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Analisi

Ferrari: la SF21 è cresciuta, ma non illudiamoci troppo

I riscontri dopo tre giorni di test in Bahrain sono stati positivi per la Scuderia, ma non bisogna crearsi troppe aspettative sulla Rossa nella prima gara 2021. La SF21 è decisamente un passo avanti rispetto alla SF1000, ma è prematuro poter dire che Leclerc e Sainz potranno lottare stabilmente per portare la Ferrari a essere la terza forza del mondiale.

Carlos Sainz Jr., Ferrari SF21

Foto di: Charles Coates / Motorsport Images

Quale Ferrari dobbiamo aspettarci nel GP del Bahrain, gara di apertura del mondiale di F1. Il team principal, Mattia Binotto ha parlato della SF21 come di una monoposto che vuole ambire a essere la terza forza dello schieramento, riprendendosi un ruolo da top team, dopo la caduta negli inferi della SF1000 che ha portato la Scuderia nella melma del sesto posto nel mondiale Costruttori.

La Rossa che inizierà la stagione forse non sarà subito dietro a Mercedes e Red Bull (o vedremo a Sakhir un ordine inverso?), ma nemmeno al di sotto del centro gruppo. Lo staff tecnico diretto da Enrico Cardile ha aggiustato il tiro sugli errori della SF1000 e la SF21 sembra un deciso passo avanti, anche se dopo soli tre giorni di test è difficile esprimere dei giudizi certi.

È indubbio che ci sono alcuni punti fermi: la power unit 065/6 rappresenta un indiscutibile passo avanti rispetto al motore depotenziato dello scorso anno. Si parla di una trentina di cavalli che hanno avuto modo di apprezzare anche i piloti dei team clienti.

La controprova la si è avuta nell’analisi delle velocità massime, dove la Ferrari non ha certo sfigurato toccando i 318 km/h sul dritto anche se le W12 sono state depotenziate (si dice di una cinquantina di cavalli) per cui non hanno mostrato quanto può valere la power unit di Brixworth con le mappature più spinte.

La crescita di potenza del motore non basta a chiudere il gap che c’era nel 2020 con le Mercedes, ma a Sakhir si è potuta apprezzare la minore resistenza all’avanzamento della SF21 con un accurato lavoro sulla riduzione del drag che si è visto in ogni aspetto della monoposto: dal muso, che per quanto sia rimasto largo ha subito un lifting, rendendo il cape un elemento utile alla maggiore snellezza con piloni dell’ala anteriore più stretti.

È stato rivisto anche l’impianto di raffreddamento visto che i radiatori a sandwich nelle pance causavano un bloccaggio che non favoriva la fluidodinamica interna, ridistribuendo le masse radianti. Per avere buone temperature della power unit, la Rossa ha mantenuto uno sfogo delle fiancate che in coda sono più grandi di Mercedes, Red Bull e Aston Martin, ma non in tutte le piste ci sarà il caldo del Bahrain per cui è facile aspettarsi dei cofani più chiusi.

L’affidabilità della Ferrari è un bene prezioso: la squadra del Cavallino (dopo AlphaTauri e Alfa Romeo) è quella che ha fatto più strada (2.186 km), raccogliendo più dati e informazioni utili allo sviluppo.

Le power unit 065/6 montate anche su Alfa Romeo C41 e Haas VF-21 hanno coperto senza guai qualcosa come la distanza di 21,40 GP, vale a dire quasi un’intera stagione di F1 che conterà su un calendario di 23 appuntamenti. Solo la Mercedes ha superato questo muro (23,12 GP), ma solo perché ha potuto contare su quattro squadre: oltre a quella ufficiale dispongono della power unit della Stella anche Aston Martin, Williams e McLaren.

Inoltre il lavoro di acquisizione ha dato riscontri importanti perché è stata confermata la piena correlazione fra pista, simulatore e galleria del vento. Non è poca cosa visto che in passato è stato un tasto dolente che spesso è costato alla Scuderia una buona qualità nello sviluppo durante il campionato.

Questi sono gli elementi positivi emersi dalla tre giorni in Bahrain: alla lista bisogna aggiungere l’ottimo debutto di Carlos Sainz. Lo spagnolo si è inserito perfettamente nella squadra, come se non fosse stato alla sua prima uscita ufficiale con la Scuderia. Le indicazioni sullo sviluppo della vettura sono in linea con quelle di Charles Leclerc, segno che c’è una buona identità di vedute fra i due giovani compagni di squadra che si possono spingere per far crescere la squadra.

Il madrileno ha chiuso i test con il terzo tempo in 1’29”611 con le gomme C4: non si sa se fosse davvero in condizioni da qualifica, ma in termini assoluti ha fatto meglio solo di un decimo rispetto a Kimi Raikkonen con l’Alfa Romeo e peggio di mezzo secondo dell’AlphaTauri del debuttante Juki Tsunoda. Insomma parliamo di due monoposto che ambiscono a stare nel nutrito gruppo di centro e non è detto che siano le più veloci nel confronto con McLaren, Aston Martin e Renault.

La Ferrari ha ridotto il gap dalla Red Bull di Max Verstappen, leader dei test, a sette decimi mentre nel GP di novembre aveva rimediato un distacco di un secondo e un decimo. Insomma un cambiamento positivo c’è stato, ma per ambire a quale ruolo?

La sensazione è che la SF21 sia migliorata in efficienza aerodinamica, ma manchi ancora di downforce. E lo si è visto nei long run dove la Rossa non ha certo brillato. Anzi, nei primi due giorni le prestazioni sono state piuttosto desolanti con un drastico aumento dei tempi (fino a 1”5) nell’arco di un run.

Le cose sono decisamente migliorate domenica, quando Carlos Sainz, con temperature più miti (al mattino c’erano 23 gradi d’aria e 43 di asfalto, mentre in serata si era scesi a 20 di aria e 24 di pista) è riuscito a limitare l’overeating delle gomme posteriori e il conseguente degrado.

La SF21 su un tracciato stop-and-go ha mostrato una buona trazione, mentre nelle curve 8 e 9 ha evidenziato una certa carenza di spinta verticale che potrebbe accentuarsi su piste nelle quali il carico conterà di più.

Insomma, non sarà una Ferrari trascendentale, ma nel momento in cui saprà gestire al meglio gli pneumatici Pirelli potrebbe ambire a quel ruolo di terza forza che dovrebbe servire da trampolino a un 2022 più ambizioso. Per ora, però, evitiamo illusioni per non creare false aspettative…

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