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Analisi

Brembo: nel banco c'è una mini "galleria del vento"

Scopriamo quale può essere l'influenza dell'impianto frenante nello sviluppo aerodinamico delle F.1

Mercedes W06 Hybrid, dettaglio dei cestelli dei freni aperti per metà

Foto di: Effe 1 Tech

Chi ha cambiato il modo di interpretare la Formula 1 è stato Adrian Newey, il geniale progettista della Red Bull Racing. L’ingegnere inglese, che ha avuto i natali nello stesso paese di Williams Shakespeare, Stratford-upon-Avon, negli ultimi anni ha dato alla tecnica delle monoposto da Gp un’impronta inedita, per lo più sconosciuta al grande pubblico. Secondo lui ogni componente della macchina deve servire a migliorare le performance. L’impianto frenante, per esempio, non può “limitarsi” a rallentare la vettura nel minore spazio possibile nelle staccata, ma deve contribuire ad assolvere ad almeno un altro paio di funzioni: scaldare le gomme perché entrino in temperatura già nel primo giro di qualifica o di gara, quando non servono a migliorare l’aerodinamica e contribuiscono a ridurre la resistenza all’avanzamento.

IMPIANTO FRENANTE DIVERSO PER OGNI TEAM DI F.1
La Brembo, leader mondiale in materia di freni, ha scelto il Motorsport come banco di prova per la ricerca: l’innovazione che deriva dalle corse produce sempre una ricaduta sul prodotto di serie. La Casa bergamasca è impegnata in Formula 1 con sei squadre. Per soddisfare le richieste dei progettisti, quindi, non basta fornire i migliori impianti frenanti del Circus: “Durante un campionato – spiega Mauro Piccoli, direttore di Brembo Racing - ci possono essere anche tre o quattro step di sviluppo sui dischi in carbonio che possono riguardare tanto la riduzione del diametro del disco posteriore piuttosto che lo studio di una nuova ventilazione o la modifica della fascia frenante per riuscire a usare i dischi a temperature diverse. Un paio di soluzioni le sviluppiamo noi nel corso della fornitura, mentre le evoluzioni sono chieste dalle squadre: c’è una personalizzazione per ogni team di F.1 anche le più piccole che non permette di realizzare uno stock di parti uguali”.

PER UN DISCO MILLE FORI SERVONO 12 ORE DI LAVORAZIONE
Basti dire che un solo disco in carbonio del tipo “mille fori” di raffreddamento richiede una lavorazione di fresatura di circa 10/12 ore. E per ciascuna tipologia di circuito ci sono dischi con fori di smaltimento del calore che possono variare per grandezza e disegno. Ogni impianto, insomma, è il frutto di una customizzazione, di un accurato studio che coinvolge i tecnici delle squadre in stretta collaborazione con l’equipe di Brembo Racing che ormai consta di 180 specialisti.

IL BANCO DINAMICO È UNA “MINI GALLERIA DEL VENTO”
La ricerca, quindi, è stata estremizzata: da quando i test in pista nel corso della stagione sono vietati, è necessario effettuare il lavoro di sviluppo ai banchi prova. E Brembo Racing, sempre molto sensibile alle sollecitazioni dei team, è stata la prima a dotarsi di due banchi dinamometrici che sono gelosamente tenuti nascosti nel modernissimo stabilimento che si trova a Curno. Uno, in particolare, è un “gioiello” che è invidiato da quasi tutto il Circus. Di che si tratta? Di una sorta di mini “galleria del vento”, anche se il termine è improprio, dove è possibile modificare la portata d’aria del raffreddamento simulando esattamente quello che succede sulla vettura in termini di flussi. Un tema affascinante quanto sconosciuto.

BRAKE DUCT, CAPOLAVORI DI… ARTE MODERNA
Intorno alle ruote di Formula 1 abbiamo visto svilupparsi nel tempo delle brake duct in carbonio sempre più complicate, con prese d’aria, flap e deviatori di flusso sempre più sofisticati nel disegno (sono dei veri capolavori di arte moderna) perché gli aerodinamici hanno capito che ripulire l’aria dalle turbolenze che si generano con il moto rotante della gomma si può ridurre la resistenza all’avanzamento della monoposto o aumentare il carico aerodinamico.

IL CESTELLO NASCONDE MOLTI SEGRETI
Con regolamenti FIA che sono a maglie molto strette, quando si trova un filone di ricerca che può produrre delle prestazioni viene scandagliato dagli ingegneri. E attorno al mondo dei freni si sono scoperte cose molto interessanti. Se le brake duct sono il frutto del lavoro che è visibile, vale la pena cercare di capire che influenza può avere l’impianto frenante nelle parti che non si possono osservare. Il disco, la pinza e il porta mozzo sono ormai nascosti dentro ad un “cestello” in materiali compositi. Si tratta di una copertura che è frutto di studi complicatissimi al CFD che poi trovano applicazione al banco della Brembo. Allora abbiamo chiesto ragguagli a Roberto Malagoli, il responsabile del testing che per anni è stato uno dei volti di Brembo nel paddock del Circus e che ora cura anche la “mini galleria” nel reparto esperienze.

