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Formula 1 GP del Belgio

F1 | Sainz: ecco perché si sono chiuse le porte dei top team

Dopo che la Ferrari aveva annunciato l'arrivo di Hamilton a Maranello nel 2025, Carlos è stato il pezzo pregiato del mercato: lo spagnolo è stato in ballo con Mercedes, Red Bull e Aston Martin, ma alla fine ha firmato con la Williams. Scopriamo quali sono le ragioni che hanno tenuto il madrileno lontano da una squadra top. Almeno per ora...

Carlos Sainz, Scuderia Ferrari

Carlos Sainz, Scuderia Ferrari

Foto di: Steven Tee / Motorsport Images

Ora che l’accordo tra Sainz e Williams per il 2025 è stato ufficializzato, ci sono diverse valutazioni che vengono a galla. Sono passati sei mesi da quando la Ferrari ha ufficializzato l’ingaggio di Lewis Hamilton, e l’arrivo a Maranello del sette volte campione del mondo ha avuto, come primo effetto, l’ingresso forzato di Carlos Sainz sul mercato piloti.

Dallo scorso 1° febbraio il management dello spagnolo ha iniziato un lungo e meticoloso lavoro fatto di incontri e colloqui più o meno approfonditi per assicurare a Sainz un futuro in Formula 1. Dopo sei mesi, Carlos ha dovuto mettere nero su bianco, una scelta forzata che non è in linea con le sue aspirazioni. L’avventura con la Williams potrebbe stupire, ma oggi (almeno sulla carta) rappresenta un drastico ridimensionamento delle sue ambizioni, almeno nel breve periodo.

Le opportunità, però, ci sono state. A differenza dello scorso anno tutti i top team hanno dovuto ridiscutere la posizione di almeno un pilota, eppure Sainz è rimasto fuori dai giochi. Perché? Se lo chiedono tanti appassionati e anche non pochi addetti ai lavori. Possibile che un pilota reduce da tre stagioni in cui ha vinto Gran Premi e frequentato il podio con regolarità non sia stato oggetto di attenzioni da parte di Red Bull, Mercedes ed Aston Martin? Quali sono i motivi? È un puzzle complesso.

Prima di passare ai singoli scenari, c’è un aspetto da sottolineare presente in tutti i top team. Nelle squadre di vertice ogni attività è pianificata con largo anticipo, le decisioni vengono ponderate a lungo ed una volta prese difficilmente vengono modificate.

I team sono passati dall’essere aziende medio-piccole con un responsabile spesso proprietario della squadra stessa, a volumi di un’azienda di media grandezza, con leadership strutturate e una programmazione a tutto campo che ha tolto molta elasticità. Ne consegue che se una variabile improvvisa arriva sul mercato (come nel caso di Sainz) l’opportunità non sempre viene colta perché comporterebbe un cambio di programmazione.

Andrea Kimi Antonelli, Prema Racing

Andrea Kimi Antonelli, Prema Racing

Foto di: Zak Mauger / Motorsport Images

Il sogno Verstappen, il progetto Antonelli

Entrando nel primo caso, ovvero la Mercedes, la gestione aziendale ha avuto un ruolo. La candidatura di Sainz al posto di Hamilton è stata data per certa dall’esterno, ma in realtà Carlos ha fatto solo una breve apparizione nell’agenda di Toto Wolff. Il primo motivo è che il team principal della Mercedes sperava (e continua a sperare pur sapendo che siamo nell’ordine del 1%) nel divorzio tra Verstappen e la Red Bull. Firmare Sainz in anticipo avrebbe comportato la chiusura definitiva delle porte a Max, e Wolff non aveva intenzione di farlo.

C’è poi l’aspetto ‘programmazione’ che coinvolge Antonelli. Kimi è legato contrattualmente alla Mercedes dal 2018, e il suo ingresso nel programma junior ha comportato un investimento non indifferente. La carriera di Antonelli è stata programmata da tempo e l’esordio in Formula 1 è una tappa fondamentale del percorso.

