Gasly, quando una bandiera rossa cambia la vita
Il francese regala all'AlphaTauri il GP d'Italia con una gara nella quale ha associato la fortuna di arrivare a trovarsi davanti prima della bandiera rossa per l'incidente di Leclerc, ma poi Pierre è stato impeccabile sulla AT01 tanto da meritare il primo successo dopo 54 GP nel Circus. E dire che era stato cacciato dalla Red Bull. Ma il team di Milton Keynes per ora può aspettare, perché Gasly si vuole godere questo momento magico con il team di Faenza.

Una bandiera rossa cambia una corsa, una carriera, una vita. Succede di rado, ma quando succede è una storia da scrivere, di quelle che negli anni diventano come ‘Monza 2008’, riferendosi al successo di Sebastian Vettel con la Toro Rosso. Il team è sempre lo stesso, anche se oggi si chiama AlphaTauri, il teatro pure, ovvero il circuito di Monza, a cambiare è stato l’attore protagonista, ovvero Pierre Gasly.
Terminata la premiazione il francese si è seduto sul gradino più alto del podio, guardando nel vuoto e scuotendo il capo. Nessun disappunto, perché il movimento della testa era guidato dall’incredulità per aver raggiunto un risultato su cui nemmeno i parenti più stretti di Pierre avrebbero scommesso prima del via.
Il Gran Premio d’Italia è di quelli che vengono catalogati alla categoria ‘shock’, ma dietro terminologie anglosassoni c’è una storia molto italiana, che intreccia il destino di Pierre con quello dell’AlphaTauri, ex Toro Rosso ed ex Minardi.
Non si può restare indifferenti nell’osservare la gioia scoppiata a fine gara nel box della squadra, così come non si può cancellare in fretta il team-radio di Gasly dopo la bandiera a scacchi, un mix di emozione ed incredulità urlato in tre lingue.
Siamo ormai abituati alle reazioni post-gara del tandem Mercedes-Hamilton, che vivono la vittoria (non certo per colpa loro) come normale amministrazione, anche perché (nel caso di Lewis) dopo 89 volte lascerebbe perplessi assistere dopo ogni successo a festeggiamenti da Mondiale. Monza ci ha regalato una gioia spontanea e genuina, alimentata dallo stupore di chi ha davvero toccato il cielo con un dito.
Il team principal dell’Alpha Tauri, Franz Tost, con la sua consueta franchezza, dopo il podio non ha nascosto la circostanza fortunata che ha consentito a Gasly di ritrovarsi in testa alla corsa, ma alzi la mano chi nella seconda partenza della domenica monzese (altra novità) ha pensato che il francese avrebbe tagliato il traguardo da vincitore.
Il miracolo ha preso forma giro dopo giro: da una parte Gasly che ha cominciato a crederci davvero, dall’altra Carlos Sainz che ha realizzato che scavalcare l’Alpha Tauri non sarebbe stato semplice come passare l’Alfa Romeo di Kimi Raikkonen.
Sul dritto la McLaren era più veloce, ma a Lesmo Gasly riusciva a recuperare un paio di decimi sull’avversario che sono stati vitali per tenere Sainz lontano dalla zona DRS, concessa solo nell’ultimo giro. Sarebbe bastata una frenata sbagliata, un cordolo preso male, un’accelerazione troppo anticipata e il sogno si sarebbe dissolto, ma Gasly ha cementato i nervi fino alla bandiera a scacchi, cambiando di fatto la sua carriera.
Forse metterà a fuoco solo domattina la portata della sua impresa, come accadde dodici mesi fa a Charles Leclerc, che dopo i festeggiamenti monzesi passò la nottata a rivedere la corsa nella sua camera d’albergo. Sono emozioni forti, che a volte tolgono la capacità di mettere tutto a fuoco in tempo reale, un processo che avviene poi nei giorni successivi.
Poi, ovviamente, ci sono le valutazioni tecniche, ovvero quelle di una vittoria maturata grazie ad un pit-stop fatto nel momento più propizio e fortunato, come fortunata fu anche la scelta fatta dalla Toro Rosso dodici anni fa di puntare il sabato su un assetto ‘full-wet’ quando le previsioni davano per il giorno successivo un sole cocente. Ma, vivaddio, ci sono anche queste storie, e fa piacere che in entrambe le occasioni sia stata la squadra di Faenza a fare bingo, mettendo due gemme nella sua storia.
Forse all’AlphaTauri la vittoria di Monza servirà meno rispetto a Gasly, che ha messo a segno uno di quei colpi che cambiano tutto. La sua candidatura al ritorno in Red Bull ora è solo una prassi,
semplicemente perché non c’è motivo per procedere. La speranza è che Pierre possa però vivere la seconda parte di questo Mondiale nel team che lo ha accolto nel momento più duro della sua carriera, rigenerandolo come pilota e come uomo. La Red Bull può anche attendere.
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