F1 | Qatar: stint obbligati, ma nelle strategie c’è stata fantasia
Il Gran Premio del Qatar verrà ricordato come uno degli appuntamenti più controversi degli ultimi anni, sia per le condizioni in cui si è corso, sia per le misure di emergenza adottate prima della gara che hanno imposto una lunghezza massima degli stint fissata in 18 giri. Anche se ciò ha sostanzialmente portato a tre soste obbligatorie, gli ingegneri dei team hanno ragionato con fantasia sul piano tattico, individuando tre grandi filoni. Osserviamo come hanno reagito le squadre ai limiti imposti dalla FIA per comprendere come si sono mosse a livello strategico.
Il Gran Premio del Qatar è andato in archivio come uno dei weekend più controversi degli ultimi anni, specie per i tanti temi che hanno acceso profonde riflessioni sugli eventi della tappa di Lusail e su come determinati aspetti dovrebbero essere affrontati in futuro.
Tra i tanti punti che hanno fatto discutere ci sono anche le misure di emergenza annunciate dalla FIA e Pirelli poche ore prima dell’inizio della gara, con l’inserimento di un limite massimo di 18 giri per stint che hanno di fatto portato a tre soste obbligatorie per concludere tutte le 57 tornate originariamente previste.
Una misura di sicurezza imposta dopo i problemi agli pneumatici riscontrati al venerdì sera dai tecnici della casa milanese che, durante le consuete analisi, avevano individuato delle microlesioni con un principio di separazione tra la mescola e la carcassa sulla spalla delle coperture esaminate. Segnali che hanno spinto Pirelli a procedere con cautela, perché sulla lunga distanza quelle lesioni avrebbero potuto portare a una perdita improvvisa di pressione, mettendo quindi a rischio i piloti.
Pneumatici Pirelli
Photo by: Lionel Ng / Motorsport Images
Per quanto sulla carta il limite dei 18 giri abbia imposto delle tattiche di gara standard rispetto a quanto avviene solitamente, mettendo tutti i team sullo stesso piano, in realtà ha influenzato in maniera interessante le strategie delle varie squadre. Da una parte a pesare è stato il fatto che molte squadre non avevano tre set nuovi con cui completare per intero tre dei quattro stint previsti, in quanto per le gomme usate sono stati applicati dei parametri differenti: dalle 18 tornate massime concesse sono stati scalati i passaggi già completati, ma senza contare gli out-lap e gli in-lap, esclusi dal conteggio.
Al di là di questo aspetto, i team hanno ragionato anche su altre numerose variabili, come il possibile ingresso di una Safety Car o Virtual Safety Car, che avrebbero potuto cambiare radicalmente il Gran Premio sia in positivo che in negativo. Nel complesso, le misure imposte dalla FIA hanno comunque permesso agli strateghi di ragionare con fantasia sui possibili scenari di gara, generando tre principali filoni strategici.
Red Bull e McLaren hanno seguito approcci differenti
“Penso che, prima di tutto, la strategia del leader [Verstappen] non sia stata ottimale dal punto di vista del tempo di gara, ma si fa perché è la strategia più sicura se si aggiunge il margine. Lo fai perché ti protegge da una Safety Car nella parte conclusiva della corsa, quindi il fatto che abbiano adottato una strategia che fa perdere tempo è un elemento lusinghiero”, ha spiegato Andrea Stella al termine della gara per illustrare le differenze strategiche tra Red Bull e McLaren.
Infatti, non tutti i team hanno ragionato allo stesso modo, basandosi prevalentemente sulla tipologia di treni ancora a disposizione e sulla fase di gara da coprire. Ad esempio, prima della corsa Verstappen poteva contare due set nuovi (uno di medie e uno di hard) e due treni di gomme medie che potevano percorrere ancora 17 tornate ciascuno, dando così ampia libertà tattica. Dall’altra parte, i due piloti della squadra di Woking avevano due set nuovi (uno di medie e uno di hard), ma anche due treni di gomme a banda gialla che potevano percorrere rispettivamente 13 e 14 passaggi, lasciando un delta superiore di soli 6 giri rispetto alla distanza massima di gara.
I giri che può fare ogni set di gomme di ciascun pilota
Red Bull ha cercato di massimizzare per quanto possibile la durata di ogni set a disposizione, pensando a due possibili scenari: da una parte riuscire a togliersi dal traffico nella prima parte del Gran Premio, dall’altra proteggersi da una possibile Safety Car nell’ultima fase della corsa. Nel caso la vettura di sicurezza fosse uscita dal 39° giro in poi, Verstappen sarebbe potuto tornare ai box potenzialmente senza perdere posizioni e con l'opportunità di montare un treno di coperture a banda gialla con cui arrivare sino al traguardo. Tuttavia, sotto un certo punto di vista questo approccio ha sia favorito che sfavorito Verstappen.
