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F1 | Superlicenza: critiche gratuite per regole condivise

Il rifiuto della Superlicenza a Colton Herta da parte della FIA ha scatenato forti polemiche: tanto Zak Brown quanto Graham Rahal ritengono che sia necessario cambiare i criteri di assegnazione, proprio come Helmut Marko che voleva l'americano all'AlphaTauri. Peccato che a lamentarsi sia anche chi quelle norme ha contribuito a scriverle peccando di memoria molto corta. Ora è in funzione un sistema meritocratico che si può amche cambiare, ma attenzione a non peggiorare la situazione...

Zak Brown, CEO della McLaren

Foto di: Steven Tee / Motorsport Images

L’argomento Superlicenza FIA, ovvero la qualifica necessaria ad un pilota per correre in Formula 1, nelle ultime settimane è diventato un argomento di discussione.

Il primo rilascio di questa speciale licenza, richiesta solo per la massima categoria, risale agli anni ‘90, quando ai giovani piloti fu chiesto di completare un test di 300 km al volante di una Formula 1 alla presenza di delegati FIA.

Dopo piccoli ritocchi introdotti nel corso degli anni, la vera rivoluzione è arrivata nel 2016, sull’onda delle polemiche seguite all’esordio in Formula 1 di Max Verstappen, arrivato al debutto con la Toro Rosso a diciassette anni e con una sola stagione in monoposto alle spalle.

Oltre a porre la maggiore età come limite minimo, la FIA ha stabilito che per correre in Formula 1 un pilota debba aver ottenuto risultati rilevanti nelle formule propedeutiche nei tre anni precedenti alla presentazione della richiesta.

Colton Herta, Andretti Autosport w/ Curb-Agajanian Honda

Colton Herta, Andretti Autosport w/ Curb-Agajanian Honda

Photo by: Gavin Baker / Motorsport Images

Risultati che comportino il raggiungimento di 40 punti secondo quanto previsto da una tabella in cui sono riportati gli abbinamenti tra categorie e risultati conseguiti. La tabella vede il campionato FIA Formula 2 come la serie che assegna il maggior numero di punti, seguita da IndyCar, Formula 3, Formula E, e altre trenta categorie a seguire.

Tutto molto chiaro, e finalmente a prova d’eccezione, visto che alla fine si tratta pur sempre di una somma aritmetica. Il sistema non è stato oggetto di polemiche fino a qualche settimana fa, quando la presenza sul mercato piloti di Colton Herta (candidato ad un sedile in AlphaTauri in caso di partenza di Pierre Gasly in direzione Alpine) ha scatenato molte polemiche.

I risultati ottenuti dal pilota statunitense nell’ultimo triennio in Indycar (terzo nel 2020, quinto nel 2021 e decimo al termina della stagione appena conclusa) gli garantiscono trentadue punti, ovvero otto in meno del necessario. Da qui l’impossibilità di Herta di poter essere della partita il prossimo anno, e la conseguente polemica, alimentata da qualche pilota e team principal che hanno puntato il dito contro il regolamento.

Zak Brown, CEO McLaren Racing

Zak Brown, CEO McLaren Racing

Photo by: Motorsport Images

“Penso che l'intero sistema di assegnazione della Superlicenza debba essere rivisto – ha dichiarato Zak Brown - capisco che le regole sono regole e che non dovrebbero essere infrante, ma mi chiedo se siamo davanti a regole corrette. Un pilota del calibro di Herta, o del calibro di O’Ward, sono capaci di guidare una Formula 1, se Colton non è idoneo per una superlicenza, penso che dobbiamo rivedere il sistema”.

Opinione rispettabile quella di Brown, anche se a ben vedere Power, Dixon, Newgarden e Palou sono in possesso dei requisiti per chiedere la Superlicenza, a conferma che il sistema non taglia assolutamente fuori i piloti IndyCar.

La considerazione che emerge è legata però anche alla conoscenza delle novità introdotte anno dopo anno nel regolamento sportivo.

