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Analisi

F1 | Incredibile: si studia in galleria la pressione delle gomme!

La FIA con i regolamenti ha vincolato la ricerca in galleria del vento con norme stringenti, ma le squadre continuano ad evolvere i wind tunnel consapevoli che è possibile migliorare la qualità della ricerca per trovare le prestazioni. Siamo arrivati che i tappeti mobili in matrice metallica sono coperti da film in materiale plastico con i quali si può riprodurre la granulosità dell'asfalto. E nelle gommine, che già hanno una deformazione simile agli pneumatici reali, ora si studiono anche le pressioni di gonfiaggio.

Galleria del vento Mercedes

La speranza della F1 è di arrivare un giorno ad eliminare lo sviluppo aerodinamico in galleria del vento, con l’intento di ridurre ulteriormente i costi con la ricerca effettuata solo in modo virtuale con i sistemi CFD. La fluidodinamica computazionale o numerica (l’acronimo inglese deriva da Computational Fluid Dynamics) è un metodo che utilizza l'analisi numerica, degli algoritmi e recentemente anche l’intelligenza artificiale per risolvere e analizzare i problemi di fluidodinamica mediante l'utilizzo di computer con capacità di calcolo sempre maggiori.

Nick Wirth, Team Principal Simtek, con Max Mosley, Presidente FIA nel 1994

Photo by: Sutton Images

Nick Wirth, Team Principal Simtek, con Max Mosley, Presidente FIA nel 1994

Nick Wirth era stato all’inizio degli Anni ’90 il primo a credere nella progettazione di una monoposto senza wind tunnel, ma la nascita della Simtek al CFD non era stata certo un esempio virtuoso. I sistemi di simulazione hanno fatto dei salti in avanti straordinari e la funzione della galleria del vento è cambiata radicalmente per gli enormi costi che richiede. Un tempo le squadre di F1 montavano sul modello in scala tutte le modifiche che venivano pensate e solo dopo una selezione si sceglievano le parti che davano i risultati migliori dando vita ai pacchetti di aggiornamento.

L’evoluzione aerodinamica di una monoposto era piuttosto lenta, perché il particolare in scala, una volta approvato in galleria, veniva realizzato a grandezza naturale e prodotto per essere montato sulla macchina. Oggi lo screening avviene con lo studio al CFD, mentre la delibera delle modifiche approvate avviene con una verifica nel wind tunnel.

I modellisti, straordinari artigiani che sapevano realizzare con parti di legno o di vetroresina gli elementi delle carrozzerie o delle ali, hanno visto cambiare drasticamente il loro lavoro: in F1 si usano modelli in scala 60% realizzati in fibra di carbonio che devono riprodurre le caratteristiche delle vetture reali, sopportando in proporzione i carichi a cui la vettura viene sottoposta in pista.

Con l’introduzione delle stampanti in 3D abbiamo assistito a un’accelerazione dei tempi di sviluppo, perché particolari in materiali compositi che dovevano essere laminati e poi cotti in autoclave, oggi possono essere realizzati con la prototipazione rapida, che consente di realizzare un pezzo partendo da un modello tridimensionale digitale grazie a un file CAD.

L’automazione è totale perché ha sostituito la produzione artigianale del prototipo: le stampanti 3D, grazie a tecnologie additive di polveri, filamenti o resine, riescono a definire parti molto complesse che sarebbe impossibile ottenere con tecniche tradizionali per asportazione da un blocco unico di materiale.

Ecco il ventilatore della galleria del vento Red Bull a Milton Keynes

Photo by: Red Bull Content Pool

Ecco il ventilatore della galleria del vento Red Bull a Milton Keynes

L’evoluzione dei materiali ha portato ad una ricerca aerodinamica sempre più sofisticata, capace di riprodurre sempre più fedelmente i dati che poi si leggono in pista (la famosa correlazione che tutte le squadre cercano). L’indagine un tempo prevedeva che il modello venisse investito dal flusso d’aria del ventilatore solo frontalmente con una velocità massima di 50 m/s, pari a 180 km/h, mentre più recentemente si studia anche il comportamento della vettura in imbardata, vale a dire a ruote sterzate, come se fosse in curva.

Le ruote che erano in legno dispongono di cerchi e gomme prodotte dal fornitore unico. La prima a introdurre le WTT (Wind Tunnel Tyres) era stata la Bridgestone ai tempi del dominio Ferrari nell’era Schumacher, ma la Pirelli ha poi svolto un accurato lavoro di sviluppo che ha permesso di disegnare e costruire delle “gommine” con lo stesso profilo degli pneumatici che si utilizzano nei GP e con caratteristiche di deformazione della spalla sempre più verosimili.

