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Analisi
Formula 1 GP d'Australia

F1 | Ferrari veloce, ma non abbastanza per i dati di Melbourne

La Scuderia lascia l'Australia con un doppio zero dal sapore amaro perché l'appuntamento agli antipodi avrebbe potuto assumere prospettive completamente diverse. Sainz è stato favorito da un passo di gara ridotto per limitare il consumo delle gomme hard ed evitare un altro pit stop, ma il weekend non è completamente da buttare. Scopriamo perché...

Carlos Sainz, Ferrari SF-23

Il Gran Premio d’Australia ha riservato tanti dubbi, incertezze e qualche polemica per un finale confusionario. L’unica certezza è la vittoria di Max Verstappen, mai davvero in discussione se non per una partenza poco felice che lo aveva portato alle spalle delle due Mercedes.

Verstappen ha concesso solamente dodici giri di leadership alla coppia Russell-Hamilton prima di riprendersi la testa della corsa, con un sorpasso ai danni del sette volte campione del mondo manifesto degli attuali valori in campo. Un attacco tanto semplice quanto significativo, perché l’inglese non ha potuto nulla per arginare la differenza di velocità tra le due vetture, chiaramente ampliata dall’utilizzo dell’ala mobile.

L’entrata della Safety Car per l’incidente di Albon, così come la conseguente esposizione della bandiera rossa per ripulire la pista dalla ghiaia lasciata sul tracciato, ha tuttavia cambiato le carte in tavola. L’interruzione ha infatti permesso al pilota della Red Bull di fermarsi in pit lane e sostituire le gomme guadagnando di fatto la posizione su George Russell, precedentemente richiamato ai box dalla Mercedes per effettuare una sosta durante la neutralizzazione.

A pagarne le conseguenze è stato anche Carlos Sainz, il quale aveva seguito l’esempio del britannico tornado ai box per montare un set di gomme hard con cui arrivare fino alla bandiera a scacchi. Una scelta che, al di là dell’esposizione della bandiera rossa, aveva un suo senso considerata come si è evoluta la gara in termini di passo, con i piloti che non hanno quasi mai davvero mostrato il (vero) potenziale delle vetture se non a tratti.

Il Gran Premio d’Australia, infatti, è probabilmente l’appuntamento più complesso da decifrare tra quelli fino ad ora completati, non solo per le varie vicende di gara in sé, ma anche per ciò che ha ruotato attorno a tutto il weekend. Se negli scorsi Gran Premi Red Bull di aveva abituato anche a distacchi di quasi mezzo minuto, a Melbourne quel gap non è andato oltre gli otto secondi.

Una situazione quasi “anomala”, con una Mercedes migliore del previsto nelle basse temperature australiane davanti a un’Aston Martin che vuole essere presenza fissa nel gruppo di testa. La domanda sorge spontanea: quale posto occuperebbe la Ferrari in questa amara domenica di motori? Indubbiamente la situazione della Rossa si è complicata già al sabato, da una parte con quella decisione concordata con Leclerc di effettuare un singolo giro di preparazione, dall’altra con quell’errore dell’ingegnere di pista che aveva spinto Sainz ad alzare il piede raffreddando fin troppo le gomme.

Carlos Sainz, Ferrari SF-23

Carlos Sainz, Ferrari SF-23

Photo by: Ferrari

Senza quegli errori, realisticamente la Rossa avrebbe avuto l’opportunità di inserirsi con entrambi i propri alfieri nella lotta per le prime due file, cambiando il volto ella propria gara. Un elemento importante, perché nei primi due appuntamenti si è visto come partire davanti aiuti a fare la differenza quando i margini sono compatti, aspetto che la Rossa ha pagato anche in Australia. Il ritiro del monegasco al primo giro per un contatto con Lance Stroll ha purtroppo privato di un riferimento importante, che avrebbe aiutato a fornire una chiave di lettura in più del fine settimana del Cavallino. Tuttavia, anche la sola gara del madrileno offre comunque spunti estremamente interessanti.

Con soli sette passaggi completati prima dell’entrata in scena della vettura di sicurezza, il primo stint non ha offerto grandi spunti, ma è proprio in questo punto che la gara del numero 55 avrebbe potuto assumere un’altra faccia. Per questo è utile fare qualche passo indietro, a quella prima tornata, in cui diverse squadra avevano deciso di sfruttare la prima neutralizzazione per rientrare e montare la hard. L’idea era duplice: da una parte smarcare la doppia mescola obbligatoria, dall’altra replicare la medesima strategia già adottata l’anno scorso da Alex Albon, ovvero completare quasi l’intera distanza del Gran Premio con un singolo set di gomme.

Un’idea che, dato il basso degrado garantito dall’asfalto liscio di Melbourne e la certezza di non surriscaldare uno dei due assi considerando le basse temperature, in realtà avrebbe potuto dare i suoi frutti. Nel momento in cui la Ferrari ha richiamato Sainz, l’idea era di riproporre quella medesima tattica, con una mossa che, nella loro visione, avrebbe potuto mettere lo spagnolo in seria competizione per il podio.

