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Intervista

Todt: "Il Motorsport è un laboratorio per la sicurezza stradale"

Il presidente della Federazione Internazionale si è preoccupato per il calo di spettatori di Monza: "Da presidente FIA e tifoso di F1 sarei molto deluso se non avessimo almeno un GP in Italia". Il francese esalta la sfida mondiale fra Verstappen e Hamilton e fa delle riflessioni sulla mancata gara di Spa. Crede ciecamente nel ruolo che la F1 potrà avere nella definizione della nuova mobilità mondiale e scommette su ibrido e benzine ecologiche.

Chase Carey, presidente non esecutivo della Formula Uno, e Jean Todt, presidente della FIA, sulla griglia di partenza

Chase Carey, presidente non esecutivo della Formula Uno, e Jean Todt, presidente della FIA, sulla griglia di partenza

Mark Sutton / Motorsport Images

Jean Todt sta per chiudere il suo terzo mandato di presidente della FIA. È stato al vertice per 12 anni e ha impresso una forte personalità sull’attività della Federazione Internazionale, cercando legami diretti fra il mondo delle corse e la sicurezza stradale. Non è mancato a Monza per il GP d’Italia e l’occasione è stata buona per fare un punto della situazione sulla F1, le corse e in generale sulla mobilità del futuro.

La chiacchierata è cominciata con una domanda dell’ex ferrarista ai giornalisti…
“Ero un po’ deluso quando ho visto che non c’era tanto pubblico. Come mai? Che è successo?”.

L’analisi è complessa, ma la Ferrari che non vince e una ridotta promozione dell’evento dovuta al ritardo con cui è stata decisa l’apertura delle sole tribune al 50% e un rincaro dei prezzi hanno creato un forte scollamento con gli appassionati.

Anche gli organizzatori sembrano delusi dalla non risposta del pubblico e si torna a parlare di un GP d’Italia a rischio. È preoccupato?
“Sì, sono preoccupato. Ma gli accordi commerciali sono di responsabilità di Formula 1. Il grande capo di F1 lo conoscete bene perché è italiano, Stefano Domenicali e, quindi, è una domanda da girare a lui”. 

“Io come presidente della FIA e tifoso della F1 sarei molto deluso se non avessimo almeno un GP in Italia. Era all’inaugurazione delle curva Alboreto, visto che è stata dedicata una curva storica a un grande pilota italiano. È stato emozionante vedere la moglie Nadia e la figlia Noemi”.

La stagione di F1 ci sta offrendo un campionato molto bello…
“Ci sono molti elementi che contribuiscono al successo di questo campionato: la FIA, i promotori e i team. Già lo scorso anno era stato fatto un lavoro incredibile per avere comunque un campionato con 19 gare che è iniziato a luglio. Si è trattato di un vero miracolo reso possibile da Chase Carey, FIA e team. Quest’anno è la stessa cosa. Avevamo un calendario con 23 Gran Premi che probabilmente si ridurrà a 22, ed è in continua modifica. Ma stiamo facendo qualcosa che rimarrà nella storia”.

“Il livello della competizione in pista è altissimo. Certo abbiamo un duello solo tra due piloti per il titolo, ma è comunque una sfida fantastica che è molto meglio di assistere a un dominio assoluto. C’è poi una lotta incredibile per il terzo posto nel campionato Costruttori fra Ferrari e McLaren e per le posizioni di centro gruppo fra AlphaTauri, Alpine e Aston Martin. Certo sarebbe più bello avere quattro o cinque squadra in lizza per il mondiale: vedremo il nuovo regolamento del 2022 cosa porterà ma oggi abbiamo un campionato nel quale nessuno può ancora dire chi si aggiudicherà il titolo piloti e Costruttori”.

Le piace il format con la qualifica sprint? Domenicali propone che nel 2022 almeno un terzo dei GP potrebbe avere questo formato…
“Per ora niente è deciso. Prima di incontrarvi ha visto che Ross Brawn ne parlava con Michael Masi. Vedremo i feedback che raccoglieremo dopo l’esperienza di Monza e di Interlagos. Per il momento questo format mi lascia un po’ perplesso per quello che succede fra le 12 e le 13 del sabato mattina. Questa ora di prove libere non è comprensibile per il pubblico e i media. Può interessare solo le squadre per raccogliere informazioni ad esempio sull’usura delle gomme, ma dal punto di vista dello spettacolo non ha senso”.

Uno dei temi su cui si discute è su chi sia il vero poleman del week end. Non crede che il vero pilota più veloce del week end lo si determini al venerdì sera?
“E’ un’evoluzione della competizione. La griglia si fa con il risultato della Sprint Qualifying. E’ stato introdotto un evento in più al sabato che da più senso anche alla qualifica del venerdì. Per cui ci sta. Quello che è importante è che l’evento principale sia la gara di domenica. Su questo non ci deve essere alcuna confusione.”