Può sembrare incredibile, ma in Pirelli c’è un piccolo staff dedicato all’evoluzione delle WTT che segue in parallelo i cambiamenti delle coperture da 18 pollici. L’unica cosa sostanzialmente diversa è la mescola: nel wind tunnel non si usa alcuno dei cinque composti omologati per una stagione, ma viene deliberata una specifica apposta (solitamente più dura).

Verstappen riceve da Isola il Pirelli Pole Position Award che è uguale alle gomme che i team ricevono da usare in galleria

Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images

Verstappen riceve da Isola il Pirelli Pole Position Award che è uguale alle gomme che i team ricevono da usare in galleria

Siccome la scia della ruota anteriore è fortemente condizionante l’aerodinamica di una moderna F1, i team hanno dedicato una maggiore attenzione alla gommina. Ogni squadra riceve dalla Pirelli 12 set a stagione (quelli del 2023 dovranno essere resi al fornitore entro il 28 febbraio) e devono bastare per l’intero campionato.

Sta emergendo che tutte le gallerie del vento sono in costante evoluzione: il tappeto mobile sul quale poggiano le ruote era un nastro di matrice metallica in grado di raggiungere la stessa velocità del flusso d’aria, mentre un sofisticato meccanismo di sospensione consente al modello di simulare tutte le manovre che una F1 esegue in pista: accelerazioni e frenate, imbardate e anche derapate.

La rete della matrice metallica è diventata sempre più fine, ma più recentemente si è arrivati a coprire il tappeto con una pelle in gomma. L’esigenza era quella di ridurre l’attrito delle WTT in imbardata, controllandone anche il consumo. E, allora, la ricerca ha spinto le squadre a sviluppare dei layer in film plastici che possono arrivare a riprodurre anche la rugosità dell’asfalto.

Ferrari: alcuni modellini per la galleria del vento in scala 1:3 esposti al Museo di Maranello

Photo by: Franco Nugnes

Ferrari: alcuni modellini per la galleria del vento in scala 1:3 esposti al Museo di Maranello

La FIA, nella speranza di far convergere le prestazioni dei top team con quelle delle squadre clienti, ha imposto severi vincoli nella ricerca al wind tunnel penalizzando i team più ricchi e competitivi: la Red Bull campione del mondo può disporre di 605 ore nei primi sei mesi, contro le 720 di Mercedes e le 768 di Ferrari. Non ci sono enormi differenze fra i primi tre del mondiale Costruttori, mentre il divario si apre scendendo nella graduatoria: la Haas ultima può contare su 1.108 ore, mentre l’AlphaTauri, squadra junior della Red Bull, può arrivare a 1.008.

I numeri dicono e non dicono, perché emerge sempre più chiaro che in galleria conta sempre di più la qualità e l’efficienza dell’indagine, più che il numero delle ore concesse. E, allora, possono emergere delle contraddizioni: si ha più vantaggio ad usare gomme WTT più fresche con meno ore a disposizione come la Red Bull, o spalmandole in un consumo graduale nell’arco della stagione?

Stiamo entrando in ambiti di specializzazione sempre più estremi: ci sono team, infatti, che stanno dedicando particolare attenzione anche alla pressione di gonfiaggio delle gomme. Siamo passati dalle ruote di metallo o di legno, allo studio delle pressioni. E certe ricerche si sono intensificate con le monoposto a effetto suolo introdotte nel 2022.

Ormai tutti abbiamo capito quanto sia importante mantenere il fondo della monoposto più radente possibile all’asfalto per generare carico aerodinamico: le squadre che ancora dispongono di una galleria con il tappeto mobile in matrice metallica non possono spingersi troppo in basso, perché se il modello dovesse sfregare sul pavimento si potrebbe distruggere, con gravi danni materiali e nei tempi di sviluppo. Chi, invece, ha saputo adeguare il tappeto con i film plastici, potrebbe osare a scendere più in basso con il fondo.

Emerge, quindi, come la crescita di una F1 non sia correlata solo alle idee del chief designer, ma anche alla capacità di adeguare le strutture e gli strumenti a disposizione con un lavoro evolutivo che non si ferma mai. Ma a questo punto sorge spontanea una domanda: se la Red Bull che usa la stessa galleria dell’AlphaTauri a Milton Keynes (ma ugualmente potrebbe fare la Ferrari con la Haas, piuttosto che la Mercedes – ancora per poco – con l’Aston Martin) destinasse i test sulle pressioni delle gomme al team diretto da Laurent Mekies, la squadra campione del mondo potrebbe beneficiare dei risultati senza spendere un minuto del suo prezioso tempo di galleria.

Nei meandri del budget cap ci sono molti modi per ottimizzare i costi e questo è un esempio che può spiegare perché il vantaggio ricadrebbe su entrambi i team…

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