi viene da dire… per sempre”.
Detta così, è difficile immaginarti nel periodo 2013-2020 intento a pensare alla rivalutazione del tuo pacchetto azionario. Visto dall’esterno sembravi essere focalizzato totalmente sull’aspetto sportivo...
“Non si possono scindere le due cose, vincere i campionati era l’unica strada per dare valore all’azienda, il successo sportivo porta con sé anche quello finanziario. Nel 2013 ho firmato un contratto triennale, ed è stato un periodo molto bello, quindi ho rinnovato per altri tre anni e poi ancora un altro triennale. Nel 2020 dovevo decidere cosa fare, andare avanti a tempo illimitato o uscire. Ed ho scelto la prima possibilità”.
George Russell, Mercedes F1 W14
Photo by: Jake Grant / Motorsport Images
Possiamo dire che vedremo ancora a lungo Toto Wolff al timone della Mercedes?
“Sì, questo è ciò che faccio e questa è la mia azienda. Il ‘problema’ è che non riesco ad andarmene, ho pensato ad altri scenari, persino alla possibilità di trasferirmi in Thailandia, di cambiare le mie attività, basicamente di cambiare vita. Ma alla fine, eccomi qui, sono nella mia azienda, sono uno dei tre azionisti e onestamente credo di aver avuto una grande opportunità ad essere dove sono. È importante ricordarlo soprattutto quando ci sono alti e bassi”.
Hai nominato i momenti ‘bassi’. Quello che state attraversando ora è il momento più basso del tuo decennio al timone della squadra?
“No, credo sia stato più difficile l'anno scorso. Nei primi test in Bahrain abbiamo creduto di essere sulla strada giusta, poi abbiamo capito che non era così. Nella fase finale della stagione siamo tornati ad essere competitivi, ci siamo confermati a qualche decimo ad Abu Dhabi, ma ad Austin, in Messico e soprattutto ad Interlagos siamo andati bene”.
Ma ritrovarsi dopo un anno ancora lontani dalla possibilità di vincere, non è stato più difficile da accettare?
“C’è una differenza, dodici mesi fa non capivamo quale fosse il problema, è stata un’amara sorpresa trovarsi alle prese con una monoposto che non generava performance. Oggi abbiamo dei problemi, ma sappiamo dove sono e a cosa sono dovuti”.
Jerome d'Ambrosio con Toto Wolff e il terzo pilota Mick Schumacher
Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images
Col senno di poi, quanto ha influito la doppietta ottenuta lo scorso anno ad Interlagos sulle scelte tecniche con cui avete a che fare oggi?
“È stata una domenica con tanti sapori. Ero già ad Abu Dhabi, e mi ero fatto montare nella camera del mio Hotel una sorta di muretto box! Avevo la possibilità di per parlare con la squadra, e vedevo tutti i dati possibili, ero lì, sul tavolo della camera, ed era come essere in gara, e alla fine è stato grandioso. Quando è arrivata la bandiera a scacchi mi sono sentito davvero orgoglioso, non so spiegarlo bene, ma credo sia qualcosa simile alla sensazione di un padre che vede il suo gruppo poter camminare da solo”.
Ma…
“Sotto altri aspetti è stata una tempesta perfetta. Aver migliorato le prestazioni ci ha fatto credere di essere sulla strada giusta, il trend è stato positivo, e ci ha convinto che il concetto di base fosse giusto, proprio la tempesta perfetta”.
Nel corso degli anni avete dovuto rinunciare a figure di spicco che sono state delle colonne portanti del glorioso ciclo Mercedes. Quanto è stato difficile sostituire persone del calibro di Aldo Costa, per citare un nome?
“Persone come Aldo non le sostituisci, quello che abbiamo fatto è stato dividere il lavoro che svolgeva tra più sostituti. Aldo è stato bravissimo a strutturare la sua successione, non era un processo risolvibile nel breve periodo. Abbiamo avuto due anni e mezzo di tempo per poter plasmare ed adattare il dipartimento tecnico alla sua assenza”.