SUL BANCO SI MONTA IL CORNER COMPLETO
“Si tratta di un banco sul quale è possibile simulare il funzionamento di un impianto frenante completo relativo a 1 corner e si possono analizzare tutte le implicazioni che se ne possono trarre. I team lo prenotano per una settimana di test in esclusiva. Vengono qui e si portano il loro materiale. Montano il loro “corner” completo con tanto di sospensione e di ruota sul banco dinamometrico”. Che test si effettuano? “Prima di tutto delle normali prove di frenatura simulando una gara vera con i dati telemetrici: si controllano temperature, coppie di frenata, raffreddamento. È tutto gestito elettronicamente con specifici programmi. In realtà i team, trovata la base di lavoro, poi sperimentano nuove soluzioni: montano cestelli diversi più o meno chiusi, modificano le canalizzazioni e introducono piccoli elementi aerodinamici”.

L’ARIA CALDA DEI FRENI SERVE ANCHE A… SCALDARE LE GOMME
Ovviamente introducendo una modifica alla volta, proprio come avviene nell’indagine in galleria del vento. In un passato recente si cercava la più rapida espulsione dell’aria calda dei freni per preservare l’impianto. Oggi, invece, i progettisti preferiscono selezionare i flussi d’aria tanto d’entrata (ci sono prese che alimentano il disco e altre che servono la pinza) che d’uscita. Se c’è l’esigenza di scaldare il cerchio per mandare in temperatura le gomme si usano cestelli che hanno una finestra in prossimità del disco, in modo tale che l’aria rovente (nei picchi di staccata si toccano anche 1000 gradi!) venga indirizzata dove serve sulla ruota, e non vada dispersa. La Ferrari, per esempio, sfrutta cestelli chiusi con tre aperture a goccia che a inizio stagione erano tonde.

QUATTRO TEAM FANNO RICERCA NELLA STRUTTURA DI CURNO
Si tratta di un lavoro certosino che va fatto in un ambiente dopo le prove possono essere ripetibili con gli stessi risultati. Quattro team usano con una certa regolarità il banco della Brembo Racing e alcuni hanno cercato di riprodurre la “mini galleria” nella propria factory intuendo l’importanza strategica di questa delicata parte della monoposto. “Sul banco c’è un potente ventilatore che gira a velocità costante – prosegue Malagoli - : poi c’è un regolatore del motore elettrico che è controllato da un software che aumenta o riduce la portata di aria verso il “corner” completo esattamente come se fosse montato sulla monoposto in pista. La portata dell’aria è modulata in funzione della velocità della ruota. A 360 km/h si percorrono 100 m/s, ma l’aria che entra nei condotti è soggetta a delle resistenze che generano delle perdite di portata che possono arrivare a un terzo: la velocità del flusso, quindi, scendendo a soli 30 m/s. Ecco perché si misurano le pressioni all’ingresso della presa d’aria, nei condotti o in differenti punti del cestello. L’impianto deve essere efficiente altrimenti necessità di prese più grandi che sporcano l’aerodinamica”.

CI SONO I MOZZI FORATI PER MIGLIORARE L’AERODIMANICA
Red Bull Racing, Ferrari, Williams e McLaren su certi tracciati (quelli meno veloci) utilizzano i mozzi forati: l’aria dei freni, infatti, viene convogliata al centro della ruota, dove si generano meno turbolenze. Il flusso caldo che esce dal cerchio è utile a indirizzare l’aria che viene deviata dalla paratia dell’ala anteriore perché aggiri il “muro” della gomma anteriore: se si trova una buona “sincronizzazione” delle vene fluide è possibile far riattaccare il flusso al diffusore posteriore aumentando il carico aerodinamico. Si tratta di un esercizio molto difficile che richiede lunghi studi di simulazione al CFD e prove pratiche al banco Brembo di conferma del lavoro.

LA RICERCA NON SI FERMA…
Accanto a Malagoli oltre all’ingegnere veicolista e ai meccanici che montano e smontano i singoli particolari, c’è anche un aerodinamico che, leggendo al computer i valori rilevati dai sensori, è in grado di valutare l’incremento di efficienza del… sistema frenante. “Ho notato che capita spesso di vedere cercare alcuni risultati e trovarne altri, diversi dalle simulazioni fatte al computer – conclude Malagoli – aprendo nuovi scenari da sviluppare…”. E Brembo Racing sarà pronta a implementare i suoi sistemi frenanti con le novità, mostrando una multidisciplinarità dei tecnici: la F.1 rappresenta l’apice della tecnologia automobilistica e chi ci lavora non può mai dormire sugli allori…

 

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