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Analisi

F1 | De Vries è un caso: l'età non conta, fine del baby boom?

Il frisone è richiestissimo: lo vuole l'AlphaTauri e l'Alpine lo ha invitato al test dell'Hungaroring dopo il positivo debutto nel GP d'Italia con la Williams. Nyck si è fatto trovare pronto all'improvvisa chiamata e ha portato punti pesanti al team di Grove: l'olandese con i suoi quasi 28 anni non è un pilota di primo pelo, ma ha ha saputo cogliere l'occasione. Nel Circus è possibile che ora si cerchi il talento esperto senza inseguire il giovanissimo a tutti i costi?

Nyck de Vries, Williams Racing

Foto di: Mark Sutton / Motorsport Images

In un mondo che spesso viene venduto ed interpretato come super-programmato, accade ancora che una bella giornata può cambiare una carriera. È accaduto a Monza a Nyck De Vries, capace di trasformare l’ottima opportunità arrivata dalla Williams in un weekend molto positivo, concluso in una nona posizione che ha stupito la squadra, gli addetti ai lavori ed anche lo stesso pilota olandese.

Sull’onda dell’exploit monzese, De Vries nell’arco di poche ore ha visto aumentare drasticamente le sue opportunità sul mercato piloti, che in precedenza erano legate alla sola Williams.

È arrivato un colloquio con Helmut Marko, intenzionato ad averlo in AlphaTauri se (come sembra) Pierre Gasly passerà in Alpine, ed anche un test con la squadra francese, che lo ha convocato per una giornata di prove sull’Hungaroring al volante della monoposto 2021.

Nyck de Vries, Williams FW44

Nyck de Vries, Williams FW44

Photo by: Williams

Una bella storia, quella di De Vries, che riporta un po' indietro nel tempo quando le opportunità arrivavano anche senza preavviso.

Questa vicenda fa riflettere, e pone sotto una luce diversa tanti aspetti che la tendenza degli ultimi anni ha portato ormai a dare per scontati. Il primo è indubbiamente quello anagrafico: per quanto De Vries abbia un aspetto da adolescente, il prossimo mese di febbraio compirà ventotto anni.

Nyck de Vries festeggia il nono posto di Monza con il team Williams

Nyck de Vries festeggia il nono posto di Monza con il team Williams

Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images

La Formula 1 non è estranea a mode del momento, spesso figlie di una storia vincente che finisce col diventare un modello. Da anni il paddock si è votato all’idea del baby boom, ovvero la tendenza a scegliere e contrattualizzare piloti giovanissimi, chiamati ad essere campioni in pista ma anche di precocità.

Una tendenza che ha costretto più di una generazione a bruciare le tappe per rientrare nei canoni del momento, ovvero essere pronti all’esordio in Formula 1 da under-21. C’è chi c’è riuscito, ed anche in modo brillante, come nel caso di Lando Norris o George Russell, ma ci sono altri piloti che sono stati bruciati da questo sistema, che boccia sul nascere chi non fa centro al primo colpo in serie molto competitive come Formula 3 o Formula 2.

La storia di De Vries dice altro. Il pilota olandese ha esordito in monoposto dieci anni fa, completando tre stagioni in Formula Renault 2.0, una in Formula Renault 3.5, una in GP3, tre in Formula 2 e due in Formula E.

Jost Capito, CEO Williams Racing, con un sorridente Nyck de Vries

Jost Capito, CEO Williams Racing, con un sorridente Nyck de Vries

Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images

Nel frattempo ha assaggiato anche il mondo Endurance, correndo a partire dal 2019 in Lmp2. Sulla carta il percorso di De Vries non rispetta ciò che oggi chiede la Formula 1, ma dopo quanto mostrato a Monza, tutto è decaduto.

Né Alpine, né tantomeno Williams e AlphaTauri si sono soffermati sulla sua età o sul suo percorso in monoposto, a conferma che quando un pilota dimostra di essere all’altezza di un compito, tutto il resto passa in secondo piano.

C’è una logica nei criteri adottati da molte squadre di Formula 1 e si basa sull’impossibilità di effettuare test. Un pilota che si impone in Formula 2 o Formula 3 nel suo anno d’esordio, fornisce maggiori garanzie sul fronte della rapidità d’adattamento ad un nuovo contesto rispetto ad un giovane che è stato in grado di emergere nella sua seconda o terza stagione.

Tutto vero, i campionissimi non hanno mai impiegato molto tempo a farsi strada, ma non deve essere un dogma. Alla fine, ciò che conta davvero è la caratura di un pilota nel momento in cui bussa alla porta di una squadra di Formula 1, indipendentemente dal suo percorso.

Ci sono ragazzi che a volte impiegano una stagione in più per maturare al meglio delle proprie capacità, ma con i criteri di valutazione attuali fanno sempre più fatica ad avere un’opportunità. Il rischio è quello di perdere per strada piloti potenzialmente da Formula 1, che non hanno avuto una circostanza fortunata come accaduto a De Vries per mostrare ciò che possono dare.

Nyck de Vries sull'Aston Martin AMR22 nelle FP1 di Monza, poi il passaggio alla Williams

Nyck de Vries sull'Aston Martin AMR22 nelle FP1 di Monza, poi il passaggio alla Williams

Photo by: Zak Mauger / Motorsport Images

Anche sul fronte anagrafico non sarebbe certo un passo indietro rallentare un po', ma questo è un discorso che esula dalla Formula 1 ed affonda le sue radici nel karting, che ha portato piloti di tredici o quattordici anni a vincere dei mondiali costringendoli a puntare sulle monoposto prima ancora di aver compiuto il sedicesimo compleanno.

Negli ultimi anni la FIA ha saputo farsi carico di diversi aspetti legati alla gestione dei piloti, e sarebbe opportuno tirare un po' il freno anche sul fronte dell’età. Si può fare lo stesso percorso attuale ma in modo meno esasperato, ponendo magari delle basi più solide sulle quali affrontare sfide sempre più difficili ed impegnative.

Nessuno al termine del Gran Premio d’Italia si è chiesto quanti anni avesse De Vries, e questo è un segnale che deve far riflettere piloti, genitori, manager ed anche chi gestisce i programmi junior delle squadre di Formula 1.

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