Contratto Hamilton: Lewis gioca duro come Senna nel 1993?
L'epta campione non ha ancora firmato il rinnovo del contratto con la Mercedes per il 2021. Un altro campione del mondo di F1 aveva tirato la corda nel 1993: si trattava di Ayrton Senna che era riuscito a farsi pagare a gettone da Ron Dennis (un milione a GP) perché il brasiliano non era contento delle scelte tecniche McLaren sul motore. Lewis non firma per altre ragioni, ma per entrambi "...l'ingaggio è uno dei parametri che conferma il valore del pilota".

Il protrarsi dell’annuncio che confermerà Lewis Hamilton al volante della Mercedes anche nella stagione 2021 ha riportato alla mente un’analogia che risale a 27 anni fa.
Allora, come oggi, al centro della scena c’era il pilota più rappresentativo della Formula 1, ovvero Ayrton Senna, che nel gennaio del 1993 continuava in Brasile a ricevere telefonate di Ron Dennis, patron della McLaren, allarmato dalla posizione presa dal suo pilota.
Dopo cinque anni, nella collaborazione che portò Senna alla conquista di tre titoli Mondiali, iniziò a formarsi qualche crepa. Trascorsero lunghi mesi e si arrivò all’inizio del 1993 senza alcun annuncio, facendo nascere un vero e proprio caso: cosa farà Ayrton? Sta bluffando o alla fine rinuncerà davvero a scendere in pista?

Ayrton Senna sul podio nel 1993 dopo la vittoria in Brasile con la McLaren
Photo by: Sutton Images
Una fotografia identica a quella attuale, anche se le motivazioni che ci sono alla base sono differenti.
Le origini del ‘mal di pancia’ di Senna erano puramente tecniche, e risalivano ad una scelta presa a metà della stagione 1991, come ricordato di recente dal manager del pilota brasiliano, Julian Jakobi.
“Quell’anno eravamo a Spa – ha ricordato Jakobi – e arrivammo alla conclusione di due trattative, in pratica avevamo una proposta McLaren ed una Williams. Ayrton sentiva di dover puntare sulla Williams (la monoposto più competitiva del lotto) ed ero pronto la mattina di domenica a chiudere la trattativa. Ma sabato sera Senna parlò a lungo con il presidente della Honda Kawamoto, e decise di restare fedele anche per il 1992 al progetto giapponese. Così, a sorpresa, mi disse di preparare il contratto finale con la McLaren”.
Quello che Ayrton non poteva sapere è che un anno dopo la Honda avrebbe annunciato il suo ritiro dalla Formula 1. Una decisione shock, che portò Senna alla mossa disperata di proporsi in Williams nel 1993 gratuitamente, ma la risposta che ricevette fu un ‘no’ deciso poiché era stato posto un veto molto chiaro alla sua presenza nel team da parte di Alain Prost, già contrattualizzato da tempo in Williams per la stagione ’93.
La prospettiva era quindi quella di correre il Mondiale con la McLaren equipaggiata con una fornitura di motori Ford ‘clienti’, e la consapevolezza che non sarebbe stato possibile puntare al titolo numero 4.
Senna trascorse l’inverno in Brasile, e sia per rabbia che per un senso di rivalsa nei confronti della McLaren, colpevole di non avergli garantito un motore all’altezza per il 1993, il brasiliano rispose a Dennis che la cifra proposta per disputare il Mondiale (cinque milioni di dollari) bastava per le prime cinque gare: in pratica un milione di dollari a gara. Questo avrebbe dato tempo a Dennis di cercare altri fondi per garantire al brasiliano altri dieci milioni di dollari per la restante parte di stagione.

Ayrton Senna, McLaren MP4/8 Ford
Photo by: Motorsport Images
Senna centrò il timing corretto, Hamilton no
Ayrton vinse la sua scommessa, perché nelle prime cinque gare del 1993 materializzò dei veri e propri capolavori (su tutti la vittoria di Donington) arrivando al termine del quinto Gran Premio stagionale con una classifica che lo vedeva a soli due punti dal leader Prost, ottenendo il suo contratto che in quel momento divenne il più pagato nella storia della Formula 1.
Il timing scelto da Hamilton, invece, si è confermato meno fortunato. Lewis avrebbe potuto confermare il suo rinnovo con Mercedes nel febbraio dello scorso anno, con una condizione generale favorevole, ma decise di prendere tempo contando su una stagione 2020 che lo avrebbe fatto diventare il pilota più vincente di sempre.

Lewis Hamilton, Mercedes F1 W11
Photo by: Charles Coates / Motorsport Images
Di fatto Lewis ha centrato l’obiettivo in pista ma sono sopraggiunte tre variabili impreviste: la pandemia Covid, che ha creato grandi difficoltà economiche (sia alla Formula 1 che allo stesso Gruppo Daimler), l’exploit di George Russell nel Gran Premio di Sakhir, e il riassetto societario del team Mercedes F1.
Il contesto attuale, quindi, è molto differente da quello immaginato da Hamilton lo scorso febbraio, e Lewis sta conducendo una trattativa decisamente più in salita del previsto. L’accordo arriverà, ma il manico del coltello è nelle mani della Mercedes, ed il ritardo nell’annuncio del rinnovo conferma quanto i negoziati siano difficili.
Il 2020 ha portato ad Hamilton il mondiale numero sette, così come la consapevolezza di avere tutto ciò che serve per provare in questa stagione l’assalto al titolo numero otto.
Ma oltre a Lewis lo sa anche la Mercedes, che sul tavolo delle trattative sta mettendo tutto il possibile.
Alla fine è questione di orgoglio, perché i dieci milioni in meno del previsto che Hamilton rischia di guadagnare in questa stagione non cambiano certo la sua vita, ma come sottolineò più volte lo stesso Senna “l’ingaggio è uno dei parametri principali che conferma il valore di un pilota”.
Una corsa, anche questa, che ogni top-driver vuole vincere.
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