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Formula 1 GP del Bahrain

F1 | Cresce il valore, ma bisogna evitare che il troppo stroppi

La Formula 1 sta vivendo un'era magica, con ricavi e seguito sempre in crescita, ma non è tutto oro quel che luccica. I prezzi dei biglietti per assistere ai Gran Premi stanno raggiungendo delle soglie pericolose a causa delle numerose richieste. Inoltre i team non vogliono rinunciare alla fetta di torta dei proventi, per cui vogliono rendere difficile l'accesso a possibili new entry.

Yuki Tsunoda, AlphaTauri AT04

La Formula 1 continua a crescere. Insieme al numero di gare ed al consenso generale che si può toccare con mano in ogni weekend di gara, crescono anche gli introiti, arrivati nel 2022 alla cifra record di 2,573 miliardi di dollari, 443 milioni in più della stagione precedente. Le quattro voci principali dei ricavi sono la vendita dei diritti televisivi, i contratti con i promoter che organizzano i Gran Premi, gli sponsor ufficiali che appoggiano la Formula 1, più il paddock club ed il merchandising.

L’aumento progressivo che da diverse stagioni si sta registrando sul fronte delle presenze in pista sta portando sempre più promoter a considerare un evento di Formula 1 un buon affare. Secondo i dati forniti da Liberty Media lo scorso anno si è registrata una presenza complessiva di spettatori nell’arco dei 22 Gran Premi pari a 5,7 milioni, quasi 260.000 per ogni weekend di gara.

Un boom di presenze che ha però una controindicazione, ovvero l’aumento del prezzo dei biglietti come effetto diretto del rapporto domanda/offerta. Ancora più drastico è stato l’aumento dei prezzi per l’accesso all’esclusivo Paddock Club (una delle voci più significative di ricavo) per tradizione tarati sulla richiesta e la vendibilità di ogni singola nazione ma ormai sempre e comunque superiori i 5/6.000 euro. Sono attese cifre da capogiro quest’anno nel Gran Premio di Las Vegas, dove tutti i record in termini di prezzi saranno distrutti.

A beneficiare di questo boom finanziario sono i detentori dei diritti commerciali, ovvero Liberty Media, ma anche i dieci team di Formula 1, che vedono crescere la ‘torta’ che viene assegnata e suddivisa come definito nel patto della Concordia.

Carlos Sainz, Ferrari SF-23

Carlos Sainz, Ferrari SF-23

Photo by: Sam Bloxham / Motorsport Images

Il calcolo articolato (e basato sul fatturato complessivo) ha definito la cifra che sarà distribuita alle squadre, ovvero circa il 60% degli introiti (meno i costi d’esercizio, che nel 2022 ammontano a 593 milioni). I team si divideranno 1,157 miliardi, con la Ferrari sempre in testa alla classifica delle retribuzioni potendo contare su un bonus storico che spetta solo alla Scuderia.

Tutti contenti? Sì, vista la tenacia con cui le squadre stanno cercando di difendere il territorio dal potenziale arrivo di nuovi team. Le squadre (insolitamente compatte) stanno cercando di alzare la barriera per tutelare i propri interessi con la richiesta di aumentare la tassa d’ingresso imposta a potenziali nuovi team dai 200 milioni attuali a 600, in virtù di un business diventato decisamente redditizio.

Una tassa che secondo le squadre è giustificata dalla quota di premi che ogni team perderebbe, dovendo dividere per undici (nel caso di ingresso di una nuova squadra) ciò che oggi è diviso per dieci.

Ma ci sarà da discutere, perché alla fine i criteri di ammissione saranno definiti dalla FIA, ed anche se la Federazione Internazionale è estranea alla gestione commerciale, non sarà accettato in modo passivo alcun limite che possa rappresentare un ostacolo insormontabile nei confronti di strutture intenzionate ad entrare in Formula 1.

C’è anche un’altra conseguenza che comporterebbe una tassa da 600 milioni, ed è quella che il valore delle squadre attualmente presenti sarebbe come minimo equivalente a quello della tassa d’ingresso. Per alcune squadre minori rappresenta l’assicurazione di poter realizzare (in caso di vendita) un ricavo semplicemente inimmaginabile solo tre anni fa.

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