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Analisi

F1 | Tre curve, 3 verità: RB18, F1-75 e W13 al confronto dei dati

La Parabolica di Monza (veloce), lo snake di Austin (medio) e il T3 di Barcellona (lento) sono i teatri in cui abbiamo confrontato le telemetrie di Red Bull RB18, Ferrari F1-75 e Mercedes W13 per analizzarne il comportamento e capire su quali elementi i tecnici possono aver lavorato per preparare le monoposto 2023. Ecco cosa di interessante è emerso dalla lettura dei dati...

Charles Leclerc, Ferrari F1-75, Max Verstappen, Red Bull Racing RB18

Charles Leclerc, Ferrari F1-75, Max Verstappen, Red Bull Racing RB18

Mark Sutton / Motorsport Images

Ai nastri di partenza della stagione 2022, Ferrari, Red Bull e Mercedes si sono presentate con tre macchine diverse basate su tre concetti aerodinamici profondamente differenti, esaltando la creatività promossa da un nuovo regolamento tecnico che ha costretto tutte le squadre a ripartire da un foglio bianco. Nonostante nel corso del campionato i vari aggiornamenti abbiano contribuito a migliorare le monoposto, risolvendo qualcuno dei punti critici, alcuni elementi sono rimasti pressoché costanti durante l’arco del mondiale.

Per avere un quadro più completo, abbiamo messo a confronto i dati di tre appuntamenti con tre tipologie di curve dalle differenti caratteristiche per analizzare il comportamento delle tre monoposto e capire su quali elementi gli ingegneri possono aver lavorato in previsione delle vetture 2023. Dal tortuoso terzo settore di Barcellona che esalta le qualità meccaniche e di inserimento, fino alla sequenza medio-veloce di Austin dove conta il carico e la stabilità complessiva, passando per la rapida Parabolica di Monza.

Il terzo settore di Barcellona: Ferrari la più veloce nelle curve lente

Nel corso degli anni, il tracciato di Barcellona si è guadagnato la fama di vero e proprio banco di prova per i team, specie per il terzo settore, quello più lento che rimane tutt’oggi un tratto molto indicativo per farsi un’idea delle caratteristiche meccaniche e di bilanciamento di una monoposto. Per questa ragione, lo abbiamo selezionato come uno dei punti di confronto tra le tre scuderie che hanno dominato il campionato, nel tentativo di comprenderne i punti di forza e quelli deboli in una prima fase di stagione in cui erano già stati introdotti i primi aggiornamenti.

Charles Leclerc, Ferrari F1-75, nell'ultima chicane di Barcellona

Charles Leclerc, Ferrari F1-75, nell'ultima chicane di Barcellona

Photo by: Carl Bingham / Aston Martin

Sul piano cronometrico, la Ferrari fece di quell’intertempo uno dei suoi veri punti di forza, riuscendo ad ottenere i migliori parziali dell’intera qualifica con entrambi i piloti, a dimostrazione di uno equilibrio complessivo nelle curve a bassa percorrenza tale da potersi imporre come punto di riferimento.

In quel momento del campionato, le qualità della F1-75 in termini di trazione e precisione dell’avantreno riuscirono a fare la differenza, consentendo a Charles Leclerc di conquistare la pole position con quasi tre decimi di vantaggio sui rivali. Per la Rossa, quell’appuntamento rappresentò uno dei momenti chiave del mondiale: da una parte fu un ottimo weekend sul piano delle prestazioni, ma dall’altra il Cavallino si dovette scontrare con il tema dell’affidabilità, tradita da una monoposto tanto veloce quanto fragile.

Aspetti che risaltano anche dal confronto telemetrico a partire da curva dieci, un tratto a media-bassa percorrenza modificato nel 2021 con un profilo più filante, dove l’agilità e la precisione dell’anteriore della macchina di Maranello consentì al monegasco di poter sfruttare una linea più remunerativa e tornare in anticipo sull’acceleratore. Al contrario, Red Bull non riuscì ad essere altrettanto incisiva, complici i problemi di peso e di bilanciamento che costrinsero Verstappen a seguire una linea più larga per contenere il sottosterzo, aspetto di cui il campione del mondo in carica si era lamentato in più occasioni già nei primi mesi del mondiale.