Quando lo scorso mese di gennaio Hamilton ha comunicato alla Mercedes la conclusione del loro rapporto a fine stagione, Wolff non ha avuto dubbi, programmando un intenso programma di test per Antonelli con la monoposto 2022 (iniziato due mesi fa) che si concluderà in autunno. Un investimento di diversi milioni di euro che si giustifica solo con un motivo. Valutare la candidatura di Sainz avrebbe significato cambiare i piani, rivedere punti fermi fissati da tempo e rischiare di vanificare l’investimento nel programma junior.

Max Verstappen, Red Bull Racing

Max Verstappen, Red Bull Racing

Foto di: Red Bull Content Pool

Salvare il programma junior e la confort-zone di Max

Anche in casa Red Bull il programma junior ha avuto un peso, pur se minore. Sainz è stato sotto l’ala di Helmut Marko dal 2010 al 2017, quando fu accompagnato all’uscita (direzione Renault) per mancanza di sbocchi.

Dopo anni floridi, in cui il serbatoio Red Bull Junior ha assicurato l’arrivo in Formula 1 di Daniel Ricciardo, Sebastian Bueni, Daniil Kvyat, Jean-Eric Vergne, Max Verstappen e Pierre Gasly, il sistema di è inceppato. Oltre a Verstappen oggi le tre monoposto della famiglia Red Bull sono portate in pista da Sergio Perez, Yuki Tsunoda (vivaio Honda) e il cavallo di ritorno Ricciardo. Marko ovviamente può contare su un enorme dividendo di fiducia assicuratogli dalla presenza di Max, ma da anni il vivaio di fatto si è inceppato e questo aspetto non passa inosservato.

Attingere nuovamente al mercato esterno (come accaduto per Perez) avrebbe significato un altro colpo a vuoto del programma junior. Sainz è un ex, ma questo non cambia lo stato delle cose: è stato un giovane del vivaio ma oggi non lo è più.

La speranza di Marko è Liam Lawson e l’eventuale rimpiazzo di Perez sarà un’operazione interna, con il ritorno di Ricciardo in Red Bull, e di Lawson nel team di Faenza. Un eventuale ingresso di Sainz (con un contratto biennale) al posto di Perez, avrebbe nuovamente chiuso le porte del team di riferimento per Lawson ed anche per Tsunoda. C’è poi anche il quieto vivere dopo la tempesta dello scorso inverno, in questo momento creare intorno a Verstappen la migliore delle confort-zone è fondamentale e in quest’ottica le figure dei piloti già sotto contratto si incastrano meglio di quella di Sainz.

Fernando Alonso, Aston Martin F1 Team

Fernando Alonso, Aston Martin F1 Team

Foto di: Zak Mauger / Motorsport Images

Alonso è l’alibi perfetto per Lance

L’ultimo ‘no’ che ha dovuto incassare Sainz è stato quello di Aston Martin. Sulla carta lo ‘swap’ Alonso-Carlos sembrava la scelta più logica: ringraziare con onore un gran pilota (oggi quarantatreenne) e dare il benvenuto ad un ventinovenne affamato di rivincite. Nessuno avrebbe gridato allo scandalo. La scelta di Lawrence Stroll è stata però diversa ed in linea con la sua visione.

Da quando Lance è arrivato in Formula 1 il padre ha sempre voluto che al suo fianco ci fosse un pilota più avanti con gli anni e di grande esperienza. Una sorta di scudo per poter giustificare con il diverso status un’eventuale differenza di performance.

All’esordio in Williams al fianco di Lance c’era Felipe Massa, in Racing Point (diventata poi Aston Martin) si sono susseguiti Sergio Perez, Sebastian Vettel e Fernando Alonso. La figura di un giovane pilota non è mai stata la benvenuta da quando Stroll Sr. si è insidiato nella sede di Silverstone e il curriculum di Sainz (‘solo’ quattro anni più anziano di Lance) non si sposava bene con l’identikit richiesto: la figura di Carlos è stata valutata troppo concorrenziale nei confronti di Lance.

Davanti alla prospettiva di ritrovarsi dietro il compagno di squadra meglio che quest’ultimo sia molto più avanti con gli anni e magari con un palmares di primissimo livello, ovvero il ritratto perfetto di Fernando Alonso.

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