L'auto di Alex Albon, Williams FW45, viene rimossa dal circuito

L'auto di Alex Albon, Williams FW45, viene rimossa dal circuito

Photo by: Mark Horsburgh / Motorsport Images

Se non fosse stata esposta la bandiera rossa, il Ferrarista avrebbe sì dovuto risalire la classifica dai margini della top ten, ma avrebbe anche potuto contare su un risparmio netto di circa una ventina secondi sulla sosta. Chiaramente quel delta sarebbe andato via via scemando con il passare dei giri, specie nel caso i primi avessero aumentato il ritmo, ma quei pochi secondi avrebbero potuto aiutare. Senza riferimenti precisi è difficile immaginare con assoluta certezza come sarebbe andata a finire, ma il poter girare in aria pulita dopo la prima girandola di pit stop avrebbe messo in evidenza limiti e pregi della SF-23, evitando proprio quei punti deboli che in Bahrain e Arabia Saudita l’avevano rallentata, ovvero degrado e traffico.

Tuttavia, con la neutralizzazione decisa dal race control, la corsa ha assunto tinte completamente differenti, costringendo Sainz a una bella quanto complessa rimonta. Sorpasso dopo sorpasso, il numero 55 è stato in grado di riportarsi fino alla quarta posizione, grazie anche a delle belle manovre come l’affondo in curva 3 su Pierre Gasly. L’aspetto più rilevante da menzionare non è la rimonta in sé, quanto piuttosto che dopo quindici giri di gara il duo Hamilton-Alonso non aveva ancora aperto una finestra di sicurezza sulla midfield: nel momento in cui il Ferrarista ha sopravanzato il transalpino dell’Alpine, il gap dal connazionale dell’Aston Martin si attestava attorno ai due secondi.

Questo è indice di un aspetto che, in realtà, si è riproposto anche per il resto del Gran Premio, ovvero il fatto che il passo mostrato domenica dalla maggior parte dei piloti sia più una “maschera” di ciò che sarebbe stato realmente possibile. Lo si può apprezzare semplicemente osservando la gara di Verstappen, che ha espresso il (vero) potenziale della monoposto girando con tempi oltre un secondo inferiori a quelli della concorrenza solo nel momento in cui si è rivelato necessario spingere per reimpossessarsi della leadership della corsa.

Lewis Hamilton, Mercedes F1 W14, Max Verstappen, Red Bull Racing RB19, Fernando Alonso, Aston Martin AMR23, Lance Stroll, Aston Martin AMR23, il resto del campo alla ripartenza

Lewis Hamilton, Mercedes F1 W14, Max Verstappen, Red Bull Racing RB19, Fernando Alonso, Aston Martin AMR23, Lance Stroll, Aston Martin AMR23, il resto del campo alla ripartenza

Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images

L’olandese ha controllato la gara a suo piacimento, spingendo qualche giro e navigando a ritmo ridotto nei restanti quaranta passaggi giusto per essere sicuro di arrivare fino alla bandiera a scacci senza la necessità di effettuare ulteriori – quanto inutili – soste.

Grossomodo lo stesso è avvenuto, forse anche in maniera più esemplificativa, con Lewis Hamilton e Fernando Alonso: nonostante a tratti lo spagnolo cercasse di abbassare il ritmo tentando di mettere pressione al britannico, il sette volte campione del mondo non ha mai vacillato, rimanendo fedele al proprio piano, ovvero amministrare ma senza lasciar margine ai rivali. Qualcosa che ha compreso anche la stessa Mercedes dal muretto, la quale ha più volte suggerito al proprio pilota di concentrarsi sulla propria gara e sulla gestione gomma senza cadere nei tranelli dello spagnolo.

Questa costante paura di non riuscire ad arrivare alla fine dovendo così effettuare una seconda sosta ha stravolto tutte le certezze, tramutandosi in un ritmo di per sé estremamente lento. Ciò lo si può notare osservando anche la gara di piloti di centro gruppo come Lando Norris e Nico Hulkenberg, i quali, prima di aprire le porte a un bel duello per l’ottava posizione, erano distanti solamente una decina di secondi dal terzo posto, a dimostrazione che il passo tenuto non fosse irresistibile.

Proprio per questo lo spagnolo del Cavallino è stato in grado di ricongiungersi così in “fretta” al duo Hamilton-Alonso ritrovandosi oltretutto con un distacco contenuto. Vero che poi Sainz è riuscito a mantenersi a una distanza ridotta dal connazionale con una certa costanza, ma nel momento in cui i due davanti hanno ricevuto il via libera dalle squadre per spingere fino al traguardo, sia Lewis che Fernando non hanno esitato ad abbassare il ritmo lasciando al palo il Ferrarista.

Carlos Sainz, Ferrari SF-23

Carlos Sainz, Ferrari SF-23

Photo by: Glenn Dunbar / Motorsport Images

Per quanto la gara di Melbourne probabilmente non abbia fornito nemmeno alla stessa Rossa le risposte di cui era alla ricerca, dato che i piloti avevano lavorato soprattutto in vista della gara, dall’altra ci sono degli elementi degni di nota, in contrasto con gli appuntamenti precedenti. Se in Arabia Saudita Sainz aveva voluto sottolineare le difficoltà della SF-23 in aria sporca, sia per una questione di sensibilità che di surriscaldamento delle coperture, a Melbourne ciò non si è verificato nonostante in lungo periodo passato nella scia di un rivale.

Le difficoltà di surriscaldamento delle coperture che si erano presentate nei primi due appuntamenti, in Australia non si sono ripresentate, non solo per le basse temperature dell’asfalto che si aggiravano attorno ai 25°C. Una (rondine) gara non fa primavera, ma la speranza del Cavallino è che, a piccoli passi, si possa tornare ad essere con forza la seconda forza del mondiale, mettendosi alle spalle con costanza Mercedes e Aston Martin.

 

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