Lo stesso comportamento lo si può osservare anche in curva 13, un altro tratto molto lento che prepara all’ultima chicane. Prestando attenzione ai dati telemetrici, emerge come in realtà l’olandese fosse riuscito a ricucire leggermente il margine portando maggior velocità in percorrenza, ma anche in questo caso fu soprattutto una questione di linee.

Leclerc tentò di seguire una traiettoria più interna e meno rapida per meglio posizionare la vettura per il successivo cambio di direzione, mentre il pilota della Red Bull adottò un approccio più morbido, lasciando scorrere l’auto anche a costo di sacrificare l’ingresso nella chicane.

Confronto del terzo settore di Barcellona, dove Ferrari si era dimostrata più veloce nei tratti a bassa percorrenza

Confronto del terzo settore di Barcellona, dove Ferrari si era dimostrata più veloce nei tratti a bassa percorrenza

Per il monegasco, quella fu una pennellata dipinta nell’ultimo tentativo, quello decisivo, sfruttando al meglio le qualità di una F1-75 che, in quel periodo della stagione, era capace di imporsi sfruttando un’ottima trazione meccanica, un buon equilibrio complessivo, una monoposto più leggera e tanto carico aerodinamico.

Più complesso fu il weekend della Mercedes, che si presentò a Barcellona con uno dei primi pacchetti di aggiornamenti per sconfiggere il porpoising. L’obiettivo non era solo quello di trovare tempo prezioso sul piano delle prestazioni, potendo così riabbassare la vettura verso il terreno, ma anche comprendere se le modifiche apportate potessero confermare se la direzione scelta fosse quella esatta, complice il grande lavoro di aggiornamento al CFD per ricreare modelli più accurati del fenomeno oscillatorio.

Quei correttivi aiutarono a cambiare alcuni aspetti della W13, ma altri punti deboli della sua natura rimasero ben visibili, come le prestazioni nelle curve a bassa percorrenza, dove aveva sofferto sin dall’appuntamento di apertura del campionato.

A ciò si aggiunsero anche le problematicità nel gestire la finestra di funzionamento degli pneumatici sul giro secco, tallone di Achille della Casa di Brackley per gran parte della stagione. Sul piano cronometrico, infatti, in quel tratto la Mercedes dovette soccombere anche a Haas e Alfa Romeo, squadre che condividevano alcuni punti di forza con la Ferrari. Le maggiori difficoltà si evidenziarono nei tratti più lenti in assoluto, come la sequenza 13-14-15, dove accusò un gap dai migliori di circa 6 km/h in inserimento.  

Parabolica di Monza: Red Bull domina in inserimento

Il secondo elemento del nostro confronto non poteva non essere un tratto estremamente veloce come la Parabolica di Monza, in quanto aiuta ad evidenziare alcune caratteristiche delle monoposto che si sono mantenute pressoché costanti tutto l’anno.

Davanti al proprio pubblico, gli occhi erano tutti puntati sulla più attesa, la Ferrari. Anche se le caratteristiche del circuito brianzolo giocavano più a favore della Red Bull, l’appuntamento di casa rimane sempre intriso di emozioni e, quantomeno sul giro secco, la Rossa non deluse.

Indubbiamente si trattò di un sabato strano, complici le numerose penalità che spedirono tanti top driver sul fondo della griglia, ma si trattò comunque di una qualifica entusiasmante, incerta fino all’ultimo.

Per tentare di contrastare le alte velocità di punta della RB18, la squadra di Maranello si presentò con il pacchetto a basso carico accantonato due settimane prima in Belgio, ma che avrebbe trovato la sua miglior espressione proprio nello scenario del “Tempio della velocità”.

