Mercedes: ecco perché la W10 in quota si... sgonfia!
Il motore Phase 3 ha corso dalla nascita depotenziato per non impattare sull'affidabilità: in Messico, dove è indispensabile spingere la sovralimentazione al massino per compensare la perdita di cavalli dovuta alla rarefazione dell'aria, le W10 affronteranno la pista più ostica.
La Mercedes dopo aver festeggiato il titolo Costruttori in Giappone, vorrebbe chiudere anche la partita del mondiale piloti celebrando il sesto alloro iridato di Lewis Hamilton. Il team di Brackley cerca la stoccata finale nel GP del Messico su una pista che, almeno sulla carta, dovrebbe essere la più ostica per la W10.
Quelle di Toto Wolff, questa volta, non sono parole di circostanza nel prevedere la Stella in difficoltà sul circuito dedicato ai fratelli Rodriguez. Città del Messico si trova a 2.240 metri di altitudine e, quindi, l’aria risulta rarefatta. La minore densità determina due problemi che certo non giocano a favore delle frecce d’argento.
Primo: il motore Phase 3 “respira” di meno. Rispetto all’epoca dei propulsori aspirati, quando si registrava un calo di potenza significativo che arrivava fino al 25%, la generazione dei 6 cilindri turbo, in parte può compensare la perdita con una maggiore pressione di sovralimentazione che porterà il sistema di sovralimentazione a girare più a lungo al regime massimo di 125 mila giri al minuto.
La Mercedes quanto potrà spingersi in questa direzione tenuto conto che il motore endotermico ha palesato dalla nascita dei problemi di affidabilità dovuti al raffreddamento?
Vedremo certamente una W10 molto “aperta” nella carrozzeria per facilitare l’estrazione di aria calda dai radiatori, visto che il motore sarà molto sollecitato sui lunghi rettilinei: quello principale di oltre 1.300 metri imporrà ai piloti di stare full gas per 15”5. Ma, non potendo ingrandire la massa radiante, la Mercedes molto probabilmente dovrà parzializzare la potenza del motore, lasciando campo aperto alle Ferrari che dominano nei tratti veloci anche al livello del mare.
Secondo: la Mercedes è la monoposto che produce più carico aerodinamico. Grazie al passo molto lungo la downforce è generata oltre che dalle ali anche dal corpo vettura. Gli ultimi sviluppi della freccia d’argento erano stati pensati per sfruttare anche l’incremento di potenza del motore Phase 3, ma la paura di possibili cedimenti (che finora hanno colpito i team clienti) e le ripetute perdite idrauliche sulle macchine ufficiali avevano consigliato i tecnici di Andy Cowell a ridurre la potenza, per cui con meno cavalli è possibile che si generi drag anziché spinta verticale.
È vero che la pista messicana richiede il massimo carico aerodinamico perché con l’aria poco densa sono necessarie le ali di Monte Carlo per assicurare l’indispensabile downforce. Nonostante queste strane configurazioni sulla veloce pista messicana si toccano alla speed trap velocità record sull’ordine dei 370 km/h che la Mercedes farà fatica a raggiungere.
Negli ultimi due anni a dominare in Messico è stata la Red Bull con Max Verstappen. L’olandese, è giusto sottolinearlo, aveva beneficiato di un vantaggio regalato dal vituperato motore Renault.
La power unit francese, infatti, disponeva della turbina più grande in uso in F1 e, almeno in quota, era in grado di comprimere una maggiore portata di aria, per cui il motore disponeva di più potenza. Questo fattore, unito alle doti aerodinamiche della Red Bull, aveva determinato una superiorità schiacciante della monoposto di Milton Keynes.
Ora quel vantaggio è svanito, per la power unit Honda ha caratteristiche diverse: il super-motore che i giapponesi avevano pensato per fare bella figura a Suzuka si è rivelato un flop dal punto di vista prestazionale, ma avendo solo due GP sulle spalle può essere “pompato” al massimo per trarne la massima performance. Ecco perché Mattia Binotto ha dichiarato senza troppi giri di parole che la Ferrari punterà a pole e vittoria in Messico, dopo due gare di occasioni forse gettate al vento.
La Mercedes potrà anche essere in difficoltà in quota, ma attenzione a darla per battuta: Lewis Hamilton si esalta quando c’è da metterci del suo per fare la differenza e la squadra di Brackley ha saputo cogliere nelle ultime gare un bottino che è stato decisamente superiore al suo reale potenziale, potendo contare anche su una buona dose di fortuna…
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