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Analisi

Ferrari: sul motore Superfast prestazioni più di affidabilità

La power unit del prossimo anno sembra che risponda ai target di potenza cercati da Zimmermann per colmare il gap dal motore Mercedes, mentre c'è ancora del lavoro da fare sul fronte dell'affidabilità. A Maranello hanno deciso di prendere dei rischi, portando in pista soluzioni innovative che accusano ancora dei problemi di gioventù. Ma c'è tempo per raggiungere i target di durata.

Meccanici Ferrari in pit lane con l'auto di Carlos Sainz Jr, Ferrari SF21

Meccanici Ferrari in pit lane con l'auto di Carlos Sainz Jr, Ferrari SF21

Jerry Andre / Motorsport Images

La Ferrari non vince una gara dal Gran Premio di Singapore 2019: sono trascorsi due anni tondi di sofferenza per i tifosi del Cavallino che nel frattempo hanno visto arrivare al successo AlphaTauri e Force India nel 2020 e Alpine e McLaren nel 2021.

La Scuderia la grande occasione l’ha avuta nel Principato di Monaco, quando Charles Leclerc sarebbe potuto partire dalla pole position se la sua SF21 non avesse risentito della botta alle Piscine del monegasco e, alla fine, si è dovuta “accontentare” del secondo posto di Carlos Sainz.

La squadra del Cavallino non fa mistero di voler tornare protagonista nel 2022 sfruttando la rivoluzione regolamentare che riporterà in F1 le monoposto a effetto suolo. Un taglio netto con il presente: alla Gestione Sportiva hanno puntato tutto sul prossimo anno, riservando risorse, umane e finanziarie, al progetto della monoposto che è siglata 672.

Per lottare non basta una macchina competitiva, ma serve una power unit che sappia chiudere il gap di potenza da Mercedes e Honda. Nel “tempio della velocità” la scorsa settimana si è vista la carenza di potenza del motore 065/6, valutata in almeno una ventina di cavalli, se non qualcosina in più.

Wolf Zimmermann, ingegnere tedesco a capo degli studi avanzati del Cavallino, sta lavorando sodo sulla nuova power unit che è stata soprannominata “Superfast”: la caratteristica principale riguarderà una camera di combustione che avrà tempi di accensione rapidissimi.

Le anticipazioni dicono di nuovi condotti di aspirazione molto lunghi, capaci di creare dei moti turbolenti che dovranno favorire la velocità di propagazione della fiamma con un contemporaneo aumento di potenza e riduzione dei consumi.

Per compattare il lay out del 6 cilindri turbo i tecnici di Maranello hanno lavorato anche su un nuovo schema di lubrificazione che dovrebbe consentire di raggiungere l’affidabilità pur facendo crescere la pressione in camera e su un sistema ibrido completamente nuovo che, almeno in parte sarà sperimentato in pista sul motore 4 che dovrebbe debuttare in Turchia o negli Stati Uniti.

Mattia Binotto a una precisa domanda di Motorsport.com il team principal del Cavallino ha risposto…
“Sul motore dell’anno prossimo l’obiettivo che ci siamo posti come sviluppo e prestazioni è quello di colmare lo svantaggio che oggi abbiamo con la concorrenza. Vogliamo entrare nel 2022 sapendo che il motore dovrà sarà congelato per gli anni successivi, ma puntiamo a un propulsore che sia assolutamente competitivo e ci permetta di non avere più handicap rispetto alla concorrenza”.

A che punto siete?
“Al banco prova il motore sta progredendo nelle prestazioni secondo i piani. Oggi sono soddisfatto, sapendo che ci sono ancora alcuni mesi davanti a noi. L’esercizio non è concluso, rimane ancora da fare ma non abbiamo ritardi rispetto alle nostre tempistiche”.

In sostanza a Maranello sembra che abbiano trovato le performance del motore con soluzioni tecniche coraggiose, ma dovranno curare con particolare attenzione l’affidabilità che non è ancora un target raggiunto e le parole di Binotto lo fanno capire.

La rossa siglata 672 nasce per sfruttare un packaging estremo della power unit con il telaio che dovrebbe permettere ai telaisti di spingere certe soluzioni aerodinamiche: l’attuale motore non sarebbe trapiantabile sulla macchina 2022 se non rivedendo alcuni concetti di un progetto che, eventualmente, potrà essere adattato.

A distanza di anni sembra di rivedere una scelta presa da John Barnard, quando nel 1989 introdusse sulla 640 il cambio semi-automatico a paddle, senza lasciare lo spazio nel telaio per introdurre eventualmente una leva tradizionale e Nigel Mansell vinse al debutto in Brasile, prima che emergessero dei problemi di affidabilità sulle valvole Moog.

La Ferrari vuole osare per tornare a guardare in alto, ma non vuole fare salti nel buio. E si capisce, quindi, la voglia di introdurre sulla SF21 alcuni componenti del sistema ibrido sul motore 065/6 per vederlo in azione in pista e non solo al banco. Gli ingegneri, infatti, potranno valutare la portata del “nuovo” sul “vecchio” e avere comunque una soluzione back-up se l’affidabilità non dovesse arrivare nelle tempistiche che a Maranello si aspettano.

Bene fa la Scuderia a scommettere sul futuro, nella consapevolezza che la FIA lascerà fare degli interventi sui motori per raggiungere la durata dei 7.500 chilometri richiesti ai moderni motori di F1 (3 motori utilizzabili in 22 GP senza penalità), per cui prima di pensare a piani B conviene insistere per avere un cuore capace di rimettere in discussione la supremazia della Stella.

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