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Intervista

Sainz: "Per diventare vincente devo curare i dettagli"

Alla Festa dei Caschi di Autosprint lo spagnolo ricorda il crash di Sochi: "Stavo bene, ma ero preoccupato per chi mi stava guardando"

Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso

Foto di: XPB Images

Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso STR10
Max Verstappen, Scuderia Toro Rosso STR10 leads Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso STR10
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso STR10
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso STR10
Daniil Kvyat, Red Bull Racing RB11 e Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso STR10 alla partenza della
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso STR10
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso STR10
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso
Carlos Sainz Jr., Scuderia Toro Rosso

Festa dei Caschi di Autosprint. Una storia di 50 anni iniziata nel 1966 che ha toccato la quinta decade a Milano nella sede della Pirelli. Sul podio sono saliti anche padre e figlio. Piloti entrambi. Il passato e il futuro. Due generazioni a confronto: papà Carlos insegue un altro successo alla Dakar con la Peugeot, mentre Carlito Sainz guarda alla seconda stagione in Formula 1 con la Toro Rosso dopo l’ottimo debutto con la squadra faentina nella stagione appena conclusa. Il giovane 21enne ragiona con la maturità che potrebbe essere quella del “Matador” dei rally. Con OmniCorse.it si è aperto in una chiacchierata che è andata oltre l’analisi del debutto nel Circus.

“E’ la prima Festa dei Caschi e spero non sia l’ultima. Quando ero piccolo vedevo mio padre leggere Autosprint e ora mi fa piacere ricevere un premio: magari sarò qui anche l’anno prossimo”.

La Toro Rosso ha scelto il motore Ferrari per il 2016: quanto condizionerà la nascita della STR11 l’accordo che è stato siglato molto tardi rispetto al solito?
“La scelta a mio modo di vedere è positiva e ci permetterà di fare un passo avanti. Magari non all’inizio della stagione visto che il contratto è stato firmato molto tardi, ma conto che la power unit Ferrari ci possa dare qualche decimo al giro. Ed è quello di cui abbiamo bisogno”.

Disporre di un motore in specifica 2015 non è un limite alla crescita delle prestazioni?
“Sinceramente non lo so. Non ho la più pallida idea di quale salto di qualità siano ancora in grado di fare i motori ufficiali di Mercedes e Ferrari. Spero che non sia un grande passo perché penso che gradualmente la soglia di sviluppo dei propulsori si avvicini al limite e la crescita sia meno netta di quanto sia stato fino a oggi. Se il salto sarà minore di quello visto fra il 2014 e 2015, allora non ci sarà una gran differenza. E, comunque, noi faremo un grosso balzo in avanti, per cui non ci sarà più la differenza che abbiamo visto in questa stagione”.

Avete l’ambizione di stare davanti alla Red Bull Racing visto che disporrete di una power unit più competitiva di quella Tag Heuer (Renault)?
“Non è affatto scontato, perché la Red Bull nella seconda parte della stagione ha scoperto quale poteva essere l’effettivo potenziale della RB11, per cui erano cinque o sei decimi al giro davanti a noi. Dovremmo fare un salto di qualità più grande e sarà difficile chiudere il gap solo con il motore Ferrari. Non solo, ma a Milton Keynes dispongono del triplo delle nostre risorse ed è facile prevedere che il lor sviluppo sulla monoposto possa essere migliore di quanto potremo fare noi alla Toro Rosso. Magari potremmo essere vicini a loro all’inizio, ma poi quando partirà il lavoro di sviluppo torneranno davanti. Vedremo cosa succederà: sarà interessante dove potremo inserirci con il propulsore di Maranello. Magari potremmo avvicinarci alla Force India e alla Williams…”.

Come giudichi la stagione 2015 della Toro Rosso?
“Siamo stati più competitivi all’inizio del campionato. In Australia, prima di avere un problema tecnico, ero quinto alla mia prima gara. In Malesia, dopo un errore in qualifica che non mi ha permesso di fare meglio di quindicesimo in griglia, sono risalito fino all’ottavo posto, mentre in Spagna nello schieramento eravamo quinto e sesto e a Monaco non è andata molto peggio. L’avvio della stagione è stato positivo, ma Ferrari e Mercedes hanno continuato a sviluppare il motore, mentre noi siamo rimasti dove eravamo perché la Renault non ha portato evoluzioni e il distacco è via via cresciuto”.

La rivalità con Max Verstappen come l’hai vissuta? Ti condiziona avere un compagno di squadra così giovane e forte?
“Quella fra di noi è una rivalità… sana. Lui sa che io sono forte, ma io sono consapevole che anche lui è molto forte, quindi c’è un grande rispetto uno dell’altro. È chiaro che ciascuno cerca di stare davanti all’altro, ma queste sono le competizioni…”.