Mediamente poche squadre prestano attenzione ad aspetti che non sono di interesse nel momento specifico in cui vengono discussi, interesse che diventa di colpo molto alto quando ci si imbatte l’argomento specifico impatta con i propri piani.

Max Verstappen, Red Bull Racing

Max Verstappen, Red Bull Racing

Photo by: Alessio Morgese

“Non credo che Max Verstappen sarebbe stato idoneo per una Superlicenza con i criteri attuali – ha aggiunto Brown – così come Kimi Raikkonen. Quindi, se guardiamo indietro vediamo che ci sono stati un paio di ragazzi, diventati poi campioni del mondo, che non avrebbero ottenuto la superlicenza con le regole attuali”.

Una frase ad effetto, ma priva di sostanza. Il gioco del “se” non si sposa con lo sport. Se non fosse mai entrato in vigore il regolamento ibrido forse oggi sarebbe Sebastian Vettel ad avere sette mondiali e non Lewis Hamilton.

Ha senso riscrivere la storia a proprio uso e consumo? Il regolamento relativo alla Superlicenza è stato studiato, accettato ed approvato per mettere un freno a diversi aspetti che preoccupavano la FIA.

Il primo è stato quello di una progressiva corsa alla precocità che ha portato un pilota minorenne a correre in Formula 1, e per fortuna di Helmut Marko e della stessa FIA, Verstappen si è confermato all’altezza del compito.

Ma le polemiche che precedettero il suo esordio non furono poche, e a Max sarebbe bastato causare un incidente nelle prime due gare per finire in una spirale da cui probabilmente non sarebbe più uscito.

Il secondo aspetto che garantisce il regolamento attuale è puramente meritocratico. Il sistema a punti non promuove solo campionissimi, sia chiaro, ma non permette a piloti che nelle categorie minori si sono confermati lontani dalla lotta per la vittoria di poter farsi strada con supporti finanziari.

È una sorta di garanzia che consente di non vedere in Formula 1 piloti inadeguati, come accaduto in passato. Mettere su carta il buon senso non è un esercizio semplice. Se un pilota alla fine di un Gran Premio risulta sottopeso di 100 grammi è automaticamente squalificato, anche se molto probabilmente non è un etto di peso ad aver inciso sulla performance. Serve però tirare una riga tra ciò che si può e ciò che non si può fare, ed anche la tabella che assegna i punti per la Superlicenza ha posto un valore limite.

Graham Rahal, Rahal Letterman Lanigan Racing Honda

Graham Rahal, Rahal Letterman Lanigan Racing Honda

Photo by: Michael L. Levitt / Motorsport Images

Cosa che a quanto pare non piace a Graham Rahal, lasciatosi andare ad un commento sui suoi social: “La F1 è uno sport d’elite e non ci vogliono (il riferimento è ai piloti statunitensi). Ricordatevelo. Vogliono i fondi delle aziende americane, il resto non interessa. È sempre stato così e sarà sempre così. A coloro che sostengono che Colton non si sia guadagnato l’opportunità, dico che sono fuori strada. Ha talento come e più degli altri, è un vincitore certificato. La F1 ha avuto per anni piloti paganti rispetto a cui Colton non ha nulla da invidiare. Questi sono i fatti”.

Tra i fatti c’è anche altro. Se Colton Herta avesse concluso il campionato 2022 in quarta posizione non ci sarebbe stato alcun problema, come problemi non ne avrebbero altri piloti statunitensi che hanno ottenuto risultati di rilievo.

Ma il pur talentuoso Herta ha vissuto una stagione difficile conclusa in decima posizione. Al di là del tirare in ballo le regole, anche questo ha inciso, come è stato in passato per altri piloti. Fare un’eccezione per Herta avrebbe delegittimato il sistema in vigore, e sarebbe stato uno schiaffo nei confronti di altri piloti che sono stati bloccati dal regolamento in vigore.

Se alla luce di questa vicenda si ritiene che l’attuale sistema sia da rivedere, la via è nota: discuterne in Formula 1 Commission, e poi proporla al Consiglio Mondiale. Stando però bene attenti a cosa si introduce, così da evitare lamentele postume.

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