Per comprendere come, è interessante effettuare un confronto con Oscar Piastri, il quale ha preso il via su un set usato con cui poteva completare al massimo quattordici giri. Una decisione presa anche pensando alla necessità di coprire quella finestra che andava dall’ottavo giro fino alla prima sosta, in cui un'eventuale ingresso della vettura di sicurezza avrebbe comunque permesso di concludere la gara senza la necessità di doversi fermare una quarta volta. Infatti, nel caso i due piloti del team britannico fossero partiti con un treno nuovo, sarebbero rimasti esposti fino al dodicesimo giro, perché con i tre set restanti avrebbero potuto coprire massimo 45 tornate. Questa scelta li ha però esposti anche a un altro problema, quello del traffico.
Con la vettura di sicurezza rimasta in pista fino al quarto giro, Piastri non ha avuto abbastanza tempo per creare un gap sufficiente che gli permettesse di non rientrare nel traffico dei piloti di centro gruppo. Non a caso, dopo il suo pit stop l'australiano si è ritrovato in tredicesima posizione, dovendo quindi destreggiarsi tra diverse vetture.
Max Verstappen, Red Bull Racing RB19, Oscar Piastri, McLaren MCL60, Fernando Alonso, Aston Martin AMR23
Photo by: Sam Bloxham / Motorsport Images
Se prima della sua sosta l’australiano della McLaren si trovava a meno di tre secondi da Verstappen, il quale era comunque consapevole che avrebbe avuto ancora altri giri da percorrere prima di fermarsi, nel momento in cui l’olandese è rientrato per il suo pit stop quel distacco è aumentato fino a sette secondi e mezzo. Un incremento dovuto sia alla possibilità del pilota della Red Bull di continuare a girare in aria libera su un buon passo, sia al fatto che Piastri sia invece stato costretto a dover superare diverse monoposto prima di poter risalire la classifica fino al secondo posto.
Tuttavia, con il disgregarsi del gruppo nel resto della gara, l’approccio scelto dalla McLaren ha mostrato anche i propri effetti positivi. Nel momento della sua seconda sosta, i distacchi più ampi nella midfield hanno dato la chance di spingere senza doversi preoccupare eccessivamente del traffico: ciò ha permesso a Piastri di recuperare qualche secondo sul leader della corsa, passando da uno svantaggio di 8 secondi e mezzo a un gap di sei secondi e mezzo. È proprio in questo momento che la differenza tra le due strategie si è fatta ancor più significativa. Considerando la tattica scelta dalla Red Bull, era chiaro che per difendersi da una Safety Car nell’ultima parte di gara la squadra di Milton Keynes fosse costretta a montare la hard nel terzo stint, quello successivo alla seconda sosta, mentre McLaren aveva scelto di mantenere il compound più duro proprio per la fase conclusiva della corsa.
È proprio intorno a questa fase della corsa che il muretto ha chiesto Verstappen di migliorare il passo, perché il team era consapevole degli scenari che avrebbe potuto affrontare: nei giri successivi, infatti, il tre volte campione del mondo è stato in grado di estendere il proprio vantaggio fino a oltre dieci secondi. Facendo delle proiezioni sul possibile andamento della corsa, Red Bull era consapevole non solo che l’olandese nella parte conclusiva del suo stint sulla hard avrebbe incontrato il traffico dei doppiati, ma anche che Piastri su gomma nuova dopo la sua terza e ultima sosta sarebbe stato in grado di chiudere parzialmente il gap.
PRE PRIMA SOSTA | POST PRIMA SOSTA | PRE SECONDA SOSTA | POST SECONDA SOSTA | PRE TERZA SOSTA | POST TERZA SOSTA | |
GAP VER-PIA | 2,5s | 7,5s (con traffico per Piastri) | 8,5s | 6,3s | 10,5s | 3,8s |
Infatti, proprio in quei nove giri che hanno diviso la sua sosta da quella di Verstappen, l’australiano è poi riuscito a ridurre il gap da dieci a circa quattro secondi: un vantaggio chiaramente sufficiente per l’olandese per gestire con serenità i passaggi che lo dividevano dalla bandiera a scacchi, data anche la gomma nuova più soffice, ma dall’altra aiuta a comprendere il perché da un certo punto della corsa in poi Red Bull abbia chiesto al proprio pilota di incrementare il ritmo.
Alpine tradita dalla Safety Car iniziale
Se il primo filone strategico è rappresentato dalla necessità di massimizzare il numero di giri con i vari set per coprire l’eventualità di una Safety Car sul finale, dall’altra la seconda corrente di pensiero è stata quella di montare i set con meno giri a disposizione nella prima parte di gara. Un approccio che hanno seguito diverse squadre, tra cui le McLaren e Alpine.
Così come per le due vetture della squadra di Woking, anche per il team francese l'ingresso della vettura di sicurezza nei primissimi giri ha complicato notevolmente la corsa, perché la decisione degli ingegneri era stata quella di montare il set che avrebbe potuto percorrere meno giri tra quelli a diposizione, escludendo ovviamente la soft. Il problema è che, nel loro caso, questa strategia non poteva coprire una Safety Car quantomeno fino al sesto giro, perché con gli altre set di medie e hard a disposizione i due piloti avrebbero potuto percorrere al massimo altre 51 tornate.
