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Ferrari: l'arcano delle gomme che non funzionano

Il quarto tempo di Leclerc nelle prove libere del GP di Gran Bretagna a solo tre decimi dalla testa non deve illludere: Charles Leclerc è riuscito a inventare un giro sulla veloce pista di Silverstone, ma la Rossa non è in grado di reggere il passo degli avversari top nei long run. A Maranello hanno puntato su ali molto scariche e un assetto Rake più spinto ma non hanno capito come far funzionare le gomme.

Charles Leclerc, Ferrari SF1000

Charles Leclerc, Ferrari SF1000

Mark Sutton / Motorsport Images

Charles Leclerc quarto a 296 millesimi dalla testa della tabella dei tempi. La Ferrari SF1000 come una fetta di prosciutto in mezzo al panino delle Mercedes, terza quella di Bottas e quinta quella di Hamilton. Il verdetto della prima giornata di prove libere del GP di Gran Bretagna indicherebbe che l’Ungheria è lontana. L’infamante doppiaggio di Budapest appartiene al passato?

La Scuderia, dopo la ridistribuzione dei ruoli all’interno della Gestione Sportiva, ha trovato un punto per ripartire? Non bisogna lasciarsi travolgere dalle apparenze, perché la realtà è diversa: nuda e cruda. La sostanza non è cambiata. Anzi è la stessa dell’Hungaroring: a Maranello non hanno ancora capito come bisogna far funzionare le gomme Pirelli.

Un arcano che si trascina dal 2019 a cui non è stata trovata una soluzione, ma che nel dilemma ha macinato ben due macchine. Sbagliate. Non ha funzionato quella a bassa resistenza aerodinamica (la SF90) e nemmeno quella che cercava il carico e ha trovato il drag (la SF1000). Il quesito non ha trovato una risposta, sebbene gli pneumatici siano gli stessi dello scorso anno. E, quindi, ci troviamo con una Ferrari inadeguata che annaspa, sperando che arrivi Godot.

La Ferrari si è presentata a Silverstone con le ali più scariche dello schieramento (mentre quelle della Racing Point erano quelle più cariche), confidando che la nuova sospensione a controllo pneumatico funzioni in modo dignitoso consentendo di adottare l’assetto Rake che era stato pensato in sede di progetto. L’intenzione sarebbe di trovare la spinta verticale dal corpo vettura più che dagli alettoni: il tentativo ha prodotto buone velocità massime nel primo settore e un tempo decente nel giro secco.

Ma è impossibile sperare di ripetere la prestazione in un long run perché i piloti non riescono a disegnare le traiettorie ideali, ma sono costretti ad aggrapparsi al volante per combattere il sovrasterzo nel veloce e il sottosterzo nel lento.

Leclerc è un maestro nel condurre macchine con il dietro che si muove, mentre Vettel si inibisce e somma un errore a quell’altro. La simulazione di durata è stata una delusione perché a un primo giro così così c’è stato un importante incremento dei tempi perché le gomme vanno in “pappa” troppo in fretta e i piloti sono costretti a remare.

Non sarà questa la Ferrari della rinascita, mettiamocelo bene in testa. La riprova l’abbiamo avuta oggi: Sebastian ha rinunciato al primo turno per un problema all’intercooler del turbo, poi risolto, e nel pomeriggio ha fatto i conti con qualcosa che gli ballava sui piedi, tant’è che gli hanno sostituito la pedaliera. Due problemi di affidabilità che non sono accettabili per una squadra che ha seri problemi nel cercare le prestazioni.

Nel momento in cui ci sarebbe bisogno di fare chilometri per raccogliere informazioni utili a indirizzare lo sviluppo che non c’è, il pilota d’esperienza resta ai box a fare i conti anche con quello che si rompe.

La fiducia che il presidente John Elkann ha distribuito all’intera squadra serve a non destabilizzare l’ambiente, ma quando inizierà la ristrutturazione del Reparto Corse per i tagli di personale dovuti al Budget cap si comincerà a fare sul serio. E solo allora si capirà se ci sarà una Rifondazione ferrarista…

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