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Ecco com'era il piantone rotto di Senna, caro Newey!

Non è giusto inventare delle storie senza prove per motivare la tragedia di Ayrton

Adrian Newey poteva stare zitto. Avrebbe fatto più bella figura. Il progettista della Red Bull Racing dovrebbe crogiolarsi per i successi a raffica che la RB7 regala al team del bibitaro: è considerato il genio del Circus. Ovunque sia anfata ha reso le sue monoposto vincenti. La sua storia personale è ricca di grandi successi: Williams, McLaren e Red Bull Racing hanno beneficiato delle sua intuizioni tecniche sempre avanti rispetto ai regolamenti. La sua capacità di interpretare le norme è sempre stata sorprendente, con soluzioni che lasciano sempre a bocca aperta e che poi puntualmente vengono copiate dagli avversari, che si inchinano al suo sapere. Sono arrivate vittorie e mondiali a cascata. Adrian deve ancora compiere 53 anni: è ancora giovane con un lungo avvenire davanti, eppure nel momento in cui si potrebbe godere il successo, decide di tirare fuori un rospo, segno che c'è qualcosa che ribolle nella sua coscienza. L'inglese, che si è laureato in ingegneria aeronautica all'università di Southampton nel 1980, si porta dentro di sé un cruccio che a suo modo ha cercato di scaricare in un'intervista rilasciata a The Guardian. Bellissima dal punto di vista umano, ma esecrabile da quello tecnico. Newey ha ammesso di aver perso i pochi capelli che gli erano rimasti nei giorni successivi alla morte di Ayrton Senna nel Gp di San Marino del 1994. Ricordi che riportano la memoria a quel maledetto 1 maggio che ci ha portato via “Magic”. Alla curva del Tamburello, una piega che le F.1 percorrevano in pieno come fosse un rettilineo, la Williams FW16-Renault del brasiliano è partita per la tangente e si è schiantata contro il muretto di protezione, mentre era al comando della corsa. Un braccetto della sospensione anteriore si è strappato, diventando una lancia acuminata che si è conficcata fra la guarnizione di gomma e il casco del campione brasiliano. Una staffilata mortale... La causa del decesso è stata ricostruita piuttosto in fretta, mentre il fattore scatenante che ha determinato l'uscita di pista ha fatto scrivere fiumi di inchiostro e celebrare due processi. Ero ad Autosprint quando Gabriele Tarquini, all'epoca pilota dell'Alfa Romeo nel turismo, chiamò in redazione dopo l'uscita del giornale, per segnalare chi avesse tagliato il piantone dello sterzo che nelle fotografie di Angelo Orsi si vedeva appoggiato con il volante rovesciato sull'asfalto, tenuto solo dai cavi elettrici che non si erano strappati. I medici rianimatori che avevano soccorso Ayrton, una volta interpellati, erano convinti che il tubo fosse stato tagliato da un collega con un destricatore, ma alla fine è emerso che nessuno aveva toccato quel pezzo di metallo maledetto: si era staccato dal resto del piantone perché si era rotto! Le indagini metalloscopiche svolte alla Facoltà di Ingegneria dell'Università di Bologna e al Centro di Pratica di Mare avevano dimostrato con certezza assoluta che era stato modificato il piantone del pilota brasiliano con un tubo che presentava diverse cricche da fatica e mostrava segni di ruggine! Nel primo processo che si era celebrato a Imola si erano sentite argomentazioni per le quali piloti come Damon Hill e David Coulthard dovrebbero vergognarsi ancora oggi. Le oscillazioni del piantone che si sono viste dalle immagini della camera-car, secondo i due cuor di leone, erano compatibili con gli sforzi a cui è sottoposta una monoposto di F.1. Difendevano il sistema F.1 che era travolto dalle feroci polemiche , ma hanno usato delle falsità indegne per dei piloti che hanno vinto dei Gp. Segni della frenataC'era anche chi aveva cercato di attribuire la colpa della tragedia ad Ayrton. Un assurdo: “Magic” aveva tentato ogni ragionevole manovra nel tentativo di evitare l'impatto distruttivo contro il muro. La telemetria ha dimostrato che ha fatto forza sul piantone (ormai rotto) nella speranza di indurre in qualche modo le ruote anteriori a sterzare. Ha frenato (e la foto che alleghiamo lo testimonia chiaramente) e scalato le marce. Insomma Ayrton era consapevole a quale destino stava andando incontro a 304 km/h e pur con il terrore in gola ha provato a cercare una via di scampo. Inutilmente... La macchina di Ayrton è stata pressata in gran segreto non appena è stata dissequestrata dalla magistratura: non è rimasto un frammento della FW16, non doveva rimanere nemmeno un bullone della vettura che è stata il simbolo della più brutta pagina della storia della Formula 1. Qualcuno con quel gesto credeva di aver cancellato i rimorsi della sua coscienza. Ma evidentemente non è stato così... Adrian doveva tacere. E, invece, per scaricarsi ha raccontato una storia che non è stata dimostrata da nessuna prova: per lui il dramma si è innescato per una foratura lenta di una gomma posteriore. Ayrton sarebbe passato su un detrito rimasto sull'asfalto dopo il brutto incidente alla partenza che aveva determinato l'entrata in pista della safety car. Newey parla di una perdita di controllo del posteriore: la foto che pubblichiamo dimostra, invece, che la Williams è andata dritta per la tangente. Lo testimoniano i segni delle violente e ripetute frenate di Senna lungo la via di fuga. Non si può riscrivere la storia per alleggerire il proprio fardello. Almeno per rispetto di Ayrton...

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