F1 | McLaren: i retroscena che sono costati il trionfo a Silverstone
La gara di Silverstone sembra più un'opportunità persa per McLaren che, anche di fronte al pubblico di casa, non è riuscita a portare a casa il trofeo più ambito a causa di alcune scelte strategiche che si sono rivelate poco efficaci. Analizziamo cosa è andato storto e i retroscena che hanno portato a determinate decisioni.
Negli ultimi sei appuntamenti, McLaren è stata tra le grande protagoniste della lotta al vertice, grazie al grande lavoro svolto dietro le quinte da parte del gruppo tecnico che ha portato la MCL38 a giocarsi la vittoria con regolarità. Tuttavia, per scalare la montagna e raggiungere la vetta non basta solo l’auto, ma serve anche tutto ciò che sta di contorno, come il pilota e la squadra, aspetto emerso bene in Spagna e che ha permesso alla Red Bull di centrare successi anche in situazioni potenzialmente complesse.
Un aspetto con cui il team di Woking si sta confrontando proprio in questo suo periodo di ascesa perché, dopo aver raggiunto le zone di vertice, serve un altro passo in avanti per mettere insieme tutti i vari pezzi del puzzle e iniziare a concretizzare. Per quanto la McLaren abbia alle spalle una lunga e gloriosa storia, dall’altra parte è anche vero che solo ora si sta riaffacciando alle zone alte della classifica, accentuando la differenza con quelle squadre che ormai sono al vertice da anni con una struttura consolidata, come la Red Bull.
Dall’altra parte, però, è anche vero che l’occasione persa a Silverstone ha probabilmente un retrogusto diverso rispetto ad altre, più amaro, perché la chance mancata davanti al pubblico di casa ha esposto non uno, bensì più punti critici nel processo decisionale. Elementi che, certamente, saranno la base per andare a crescere ulteriormente in futuro, ma che, al momento, sommandosi non stanno permettendo di raccogliere quanto la vettura dal punto di vista meramente tecnico meriterebbe. Analizziamo quali sono le motivazioni che hanno spinto la McLaren a prendere determinate decisioni a Silverstone.
Oscar Piastri, McLaren MCL30
Foto di: Erik Junius
Il mancato double stack con Piastri
Dopo un avvio sull’asciutto in cui Mercedes era riuscita a dettare il passo, con l’arrivo delle prime gocce di pioggia la situazione si è rapidamente ribaltata, dando spazio alla MCL38 di mettersi in mostra. Su un asfalto che in pochi minuti è calato di circa 5°C, scendendo sotto i 18°C, la monoposto di Woking è stata quella in grado di gestire meglio gli pneumatici. Ciò ha permesso sia a Lando Norris che a Oscar Piastri di avere un passo ben superiore ai rivali, guadagnando la testa della corsa all’inizio del ventesimo giro.
In quel momento quasi nessuno si è fermato per montare le gomme da bagnato, se non chi si trovava in una situazione di dover tentare un jolly quasi disperato, perché in realtà le previsioni indicavano proprio come, dopo un breve scroscio di pioggia, ci sarebbe stata una pausa, a cui sarebbe seguito un acquazzone più intenso che avrebbe portato a montare le intermedie. In McLaren, infatti, avevano stimato che il periodo di “calma” sarebbe durato circa cinque passaggi, come in effetti verificato. Solo nel giro 25 qualcosa ha iniziato a muoversi al muretto, ma il fatto che i tempi fossero ancora relativamente buoni e che la pista non fosse ancora totalmente bagnata ha spinto il team di Woking a un approccio cauto.
Andando ad ascoltare i team radio, infatti, si può notare come in realtà già nel giro 25 Norris avrebbe in realtà voluto fermarsi, ma solo se l’intensità della pioggia fosse aumentata. Dato che le indicazioni del team indicavano una situazione stabile, l'inglese si è poi convinto a rimanere fuori. Come si è poi visto, il momento ideale per il passaggio alle intermedie sarebbe stato proprio attorno al 26° giro, come fatto da Max Verstappen e Carlos Sainz: in realtà, in quel giro McLaren era pronta anche a richiamare Piastri, ma una cambio di piano all’ultimo secondo ha sbaragliato le carte.
Il piano iniziale, infatti, era che, se Norris non fosse tornato ai box alla fine di quel 26° passaggio, sarebbe stato proprio l’australiano a fermarsi per montare le intermedie. Un programma condiviso dallo stesso australiano, ma che poi il pilota ha messo in discussione proprio pochi secondi prima di entrare in pit lane, decidendo al contrario di rimanere in pista data l’incertezza sulle condizioni e sul meteo. Nel corso di quello stesso giro, in effetti, McLaren aveva comunicato che quell’intensità sarebbe durata altri dieci minuti, per cui non si aspettavano un peggioramento repentino delle condizioni.
Lando Norris, McLaren MCL38, Oscar Piastri, McLaren MCL38
Foto di: Zak Mauger / Motorsport Images
Parzialmente questo spiega il perché la squadra di Woking abbia deciso di non richiamare entrambe le vetture ai box nella tornata successiva, quella in cui si è fermato Norris. Di fondo, l’idea della McLaren è che, per quanto la pista stesse progressivamente diventano sempre più bagnata, la stabilità delle condizioni meteo avrebbe dovuto permettere a Piastri di rimanere con le slick e perdere comunque meno secondi di quanti ne avrebbe accusati con un double stack.