Max Verstappen, Red Bull Racing RB18 all'ingresso della Parabolica a Monza

Max Verstappen, Red Bull Racing RB18 all'ingresso della Parabolica a Monza

Photo by: Glenn Dunbar / Motorsport Images

Una scelta che aiutò a difendersi, se non dominare, sui lunghi rettilinei, ma che pagò con qualche difficoltà di troppo nelle curve, dove Red Bull riuscì a imporsi facilmente. Il sabato di Monza fu un po’ lo specchio della stagione. Quando Ferrari era costretta a dover rinunciare a qualcosa in termini di carico rispetto ai rivali, il rischio era quello di compromettere il comportamento nei curvoni, specie sui tracciati veloci.

Al contrario, la squadra di Milton Keynes scelse un approccio differente. Pur sapendo che vi sarebbe stato il rischio di giocarsi la propria posizione di forza sugli allunghi, si scelse un assetto più carico rispetto agli avversari, il quale garantì migliori prestazioni in curva e una gestione più oculata degli pneumatici in gara.

Per spiegare questo concetto, è interessante rifarsi proprio alla Parabolica, dove Verstappen fu in grado di imporre il proprio sigillo portando maggior velocità in inserimento con una staccata più decisa, per poi mantenerla in percorrenza fino a segnare una velocità minima circa 8km/h più rapida di quella della Rossa.

Mentre l’olandese poteva spingere in entrata sapendo di avere una vettura globalmente stabile che gli avrebbe permesso di riprendere l’acceleratore senza grossi problemi, Leclerc scelse un approccio differente, rallentando maggiormente nella prima fase per poi anticipare il ritorno sul gas. Due interpretazioni differenti, ma che lasciavano intendere come in questa tipologia di situazioni la RB18 garantisse un buon margine di manovra ai propri piloti. 

Il confronto della curva Parabolica, dove Red Bull ne esce più forte in inserimento

Il confronto della curva Parabolica, dove Red Bull ne esce più forte in inserimento

Allo stesso modo, anche la Mercedes dovette fare i conti con un assetto estremamente scarico per tentare di porre rimedio a uno dei due grandi punti deboli della vettura, le mancanza di velocità sui rettilinei.

Infatti, l’eccessiva resistenza all’avanzamento ha spesso costretto il team della Stella a scendere a compromessi. Sui circuiti da alto carico, la possibilità di utilizzare ali con maggior downforce aiutava a esaltare alcune caratteristiche della W13, specie in curva, ma quando veniva meno questa caratteristica, spesso la monoposto tedesca metteva a nudo tutti i suoi problemi sia in inserimento che in percorrenza. Così fu anche a Monza, dove non fu in grado di mantenere il passo delle avversarie.

Il “serpentone” di Austin: tra precisione e stabilità

Così come Barcellona, anche il tracciato di Austin è considerato tra i più completi, grazie a un ottimo mix di caratteristiche che riprendono alcuni dei tratti più famosi di altre piste in calendario. Una delle combinazioni più interessanti è la sequenza veloce del primo settore, un misto di curve a media velocità in cui si richiede grande stabilità aerodinamica e un’auto che possa reagire prontamente nei cambi di direzione.

L’asfalto sconnesso e ricco di dossi aggiunge un altro elemento di complessità, costringendo non solo i team ad alzare leggermente la vettura da terra, ma anche i piloti a trovare il giusto compromesso nella gestione delle coperture. Portare in temperatura gli pneumatici anteriori nel giro di preparazione senza surriscaldare quelli posteriori si è rivelato un compito particolarmente arduo nel 2022 e il serpentone di Austin lo ha messo ben evidenza, con approcci profondamente differenti.

George Russell, Mercedes W13, impegnato nel primo settore di Austin

George Russell, Mercedes W13, impegnato nel primo settore di Austin

Photo by: Carl Bingham / Motorsport Images

In quel fine settimana, il team di Maranello puntò su un assetto ad alto carico che diede i suoi benefici sia nel primo che nel terzo settore, pagando però dazio rispetto alla Red Bull sui lunghi rettilinei dove era richiesta maggior efficienza aerodinamica.