Collaborate nella messa a punto della monoposto?
“Sì, specie nei test invernali. Sappiamo perfettamente che per far crescere la macchina dobbiamo dare il nostro massimo scambiandoci le informazioni e dando una sola linea di sviluppo. La fortuna è che abbiamo due stili di guida molto simili per cui il dialogo con i tecnici è stato più facile. Credo che anche questo sia stato un valido motivo per cui all’inizio del mondiale avevamo una buona monoposto”.

Cosa ti ha lasciato il terribile “botto” di Sochi quando ti sei incastrato sotto alle barriere di protezione?
“Credimi, per voi che avete visto l’incidente in tv deve essere stato più spaventoso di quanto lo sia stato per me. Dopo l’impatto avevo capito subito di essere rimasto incolume. E allora non mi sono preoccupato…”.

Non ti ha spaventato l’idea di non poter uscire dall’abitacolo?
“No, ero piuttosto tranquillo. Dopo un quarto d’ora bloccato nella macchina ho cominciato ad agitarmi. Non tanto per me, io sapevo di essere ok, quanto per la squadra e per la mia famiglia che era a Madrid: non riuscivo a comunicare perché la radio si era rotta e immaginavo quale potesse essere la loro agitazione non avendo informazioni. La mia ansia, quindi, era solo quella di tranquillizzare chi si stava preoccupando per me in quei momenti”.

Un incidente così lascia qualche scoria al pilota?
“No, le uniche domande che ci si pone è sulla sicurezza: cosa si può fare ancora per migliorare la protezione del pilota. Si può dare il proprio feedback sull’incidente, ma l’esperienza non ha lasciato alcuna scoria in me. La cosa migliore per dimenticare un crash così è tornare in pista il più in fretta possibile per dimenticare tutto. E così è stato…”.

Sapere che il tuo nome e quello di Max sono sul taccuino della Ferrari come quelli di piloti interessanti per il futuro aumenta la pressione in vista della prossima stagione?
“La pressione in F.1 c’è sempre. E poi non è facile essere parte di un programma giovani della Red Bull perché le aspettative sono sempre alte. Il 2016 sarà una stagione importante, di conferma dopo le buone cose mostrare quest’anno. Il mio obiettivo, comunque, è quello di meritarmi un posto in Red Bull Racing. Dopo la Toro Rosso spero sia quella la mia destinazione. Credo di dover dare ancora molto alla Red Bull che ha creduto e investito in me quando ero molto giovane. Vorrei ripagarli con un titolo mondiale. Poi si potrà eventualmente parlare di altre cose…”.

In quanto tempo pensi di voler arrivare al vertice della Formula 1?
“Non si può dire. Dopo un anno di esperienza non ho ancora imparato… niente. In Formula 1 non si finisce mai di crescere. Ho solo 21 anni e posso maturare sia come pilota che come uomo. Conto di migliorare con il passare del tempo, ma è impossibile fare delle previsioni sul futuro. Bisogna essere al posto giusto nel momento giusto sulla macchina competitiva. Magari nel 2017 esaudisco il sogno di passare alla Red Bull, proprio nell’anno in cui la Toro Rosso azzecca la macchina vincente. La Formula 1 cambia più in fretta di quanto possa sembrare. L’unica cosa che posso fare è prepararmi al meglio per essere pronto se e quando dovesse arrivare una possibilità”.

È vero che il coraggio non è più una qualità necessaria a un pilota vincente come in passato?
“Non è vero, la gente non ha la percezione di quale sia la soglia di difficoltà di queste monoposto. La tv evidentemente non rende l’idea, forse perché le piste con vie di fuga in asfalto molto grandi sembrano molto sicure. In realtà dopo l’incidente di Sochi sono stato visto come un… eroe. Spero che non si debba arrivare a crash come il mio per far capire agli appassionati che siamo dei coraggiosi! Credimi a 300 km/h si rischia ancora la vita”.

Intanto si pensano monoposto per il 2017 in grado di girare cinque secondi più veloce…
“Credo che sia giusto provare a incrementare le prestazioni. Il giro più veloce in gara è di circa sette secondi al giro più lento rispetto al 2004. E oggi disponiamo di tracciati più sicuri per cui è scontato che si debba andare più forte. Se mi chiedi in che modo si possa raggiungere il risultato, la risposta non è facile. Perché se si incrementa troppo l’aerodinamica diventa impossibile superare. Bisogna aumentare il grip meccanico…”.

È valida l’idea di allargare le monoposto e le gomme?
“Sì, bisogna aumentare il grip, ma non la downforce”.