Cosa state pensando di cambiare dopo la non gara di Spa?
“Sono stato molto dispiaciuto per Spa. Ho passato quattro ore davanti alla televisione ma ero in un ambiente molto più confortevole rispetto alla gente sul prato o nelle tribune della pista, che avevano pagato il biglietto e stavano sotto la pioggia. Sono convinto che non si siano divertiti, ma la gara non c’è stata perché non poteva svolgersi. L’evoluzione delle macchine e delle gomme è tale che la quantità d’acqua sollevata dal loro passaggio è notevole”.

“Certo forse avremmo dovuto fare più test in condizioni di bagnato estremo. Poi da parte dei piloti, ma non solo da parte loro, ma in generale dalla società in cui viviamo non c’è più l’accettazione del rischio che c’era venti anni fa. Questo è un dato di fatto”.

“Forse avremmo potuto anticipare la gara avendo però definito una lista di condizioni da verificare per far disputare il GP. Volevamo far disputare la gara e abbiamo cercato di far girare le macchine in pista in vari momenti, tanto più che le previsioni meteo ci davano una possibile apertura che poi non c’è stata”.

“Distribuire i punti in un week end dove si è potuta disputare solo la qualifica penso abbia senso. Sulla quantità di punti da distribuire però si può discutere. Potremmo decidere ad esempio che in un caso del genere si prende il risultato della qualifica e si danno cinque o sei punti al primo e via a scalare”. 

“Sono stati in molti a criticare quello che è stato deciso a Spa ma cosa sarebbe successo se dopo il via avessimo avuto un incidente con dieci macchine coinvolte con piloti feriti o peggio? Saremmo stati massacrati. Ma anche senza feriti saremmo stati criticati. Per il regolamento del 2025 dobbiamo pensare ad avere delle macchine che possano essere guidate anche sotto la pioggia. Ricordate Lauda al Fuji nel ’76? Fu l’unico tra i piloti a rinunciare a correre sotto la pioggia. Oggi tutti i piloti ragionano come Lauda aveva fatto allora…”

Resta convinto della permanenza del motore ibrido in Formula 1?
“Su questo tema stiamo lavorando continuamente. Domenica mattina a Monza c’è stata una riunione importante tra i Costruttori per fare il punto della situazione, ma anche qui il discorso è simile a quello che facevo sull’accettazione del rischio. L’impatto ambientale del motorsport tradizionale non è più accettabile. Urgentemente dobbiamo trovare delle soluzioni non solo per la F1, ma per tutte le nostre discipline”.

“Ed è questo il motivo per cui abbiamo creato la Formula E e dal 2014 abbiamo un motore ibrido in Formula 1. Di nuovo, m’immagino le critiche che avremmo oggi se corressimo ancora solo con dei motori a combustione: la F1 oggi sarebbe in pericolo. Dovremo fare altri passi in avanti, ma sappiamo che si tratta di un passaggio intermedio perché non sappiamo come sarà effettivamente la mobilità del futuro. E’ urgentissimo introdurre una benzina senza emissioni”.

Il prossimo anno in Formula 1 non ci sono molti sedili disponibili per i molti piloti validi che stanno combattendo per il titolo in F2. Cosa pensa dell’idea della terza vettura solo per piloti debuttanti?
“E’ un tema sul tavolo da sempre. In Formula 1 ci sono solo venti sedili e il ricambio è difficile, ma abbiamo molte altre discipline in cui correre. Oltre alle formule minori abbiamo Formula E ed anche l’Endurance con la nuova categoria delle Hypercar che potrebbe raccogliere 10 Costruttori dal 2023. Magari nel mondo ci sono cento piloti o più che potrebbero correre in Formula 1, ma l’elitarismo di questo sport è tale che c’è posto solo per venti di loro. Comunque penso che la Formula 1 dovrebbe avere dodici squadre. Questo consentirebbe di avere quattro volanti in più”.

Ci sono nuovi Costruttori che sono interessati ad entrare in Formula 1?
“Sembrerebbe di sì, ma tra l’essere interessati ed il volersi iscrivere al mondiale ne passa. Comunque vedo un interesse concreto da parte di alcuni Costruttori. E sono quelli che anche voi conoscete…”

Secondo lei perché i Costruttori stanno lasciando la Formula E?
“Perché alcuni considerano che il loro tempo nella categoria sia finito. Questo è sempre successo, nuovi Costruttori arrivano, se ne vanno e poi magari ritornano. Questo non accade non solo in FE. Avremo l’ingresso di nuove squadre private. L’importante è limitare i costi. Stiamo lavorando al “cost cap” anche per la Formula E, questo è un aspetto fondamentale per garantire la stabilità di questo sport”.