E proprio nel primo intertempo la Ferrari si impose sul piano cronometrico, segnando i due migliori parziali dell’intera sessione con quasi un decimo di vantaggi sui propri rivali. Così come era già avvenuto a Suzuka qualche settimana prima in un tratto molto simile, anche negli Stati Uniti la F1-75 si dimostrò estremamente rapida ed efficace in quel genere di curve, riuscendo a portare tanta velocità in percorrenza senza linee forzate.

Un aspetto che si può apprezzare anche dal confronto telemetrico, in cui si può notare come Carlos Sainz, il poleman di giornata, fu in grado di mantenere un andamento più lineare e costante, anche nell’utilizzo dell’acceleratore. Al contrario, in alcuni punti Verstappen seguì traiettorie più aggressive passando stretto sul cordolo nella speranza di avere una vettura pronta per il richiamo nella curva successiva, come tra la sei e la sette, dove lo spagnolo della Ferrari riuscì a portare 6 km/h di velocità in più.

Il confronto del primo settore di Austin

Il confronto del primo settore di Austin

Non andò oltre il quinto tempo Lewis Hamilton, con una Mercedes che sul giro seccò si confermò ancora una volta “lì nel mezzo”: troppo distante per impensierire gli altri top team ma sufficientemente veloce per mettersi al riparo dalle squadre di centro classifica. Il grosso pacchetto di aggiornamenti comunque aiutò a ridurre il distacco da Ferrari e Red Bull, fornendo un significativo risparmio di peso che aiutò a cambiare la natura della monoposto, sotto il vestito lontana parente da quella che a inizio stagione aveva dovuto fare i conti con il porpoising.

Ma le condizioni mutevoli del vento, il progressivo abbassamento delle temperature dell’asfalto e una strategia che non diede gli esiti sperati nella fase di riscaldamento degli pneumatici, mise la W13 sulla difensiva. Per quanto la pista statunitense si sposasse bene con alcune delle caratteristiche della monoposto, come dimostrato poi anche la domenica, altre amplificarono i punti deboli di una vettura che al sabato faticava ad esprimersi al meglio, specie nella prima parte dello snake.

Uno sguardo verso il futuro

Il primo anno del nuovo ciclo tecnico è ormai giunto alla sua chiusura, con una lunga serie di dati che ha permesso ai team di comprendere le caratteristiche delle rispettive monoposto, dai punti di forza a quelli su cui lavorare.

In casa Ferrari si continuerà su quel processo di revisione già iniziato durante il 2022 nel tentativo di trovare maggior spunto sugli allunghi, ampliando così la finestra di configurazioni aerodinamiche senza la necessità di dover sacrificare la velocità in curva, specie sui tracciati più rapidi.

Durante l’anno passato, il team di Maranello aveva tentando di intervenire su questo aspetto lavorando soprattutto sulle ali, con nuove soluzioni che potessero garantire qualcosa in più a DRS aperto. Tuttavia, è chiaro che sulla nuova vettura si lavorerà anche su altre zone, specie su quella del fondo. La speranza è che questi interventi si sommino a una miglior affidabilità anche sul lato Power Unit, aspetto che potrebbe garantire qualche cavallo aggiuntivo rispetto alle fasi più critiche dello scorso campionato.

Neanche la Red Bull dovrebbe apportare rivoluzioni alla propria monoposto, trovandosi una base già molto competitiva che gli ha permesso di vincere entrambi i titoli, sia quello piloti che Costruttori. Sarà invece interessante scoprire la nuova Mercedes, che nel 2022 ha lavorato duramente per tentare di comprendere a fondo la sua W13, non solo in termini di concept aerodinamico, ma anche a livello meccanico, portando aggiornamenti fino a poche gare dal termine del mondiale. Per la squadra di Brackley sarà un anno chiave, soprattutto per capire se la direzione scelta sia quella giusta.

 

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