Parli perché hai vissuto l’esperienza della World Series by Renault dove la downforce era forse maggiore a quella della F.1?
“Parlo per esperienza: in World Series i sorpassi erano quasi impossibili. Le sette vittorie che conquistato nel 2014 erano frutto della pole position: scattavo in testa e andavo via, ma non credo di essere la persona più adatta per esprimere dei giudizi sul come cambiare le regole”.

E se si spegnesse la radio cambierebbe qualcosa nella gestione della corsa non avendo le informazioni dell’ingegnere di pista?
“No, perché avremmo il pit board come fonte di informazione per sostituire la radio. I problemi potrebbero emergere sull’affidabilità del motore: durante un Gp mi faranno fare ottanta regolazioni sulla power unit e sarebbe complicato eseguirle tutte senza il supporto radio dell’ingegnere. In ogni giro di pista, mediamente, si devono effettuare almeno tre settaggi diversi. In ogni rettilineo si agisce sui manettini…”.

Ma a volte si sbagliano le regolazioni?
“Lo ammetto, nei test invernali quando si hanno nuove procedure capita di sbagliare. Durante la stagione, invece, i movimenti diventano quasi automatici. Sbagliare la ripartizione di frenata di una tacca può costare un paio di millesimi, ma la ricerca in Formula 1 porta a migliorare le prestazioni anche per pochi millesimi. Parliamo di grandezze che non sono percepibili”.

Nei test invernali non eri sembrato troppo brillante nel confronto con Max Verstappen. Poi nell’ultima sessione di Barcellona è venuto fuori un tempo molto confortante…
“Non sono mai stato preoccupato per il fatto che non venissero i tempi nei test invernali. Sapevo che tipo di gomme montavo, come sapevo quanto carburante avevo a bordo o che regolazioni stavamo provando. Chi osservava mentre giravo non poteva sapere che potenza stessi sfruttando o che guai di affidabilità avessi, ma in ogni momento ero consapevole che sarebbe bastato mettere tutto insieme per vedere una bella prestazione. E così è stato nell’ultima sessione in Catalunya. È chiaro che stampare un buon tempo aiuta a far stare tranquillo chi ti sta intorno: quest’anno siamo andati spesso in Q3 ed è stata una bella soddisfazione”.

Come vedi il campione del mondo che si concede un modo di vivere da rock star da una parte all’altra del mondo?
“Non saprei. Lewis ha un modo di vivere che è completamente diverso dal mio. Io le sue cose non le ho mai fatte, ho un approccio diverso alla F.1 e credo che sia quello più giusto per un debuttante nei Gp. Avrei voluto vedere Hamilton se al primo anno alla McLaren avrebbe potuto concedersi uno stile di vita come quello di oggi. Se lo è guadagnato con i risultati, con il suo palmares, ma non rientra nel mio carattere. Mi diverto durante l’inverno e non durante la stagione”.

Quali sono i colleghi che rispetti di più?
“Ovviamente tantissimo per Fernando, ho tantissimo rispetto per il talento di Hamilton. E mi ha sorpreso molto Vettel per quello che è riuscito a fare quest’anno: ha vissuto una stagione davvero consistente. Mi piace anche Ricciardo”.

E chi ti ha deluso?
“Preferisco non dirlo, non vorrei far montare delle polemiche”.

Sono più di uno?
“Si, sono due o tre”.

Qual è l’aspetto più difficile della Formula 1?
“Bisognerebbe sempre guardarsi dietro per quello che si è fatto analizzando i propri risultati, le qualifiche e le gare. La Formula 1, invece, non è così. Nel Circus la differenza la fanno i piccoli dettagli. E sono stati tanti piccoli dettagli, specie quando sei in un team di metà gruppo, che possono fare grandi differenze: nei pit stop, nelle scelte delle gomme. Spesso fra quello che potresti fare e quello che hai fatto la differenza è grande. È per questo che è mia intenzione curare di più i minimi dettagli che costruiscono una prestazione”.

In che modo?
“Cerco di avere tutto sotto controllo. Mi rendo conto che è una cosa non facile, ma ci provo. Vorrei trovarmi nella posizione di poter sempre prendere le decisioni”.

Anche nelle strategie?
“Non le decido io, è ovvio. Ma ascolto con attenzione cosa mi viene proposto e cerco di informarmi per esprimere il mio parere”.

In stagione hai preso dei rischi nelle scelte?
“Certo. E ho anche fatto degli errori. In Cina, per esempio, ho montato un treno di medium nel primo stint e non c’era il minimo grip. Ho provato a fare le mie scelte, sempre in accordo con la squadra. Ha fatto degli sbagli, ma ho imparato tantissimo…”.

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