Iscriviti

Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Italia
Ultime notizie

F1, è involuzione britannica: da padroni a... scomparsi!

Tanti team di F1 continuano ad avere base nel Regno Unito, ma chi investe ingenti somme di capitali per queste squadre è straniero. Un cambiamento epocale consumatosi in pochi anni, che porta il Circus a essere sempre meno british.

George Russell, Williams FW43, Nicholas Latifi, Williams FW43

Foto di: Mark Sutton / Motorsport Images

Il Regno Unito da molti decenni è il paese di riferimento della Formula 1. I motivi che hanno accentrato molte attività del Circus oltremanica sono stati diversi, ad iniziare dal numero di squadre presenti in Inghilterra, alla presenza di Bernie Ecclestone nel centro di Londra, fino ad una corposa presenza di investitori britannici che negli anni hanno fondato ed acquistato squadre dando una chiara impronta anglosassone al paddock.

Negli ultimi dieci anni qualcosa è però cambiato, anche se non si tratta di una mutazione vistosa. Sei delle dieci squadre presenti oggi in Formula 1 hanno ancora sede in Inghilterra, il personale britannico è sempre il più numeroso in un paddock quasi totalmente anglofono. Ma c’è una voce in cui la rappresentanza d’oltremanica ha perso drasticamente terreno: i capitali finanziari.

La cessione della Williams alla Dorilton Capital (fondo statunitense) ha sancito l’uscita di scena dell’ultima squadra di proprietà inglese. Dei dieci team presenti oggi in Formula 1, nessuno è di proprietà o controllato da società/privati britannici, ed è la prima volta che accade da quando nel 1950 ha preso il via il Mondiale. È un dato che stupisce non poco, considerando che nella storia della Formula 1 ci sono state stagioni in cui tra i team che disputavano tutte le gare in calendario l’unica squadra non britannica è stata la Ferrari.

C’è chi sminuisce la portata di questo cambiamento, sottolineando che sei squadre hanno pur sempre sede nel Regno Unito, ma c’è anche chi sottolinea l’importanza di un processo iniziato una decina di anni fa ed arrivato oggi al suo estremo: la mancanza di società o privati britannici interessati ad investire nella Formula 1. Anche la proprietà della stessa F1, intesa come controllo dei diritti commerciali, è passata di mano nel 2016, e come nel caso della Williams ad acquistare da un inglese ‘doc’ (Bernie Ecclestone) è stato un gruppo statunitense, Liberty Media.

Se il paddock continua ad essere a forte matrice britannica, nelle stanze dei bottoni i passaporti sono di altre nazionalità. Per quanto l’operatività sia sempre in grossa parte nel Regno Unito, le decisioni strategiche vengono prese altrove, e questa è una novità assoluta per la Formula 1. Anche tra i team principal, per anni un ruolo che sembrava essere quasi esclusivamente riservato a personale inglese, la presenza di manager britannici oggi è limitata a Christian Horner e Claire Williams, a conferma di un’apertura a nuovi contesti non solo nella ricerca di capitali, ma anche nei ruoli chiave.

“Sembra essere lo stesso processo che ha portato la Premier League ad avere ormai solo cinque delle venti squadre di calcio di proprietà britannica”, ha commentato un addetto ai lavori di Formula 1, ma le opinioni sono discordanti quando si cerca di capire se si tratta di una tendenza che deve o meno preoccupare un paese in cui il motorsport ha messo le sue radici come in nessun’altra nazione. C’è chi considera come elemento chiave il ‘know-how’, ovvero la conoscenza specifica del settore, che al di là della localizzazione geografica della proprietà di un’azienda resta sempre nelle sedi dei team, ed in questo caso la Gran Bretagna non deve preoccuparsi. Ma c’è anche chi teme che lasciare le decisioni strategiche in mano a gruppi stranieri nel lungo periodo potrebbe portare a scenari imprevedibili.

È un rischio, ma nell’immediato l’afflusso di capitali stranieri sta mantenendo in vista strutture che hanno rischiato anche di cessare l’attività, come nei recenti casi di Force India (diventata poi Racing Point) o la stessa Williams. La politica espansionista della Formula 1, che da anni è alla ricerca di nuovi contesti in cui fare incrementando le tappe in calendario, non è estranea ai cambiamenti geografici dei capitali coinvolti nel Circus. È un segno dei tempi, i soldi vanno cercati dove ci sono, ed oggi non ci sono frontiere che limitano questo processo. Una mappa dei proprietari delle squadre di Formula 1 senza la Gran Bretagna, oggi ‘suona’ strano, ma forse è solo questione di farci l’abitudine.

Team

Azionista di Maggioranza

Nazione di riferimento

Mercedes

Daimler AG

Germania

Ferrari

Exor

Italia

Renault

Groupe Renault SA.

Francia

Racing Point

Lawrence Stroll

Canada

Red Bull

Red Bull GmbH

Austria

McLaren

McLaren Group

Bahrain

Alpha Tauri

Red Bull GmbH

Austria

Haas

Haas

Stati Uniti

Alfa Romeo Sauber

Sauber Holding

Svezia

Williams

Dorilton Capital

Stati Uniti

Be part of Motorsport community

Join the conversation
Articolo precedente Mercedes: nuovo fondo con tre generatori di flusso
Prossimo Articolo Vettel: "Boicottare i GP? No, corriamo uniti contro il razzismo"

Top Comments

Non ci sono ancora commenti. Perché non ne scrivi uno?

Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Italia