James Allison, CTO Mercedes AMG
Photo by: Steve Etherington / Motorsport Images
James Allison è una figura che dall’esterno si fa un po' fatica a collocare nel vostro organigramma.
“È il Chief Technical Officer”.
Ma quanto è coinvolto nell’attività Formula 1?
“Non è coinvolto. Ha un ruolo attivo quando si discutono strategie a lungo termine della squadra, ma oggi dedica il suo tempo ad altre attività come il progetto America's Cup e ad altri programmi che mirano all’innovazione”.
C’è stata la tentazione di richiamarlo in un ruolo operativo dopo i problemi emersi negli ultimi mesi?
“James è ancora molto importante per la nostra organizzazione. Ma in merito alle difficoltà che abbiamo non credo sia una questione di una persona, quanto di trovare più persone giuste nei ruoli che servono”.
Lewis Hamilton, Mercedes F1 W14
Photo by: Jake Grant / Motorsport Images
Alla luce dei risultati ottenuti nell’avvio di stagione quanto sono cambiati i vostri obiettivi per il 2023?
“Non voglio ancora cambiare gli obiettivi, voglio sempre pensare che siamo qui per lottare per un campionato del mondo, anche se non sembra realistico. Siamo solo all’inizio, e voglio mantenere alta la motivazione della squadra per fare il miglior lavoro possibile. Ci sono tante novità in cantiere, ad Imola cambierà il layout della macchina e vedremo cosa comporterà questo passo".
"Ma è innegabile che c'è una squadra che è molto più avanti di tutti gli altri, poi ci siamo noi, Aston Martin e Ferrari che siamo molto vicine. Per poter tornare a giocarci un mondiale sappiamo che ci sono da battere due piloti che al momento sono lontani, ma abbiamo anche un altro confronto per il ruolo di seconda forza, diciamo che sono due obiettivi”.
Nelle stagioni precedenti in alcune occasioni avete portato in pista degli sviluppi molto corposi durante la stagione. Nel 2018 avete rifatto parte del retrotreno con un extra budget, mentre ora su questo fronte avete le mani legate. Quanto pesa il budget cap sul vostro modo di operare?
“Al di là del budget, per fare passi avanti ci vogliono idee e ore a disposizione in galleria del vento. Alla fine questo è quello che volevamo, avere un modello finanziariamente sostenibile, volevamo avere 10 squadre in grado di competere più vicine tra loro, per questo sono state inserite nel regolamento le restrizioni dei test aerodinamici per i team di vertice".
"Sono linee guida varate per creare una griglia di partenza più competitiva, oggi vediamo che una squadra ha fatto un lavoro migliore di tutte le altre, ma anche l'Aston Martin che ha confermato un gigantesco passo avanti solo grazie ad un buon lavoro, non c'è magia e non c'è una cosa su un'auto che la renda misteriosamente veloce. È solo ingegneria, l’insieme di tutte le aree che formano un pacchetto competitivo. Quindi penso che abbiamo ciò che serve per tornare in alto”.
Toto Wolff con Lewis Hamilton
Photo by: Steve Etherington / Motorsport Images
Veniamo al ruolo di Lewis. Hai più volte ribadito di essere certo che la vostra storia non sia ancora ai titoli di coda, ma è realistico pensare che abbiate un piano B, qualora non rinnovasse il contratto.
“Forse rischio di apparire ingenuo, ma faccio fatica a pensare ad un piano B se credo che il piano A sia il migliore per la squadra. Francamente, non voglio avere colloqui con altri piloti perché sono molto contento di quelli che abbiamo, al momento non esiste un piano B. È Lewis”.
Non reputi possibile che Lewis possa dire ‘okay, ho dato tutto, mi fermo’.
