F1 | Scontro FIA - FOM: ecco quali sono i contorni della guerra
La presa di posizione delle 10 squadre che hanno difeso Toto e Susie Wolff, dalle accuse che la FIA vuole sostenere in un'indagine della commissiome etica per un presunto conflitto di interessi, ha molto cambiato lo scenario. Vale la pena analizzare qual è lo scenario nel quale il dissidio fra Federazione Internazionale e promotore si è alimentato: scopriamo cosa c'è sullo sfondo. Come reagirà Ben Sulayem dopo lo smacco subito ieri?
La vicenda “Wolff” ha permesso di avere un quadro chiaro delle posizioni in campo. La partita in corso è destinata ad influenzare il futuro della Formula 1. La spettacolare presa di posizione delle dieci squadre, che ieri in una dichiarazione congiunta sui rispettivi canali social si sono schierate in difesa dei coniugi Wolff, ha ufficializzato gli schieramenti. Da una parte la Federazione Internazionale guidata dal presidente Ben Sulayem, dall’altra i dieci team compatti insieme a Liberty Media. In una faccenda ancora torbida, almeno questo aspetto è molto chiaro.
La presa di posizione delle squadre ha cambiato molto lo scenario, facendo crollare l’ipotesi che alla base dell’azione intrapresa dalla FIA ci fosse la spinta di uno o più team principal, come riportato da una testata media. Se ci si fida di quanto dichiarato pubblicamente da ognuna delle dieci squadre, di fatto non è così, quindi sarà interessante vedere quale sarà il prossimo passo della Federazione Internazionale.
Fermo restando che la FIA è ovviamente libera di agire in modo indipendente, è stata la stessa Federazione Internazionale ad aver citato delle “speculazioni mediatiche” come il motivo che ha innescato il procedimento. Ora che le speculazioni sono state smentite dai team principal, sarà interessante vedere se sarà avviata una vera e propria indagine (con un impianto accusatorio supportato da fatti e/o testimonianze che al momento non sono note) o se dopo le valutazioni iniziali l’intera faccenda sarà abbandonata.
Photo by: Erik Junius
Toto Wolff, Mercedes
Il caso “Wolff” è l’ennesimo capitolo di una ‘guerra fredda’ in atto tra il presidente FIA Ben Sulayem e Liberty Media. Il nuovo corso della Federazione Internazionale punta ad avere un ruolo primario nella gestione della Formula 1, andando oltre le responsabilità regolamentari dello sport. C’è però un vincolo che non permette alla FIA di avere voce in capitolo negli aspetti commerciali, fissato nel “100 Year Agreements”, ovvero l’accordo stipulato nel 2001 tra la FIA (guidata ai tempi dal presidente Max Mosley) e la SLEC Holdings Limited di Bernie Ecclestone. La Federazione internazionale più di vent’anni fa ha ceduto alla SLEC i diritti commerciali del campionato mondiale di Formula 1 per 100 anni (dal 2011 e il 2110) con una contropartita di 313 milioni di dollari.
La palla è passata a Liberty Media nel 2016 con l’acquisto dei diritti commerciali per 4,6 miliardi di dollari (accollandosi anche dei debiti pendenti per oltre 3 miliardi) mentre nel 2021 la presidenza della FIA è passata da Jean Todt a Ben Sulayem. Quest’ultimo ha subito confermato di non voler sottostare ai ruoli delle gestioni precedenti, rivendicando una carica centrale anche nel contesto della Formula 1. Tutto questo mentre Liberty Media è riuscita ad incrementare notevolmente i ricavi del campionato, rilanciandone il valore commerciale a tal punto che lo scorso mese di gennaio erano emerse delle voci in merito ad un fondo Saudita interessato a rilevare il pacchetto in possesso di Liberty Media per 20 miliardi di dollari.
In quel frangente è emerso anche l’approccio di Ben Sulayem, intervenuto sulla vicenda con una dichiarazione pubblica nella quale ha definito inappropriato il prezzo di 20 miliardi. La reazione di Liberty Media è stata immediata, con l’invito al presidente FIA a non intromettersi in faccende estranee alla sua area di competenza. Il problema è proprio qui, nella visione di Ben Sulayem l’area di competenza della Federazione Internazionale va oltre quella gestita dai suoi predecessori, e vuole avere voce in capitolo anche in aree dove l’attuale suddivisione dei ruoli non lo permette.
Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images
Michael Andretti
Diversa è la questione ‘Andretti’. È competenza della FIA valutare eventuali candidature di nuove strutture che richiedono la possibilità di entrare in Formula 1, ed è ciò che la Federazione Internazionale ha fatto ammettendo il team Andretti. La FIA non ha però resistito alla tentazione di diffondere una dichiarazione pubblica con la quale ha passato platealmente la patata bollente a Liberty Media. Se il detentore dei diritti commerciali accetterà l’ingresso del team Andretti farà una scelta contraria alla volontà delle dieci squadre presenti oggi nel campionato, viceversa boccerà la candidatura di una squadra statunitense supportata da una Casa statunitense come fornitrice di power unit. Per un’azienda che ha sede in Colorado non sarebbe un’operazione molto popolare.
Al di là dei diretti interessati, la guerra FIA-Liberty vede una grande parte del paddock nelle vesti di spettatore molto interessato ma di fatto impotente. Saltuariamente riemerge l’ipotesi di una scissione, l’antico progetto GP1, di fatto il termometro delle relazioni tra la Federazione e il detentore dei diritti. Quando il rapporto è critico riemerge sempre questa idea, quando viene accantonata vuol dire che le relazioni sono buone. È una minaccia sventolata da chi è consapevole che si tratta di un progetto irrealizzabile. Se la Formula 1 è sopravvissuta per 74 anni vuol dire che tutto sommato l’equilibrio funziona, pur tra alti e bassi.
L’idea di una gestione senza una controparte vivrebbe un’euforia iniziale per poi sciogliersi alle prime difficoltà. Serve mediazione, ed è questo il campo sul quale la FIA di Ben Sulayem sembra avere i suoi limiti maggiori. È vero che la Formula 1 è una categoria FIA, ma è anche vero che la FIA senza i fondi che riceve annualmente dalla Formula 1 sarebbe costretta a chiudere i battenti, o a un profondo ridimensionamento che di fatto la snaturerebbe. Le due parti sono costrette a convivere, e se non troveranno il modo di farlo saranno gli attori protagonisti della vicenda a rimetterci di più. Il sistema si garantirà una nuova possibilità con volti nuovi attorno al tavolo.
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