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F1 | Ferrari: lo 066/7 in Messico ha fatto flop in... camera

I tecnici della Scuderia hanno analizzato i dati del GP del Messico per identificare la cause di un weekend in altura nel quale le rosse hanno sofferto problemi che non si sono mai manifestati. Oltre alle difficoltà nello sfruttamento del turbo con l'aria rarefatta, la F1-75 ha patito anche dei surriscaldamenti nella camera di scoppio del 6 cilindri che hanno imposto l'adozione di mappature poco prestazionali per salvaguardare l'affidabilità.

Ferrari F1-75, dettaglio del motore

Foto di: Giorgio Piola

Troppe domande senza una risposta: nella Gestione Sportiva hanno dedicato molta cura e attenzione nel rileggere i dati del disastroso GP del Messico. Il quinto posto di Carlos Sainz e il sesto di Charles Leclerc sono piazzamenti che non hanno rispecchiato le simulazioni che la Scuderia aveva preparato in vista della trasferta sull’altopiano atzeco, posto a 2.200 metri di quota.

L’aria rarefatta (30% di portata in meno rispetto al livello del mare) ha obbligato le squadre a rivedere i sistemi di raffreddamento (radiatori e freni) e alimentazione nel tentativo di limitare la perdita di potenza che tutti registrano in quota.

Carlos Sainz, Ferrari F1-75

Carlos Sainz, Ferrari F1-75

Photo by: Andy Hone / Motorsport Images

La Ferrari è andata più in crisi di Red Bull e Mercedes e ha pagato un dazio pesante con le due rosse quasi a un minuto dal vincitore Max Verstappen in gara e in qualifica non è mai stata in battaglia per la pole.

“La macchina non era male da guidare in gara – ha spiegato con schiettezza Carlos Sainz – ma il ritmo non c’era. Sapevamo di dover fare compromessi per via dell’altitudine, ma in realtà non siamo mai stati performanti. Non so se senza aria rarefatta avremmo potuto vincere, ma sicuramente non avremmo accusato il gap finale che abbiamo visto”.

Lo spagnolo ha dato un indizio per leggere la ventesima trasferta stagionale che si è trasformata in una mezza Caporetto. I motoristi di Enrico Gualtieri erano consapevoli che qualcosa avrebbero pagato con un turbo-compressore limitato a un regime di rotazione di 103 mila giri contro i 125 mila concessi dal regolamento FIA.

Di solito il migliore riempimento del sistema di sovralimentazione si è tradotto in una grande accelerazione ai bassi-medi regimi dello 066/7, sfruttandone la massima efficienza, ma in Messico i risultati sono stati molto minori di quelli attesi.

Era tutta colpa della configurazione del turbo? Sembra di no o almeno non solo. L’attenzione, infatti, analizzando i dati si è spostata sulla combustione del 6 cilindri Superfast. I tempi di accensione rapidissimi grazie a un’elevata pressione in camera non hanno trovato la giusta miscela di aria e benzina, provocando dei surriscaldamenti che hanno consigliato di non spingere mappature elettroniche che potevano essere molto più estreme.

Charles Leclerc, Ferrari F1-75

Charles Leclerc, Ferrari F1-75

Photo by: Sam Bloxham / Motorsport Images

In particolare Charles Leclerc si era lamentato nelle prove libere di un motore che non consentiva la solita guidabilità nei transitori, registrando un comportamento della power unit inadeguato a certi regimi che hanno reso la rossa più nervosa del solito.

Lo staff in pista ha cercato di correggere il comportamento della vettura con delle modifiche al setup e lo sviluppo della F1-75 è andato nella direzione sbagliata, dando la sensazione che il gatto si stesse mordendo la coda.

Non trovando la soluzione ai problemi, la Ferrari ha puntato a fare non uno, ma due passi indietro nelle prestazioni, limitando il potenziale della power unit a una soglia che non dovesse costare dei ritiri. A Maranello hanno giocato in difesa, per portare due rosse al traguardo e incamerare punti importanti nella difesa del secondo posto nel mondiale Costruttori dall’attacco portato dalla Mercedes.

L’aria rarefatta del Messico, infatti, non ha messo in crisi solo il turbo, ma anche la delicata fase della combustione dello 066/7, il motore si sarebbe trovato a lavorare fuori da parametri che sono stati provati in simulazione, limitandone il potenziale e diventando causa prima di un weekend molto più tribolato del previsto.

E in Brasile cosa ci dobbiamo aspettare? Anche a Interlagos si è a 700 metri di altitudine ma non sono i 2.200 di Città del Messico. I valori sono vicini a quelli del Red Bull Ring dove la Ferrari ha vinto l’ultimo GP all’inizio di luglio. Verrebbe da dire che non c’è da temere la ripetizione di quanto visto sull’altopiano atzeco, ma bisognerà fare i conti con l’usura delle gomme, vero mal di pancia della F1-75…

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