Come ha ammesso Stella a fine gara, da parte del muretto c’è stato un peccato di avidità e impazienza, colta anche da una lettura non proprio perfetta delle condizioni. Tuttavia, come sottolineato dal responsabile del team, dall’altra parte anche l’australiano avrebbe potuto forse calcare maggiormente la mano nella scelta, spingendo la squadra ad accettare di perdere tempo con una doppia sosta, come probabilmente avrebbe dovuto fare anche Mercedes, dato che il feedback del pilota in queste condizioni è centrale. Un errore che ha poi spinto Piastri a dover ricostruire la sua gara, uscendo con un gap di circa venti secondi dalla vetta contro un potenziale distacco di circa 4/5 secondi.
Il ritardo nel passaggio alle slick
Un altro aspetto chiave della corsa è stato il momento passaggio alle gomme da asciutto che, al di là del tempo perso, ha spostato gli equilibri andando a impattare certi processi decisionali. A rompere gli indugi è stata la Mercedes che, osservando i tempi ormai scesi sotto quello che il tempo ideale di crossover tra le due tipologie di pneumatici e ascoltando il feedback di Hamilton, ha chiamato ai box il britannico al momento giusto. Dall’altra parte, McLaren è stata anche in questa occasione più conservativa nelle scelte, anche perché in un primo momento si aspettava che la pioggia finisse attorno al 40° giro.
Tuttavia, la pioggia in realtà si è fermata qualche giro prima del primo, tra il 36° e il 37° giro, spingendo i team a dover ragionare rapidamente, perché questo asfalto ha dimostrato per tutto il fine settimana di asciugarsi velocemente. Mentre Piastri si è imposto facendo la chiamata per rientrare ai box al 38° passaggio, concordando pure sul fatto che la media fosse la mescola migliore, al contrario Norris non ha dato segnali in questo senso, suggendo solo come la soft potesse essere la scelta ideale data la pista a suo parere ancora troppo bagnata. Di fatto, il pit stop è stato ritardato sia perché McLaren non voleva assumersi il rischio di essere la prima a fermarsi, dato che era in testa alla corsa, sia perché in quella fase era rimasta coinvolta con Norris nel processo decisionale su quale fosse la mescola giusta da montare.
Lando Norris, McLaren MCL38
Foto di: Erik Junius
A ciò si è aggiunto un errore di Norris in corsia box, arrivato lungo sulla piazzola. Tuttavia, anche senza quella sbavatura, probabilmente Hamilton sarebbe stato in grado di passare il connazionale dopo poche curve avendo le gomme già in temperatura.
Perché la soft era la mescola sbagliata
Il momento del pit ha sicuramente influito sulle possibilità di vittoria, perché ha permesso a Mercedes di prendere il comando del Gran Premio, ma a fare davvero la differenza non è stata quella decisione, bensì il processo decisionale che ha portato il duo Norris-McLaren a scegliere la soft. Di fatto, il team di Woking era quello messo meglio come alternative, perché avendo salvato un secondo set di medie poteva giocarsi un jolly che altri rivali, come Red Bull e Mercedes, non avevano. Anzi, è stata la scuderia stessa a suggerire a Piastri prima della sosta come quello a banda gialla fosse il compound migliore da lì fino alla bandiera a scacchi, come poi confermato anche dallo steso pilota, che ha spinto per avere quel tipo di gomma.
Al contrario, il processo decisionale con Norris è stato molto più lungo e complesso, tanto da durare ben tre passaggi prima del pit stop. La scelta dell’inglese verso la mescola più morbida è stata dettata da due differenti considerazioni: la prima dal fatto che la pista in alcuni punti fosse ancora bagnata, come suggerito via radio, mentre la seconda è l'intenzione di copiare la tattica di Hamilton, ponendosi a pari strategia. Dall’altra parte, la squadra ha valutato in modo importante il feedback del pilota, forse fin troppo come ammesso da Stella a fine gara, anche perché le comunicazioni condivise con Piastri dimostrano come McLaren fosse consapevole che la media sarebbe stato il compound più efficace fino al traguardo.
Ma perché la soft si è rivelata la gomma sbagliata? Con circa 13 giri alla bandiera a scacchi e una pista che si stava progressivamente asciugando, è facile comprendere il perché certe squadre abbiano scelto di puntare sulla mescola più tenera, che offre più grip in condizione incerte. Per quanto sulla carta questo discorso possa sembrare corretto, dall’altra parte tendenzialmente montare la soft in questa tipologia di condizioni mette di fronte a sfide difficili da gestire.
Lando Norris, McLaren MCL38
Foto di: Simon Galloway / Motorsport Images
Con il sole che si è fatto spazio tra le nuvole, la temperatura della pista ha iniziato progressivamente ad aumentare, ma nel momento della sosta era ancora attorno ai 20°c, quindi piuttosto bassa. Condizioni di fatto ideali per innescare il graining, già visto al venerdì. Inoltre, alcuni muretti box, tra cui soprattutto quello della Red Bull, avevano ben valutato il comportamento della soft nel primo stint di gara su quei piloti che l'avevano montata, di fatto restituendo feedback poco entusiasmanti. Su un tracciato ricco di curve veloci che trasmettono tanta energia alla gomma, il rischio di innescare il graining anche con la C3 si è rivelato piuttosto elevato: proprio per questo la media e la hard, che offrono maggior resistenza, si sono rivelate la scelta ideale sulla lunga distanza, anche con uno stint da meno di 15 giri.
A ciò si aggiunge un altro elemento, ovvero le modalità di gestione degli pneumatici. Potendo sfruttare quel piccolo margine conquistato al pit stop, Hamilton ha potuto permettersi una gestione più accurata della soft, al contrario di Norris, che nella prima parte dello stint, quella più delicata per la gomma, ha spinto in maniera troppo marcata nei tratti veloci, accentuando il degrado. Proprio per questo l’inglese della McLaren ha avuto un crollo quasi verticale dei tempi, in maniera quasi opposta al compagno di squadra che, con un compound che ha garantito maggior flessibilità, sul finale si è rivelato il più veloce in pista.
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