Pierre Gasly, Alpine A523
Photo by: Steven Tee / Motorsport Images
Se la Safety Car fosse entrata dal sesto giro in poi, le due A523 avrebbero potuto fare il loro ritorno ai box per sostituire gli pneumatici risparmiando anche il tempo di una sosta, perché si sarebbero ricongiunti immediatamente al gruppo. Al contrario, la neutralizzazione immediata della corsa ha permesso a coloro che avevano 3 treni nuovi di rientrare al termine del terzo passaggio, di fatto facendo pesare in termini cronometrici solo due soste.
Ciò ha messo in crisi Alpine che, essendo tra le prime squadre costrette a fermarsi, si è poi ritrovata incastrata nel traffico dopo la sua prima sosta, perdendo diversi secondi. Ciò lo si può notare soprattutto dal confronto con Bottas, tra quei piloti che si sono fermati proprio nei primi tre giri: sotto la bandiera a scacchi, il margine tra Esteban Ocon e il finlandese dell’Alfa Romeo è stato di soli cinque secondi, indubbiamente pochi rispetto al potenziale che Alpine aveva mostrato nel corso del fine settimana.
Peggio è andata al compagno di squadra, Pierre Gasly, su cui hanno pensato anche le penalità per aver superato in molteplici occasioni i limiti della pista. Tutti questi elementi lo hanno poi portato a doversi fronteggiare sia con Sergio Perez che con Lance Stroll, con quest’ultimo che aveva seguito la medesima tattica di Bottas fermandosi al terzo giro. Perdendo tempo nel traffico e nei successivi duelli, alla fine Gasly ha commesso ulteriori infrazioni, che hanno dato l’opportunità a Guanyu Zhou di scalcarlo ed entrare nei punti.
PitStop del GP del Qatar
Photo by: Pirelli
Alfa Romeo: due strategie, doppi punti
Riagganciando il tema dell’Alfa Romeo, il team del Biscione rappresenta probabilmente l’esempio più interessante per comprendere come due strategie differenziate abbiano portato la squadra elvetica a conquistare sei punti fondamentale in chiave classifica costruttori.
Il terzo grande filone strategico era quello adottato anche da diversi piloti di centro gruppo, tra cui lo stesso Bottas. Il finlandese, così come Kevin Magnussen e Lance Stroll, poteva contare su ben tre treni di penumatici nuovi che gli avrebbero permesso di effettuare 54 dei 57 giri previsti. Quindi, in caso di Safety immediata e protratta quantomeno fino al quarto passaggio, Bottas, Magnussen e Stroll si sarebbero potuti fermare box alla fine della terza tornata, cambiare le gomme e risparmiare il tempo di una sosta. In breve, escludendo fattori esterni, sulla carta questa tattica avrebbe permesso di risparmiare circa 25 secondi sul tempo totale di gara, soprattutto nei confronti di quei piloti che sarebbero potuti rientrare solo attorno al sesto o il settimo giro.
È proprio su questo ragionamento che Alfa Romeo ha basato la propria tattica con Bottas: “È stata una gara davvero pulita. Buona strategia. Certo, è stato un po' strano fermarsi dopo tre giri da una buona posizione. Ma alla fine, questo ha significato che tutti gli altri stint sono stati uguali e abbiamo pensato che sarebbe stato il modo più veloce per arrivare alla bandiera e così è stato, quindi sono contento”, ha spiegato il pilota finlandese.
Valtteri Bottas, Alfa Romeo C43
Photo by: Steven Tee / Motorsport Images
Totalmente all’opposto, invece, è stata la corsa di Guanyu Zhou, il quale ha seguito la strategia contraria, ovvero in sequenza i tre set nuovi che gli avrebbero permesso di effettuare 54 dei 57 giri previsti, sperando poi in una Safety Car o una Virtual Safety Car sul finale. La squadra del biscione si era quindi cautelata con due tattiche che permettevano di coprire due situazioni completamente differenti. Infatti, facendo una proiezione, nel caso di ingresso della vettura di sicurezza fino alla cinquantatreesima tornata, Zhou sarebbe stato effettivamente in grado di rimanere in zona punti anche dopo la sosta.
Chiaramente, questo scenario non si è poi verificato, ma a giocare a favore del cinese sono stati gli episodi di gara e le varie penalità che hanno colpito Gasly, Stroll e Perez. Dovendo tutti scontare una sanzione dopo la bandiera a scacchi, a Zhou è stato sufficiente rimanere entro i cinque secondi da coloro che erano certi di dover poi scalare verso il basso la classifica, aspetto che ha poi permesso anche al pilota dell’Alfa Romeo di concludere al nono posto, regalando alla squadra altri due punti essenziali per il mondiale costruttori.
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