“Oggi abbiamo 12 squadre in Formula E e non è escluso di perderne una. Comunque questa categoria dal niente in pochi anni è diventata una serie importante in un periodo economico piuttosto difficile. La FE è nata per influenzare la gente a considerare l’acquisto di una vettura elettrica per circolare nella propria città. E visto che oggi le auto elettriche sono un tema di cui si parla, possiamo dire di avere avuto una visione valida su questo tema. Ma non vogliamo la Formula E sul circuito di Monza, la vogliamo sulle strade di Roma o Milano”.

Molti piloti oggi passano ore sul simulatore anziché girare in pista. È un fattore che limita la percezione del rischio?
“Anche qui bisogna considerare la nuova sensibilità sociale. Non penso che ci sarebbe oggi un circuito capace di accogliere per 300 giorni l’anno delle prove private. L’utilizzo di simulatori di guida ma anche di banchi di prova per telaio, motore e aerodinamica è molto più accettabile. Quando lavoravo alla Ferrari, penso nel 2008, noi avevamo la pista di Fiorano, mentre altre squadre non avevano il loro circuito di test ma simulatori e anche noi abbiamo dovuto introdurre dei sistemi di simulazione”.

“Non penso che la percezione del rischio abbia a che fare con l’utilizzo del simulatore. Trenta o quaranta anni fa un’uscita di pista era spesso causa di un incidente con conseguenze gravi. Oggi nessuno si aspetta più delle serie conseguenze che, comunque, possono sempre esserci. Da ogni incidente cerchiamo di imparare qualcosa, per anticipare quello che potrebbe ancora succedere. Dopo l’incidente molto spettacolare di Romain Grosjean in Bahrain, i tecnici FIA hanno lavorato per far sì che se si dovesse verificare di nuovo un crash del genere, non ci sarebbe più l’incendio che avevamo visto. I nostri tecnici hanno lavorato con le squadre in questa direzione”.

“La competizione deve essere considerata un laboratorio per lo sviluppo della sicurezza stradale. Collaborando con tecnici del motorsport in FIA abbiamo sviluppato un casco motociclistico ventilato, omologato secondo le norme europee, al costo di meno di venti dollari. Questo prodotto è chiaramente destinato principalmente ai paesi più poveri”.

Nella nuova mobilità stradale bisogna fare i conti con i Monopattini…
“Patrick Head vive in Sicilia e mi ha scritto una lettera per dire che bisogna fare qualcosa. È un problema, ma lo è anche l’aumento delle biciclette. Dobbiamo fare i conti con la nuova mobilità nel mondo. Sui monopattini tendiamo ad abbassare le velocità”.

È stato fatto un documentario di Netflix su Michael…
“Ne abbiamo parlato tante volte. Questo è un ambito privato della famiglia che io rispetto totalmente. Sono grato per l’interesse che la gente continua a mostrare per Michael ma non cambierebbe niente conoscere più dettagli sulla sua condizione. Anche Michael ha sempre voluto rispettare la sua vita privata. Il film non vedo l’ora di vederlo. È un fatto dovuto che ci sia un documentario su Michael e la famiglia ha accettato di partecipare al film”.

Come giudica il primo anno di Mick Schumacher in F1?
“Bene: ha vinto in F3 e poi in F2. È stato campione. È molto bravo. Adesso è in F1 nell’unica squadra che quest’anno non ha conquistato punti. L’unico confronto, quindi, è con il compagno di squadra. Mi dicono che lavora molto bene con gli ingegneri, ma avrei bisogno di più dati per esprimere un giudizio completo. Posso dire che è molto curioso, molto appassionato e ambizioso”.

C’è una decisione della sua lunga carriera che cambierebbe?
“Molte decisioni potrebbero essere modificate se si potesse conoscere quello che accade dopo averle prese. Alla luce di certi risultati sono globalmente in pace con me stesso, ma è indubbio che ho preso decisioni che sono state criticate o male interpretate, ma non mi viene in mente un provvedimento totalmente sbagliato che ha avuto delle conseguenze importanti”.

Quale sarà la prima cosa che dovrà fare il suo successore?
“Quello che gli verrà in mente. Potrò fargli un bilancio dei miei tre mandati FIA e dopo 12 anni lascerò la Federazione con una buona organizzazione: quando sono arrivato avevamo 45 dipendenti, oggi ce ne sono 230. C’è una bella squadra e lascio una FIA in buona forma…”.

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