“Penso che quando accadrà ce lo dirà per tempo. Non credo che si fermerà con un breve preavviso, non è una persona che ci lascerebbe in una posizione difficile. I piloti possono ovviamente prendere le loro decisioni, ma ho la certezza che Lewis lo farà senza danneggiare la squadra. Aggiungo anche che quel giorno ci guarderemo intorno e credo che il team sia ancora ambito per trovare altre soluzioni”.
Nel 2014 hai vinto il tuo primo mondiale da team principal, ma in quella stagione hai perso una sfida con Helmut Marko, quella per mettere sotto contratto Max Verstappen...
“Già, ma non avevo un volante in Formula 1 da potergli offrire. Avevamo Lewis e Nico ed entrambi avevano contratti a lunga scadenza, Max era chiaramente un giovane interessante ma in quel momento potevamo offrigli un posto in GP2 e poi magari un contratto. Ma Helumt è stato in grado di offrirgli un posto in Formula 1 e alla fine anche io gli ho consigliato di seguire quella strada. E questo ha significato vederlo uscire dall’orbita Mercedes”.
In quella fase per la Red Bull è stato cruciale avere una seconda squadra. Non hai mai pensato ai vantaggi strategici che avrebbe garantito avere una sorta di junior team Mercedes?
“È indubbiamente un vantaggio poter avere una squadra come hanno loro (la Red Bull) nella quale poter valutare i piloti sul campo. È stato un grande vantaggio nel loro caso avere la possibilità di valutare la Honda prima del passaggio nella squadra principale, ma è un’operazione che costa molto. Devi poterti permettere di spendere 100 milioni a stagione per poter giudicare i piloti, e ripeto, è il modo migliore per farlo, ma è anche molto costoso”.
La Formula 1 è in continua evoluzione, e sotto molti aspetti sta ottenendo risultati molto buoni. È però di grande attualità la discussione tra chi vorrebbe innovare tutto il possibile e chi ritiene che ci siano dei valori storici da tutelare. Come vedi questo aspetto?
“Vogliamo che il nostro sport continui a crescere, che continui ad essere attraente ed anche un bel prodotto di intrattenimento. Ma credo sia importante guardarlo sotto tutti i punti di vista, probabilmente noi che siamo appassionati da sempre vorremo sempre avere tre sessioni di prove libere, una qualifica e il Gran Premio, ma vanno anche valutati i tempi che cambiano. Alla fine credo che ci si debba chiedere cosa manca per poter avere un prodotto migliore, ma non si può prescindere dalla Formula 1 in termini di DNA. Cosa è meglio in senso assoluto? Non ho una risposta, e a dirla tutta, credo che nessuno ce l’abbia”.
Andrea Kimi Antonelli nel 2018 quando era entrato nell'orbita di Wolff e della Mercedes
Photo by: Franco Nugnes
C’è una domanda che soprattutto in Italia è molto attesa, e riguarda Kimi Antonelli. Come sta procedendo la sua crescita e quali sono i piani che hai per lui?
“Da quando lavoriamo insieme Kimi ha soddisfatto tutte le aspettative. Ma non solo, mi piace molto come ragazzo, come personalità, e ha intorno a sé un fantastico ambiente familiare che lo aiuta a restare sempre con i piedi per terra. Ha un grande talento e può contare su importanti valori che arrivano dalla sua famiglia".
"Kimi è ancora nella fase iniziale del suo percorso e credo che abbia davanti a sé un futuro brillante che sarà suo se continuerà a fare un passo alla volta. Poi per me è semplicemente adorabile lavorare con lui e suo padre, due persone che hanno i piedi ben saldi per terra”.
Appuntamento a Melbourne 2033 per il tuo ventennale in Mercedes?
“Spero di essere ancora qui, di non aver venduto la mia parte della squadra. Ma avrò 61 anni, giusto? Magari Melbourne la seguirò da casa, il viaggio per l’Australia è davvero troppo lungo”.
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