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Arrivabene: "Vettel sa farsi volere bene dalla squadra"

Il team principal Ferrari ricorda anche le impuntature iniziali quando voleva imporre delle idee Red Bull

Terzo Sebastian Vettel, Scuderia Ferrari

Foto di: XPB Images

Sebastian Vettel, Ferrari SF15-T sulla griglia
(Da sinistra a destra): Sebastian Vettel, Ferrari with Bernie Ecclestone, sulla griglia
(Da sinistra a destra): Sebastian Vettel, Ferrari with Bernie Ecclestone, sulla griglia
(Da sinistra a destra): Maurizio Arrivabene, Ferrari Team Principal con Bernie Ecclestone, e Sebasti
Sebastian Vettel, Ferrari SF15-T

Sebastian Vettel ha conquistato il tredicesimo podio dell’anno al debutto con la Ferrari: nessuno pilota del Cavallino era riuscito a ottenere tanto in precedenza (Raikkonen 12 nel 2007 e Alonso 10 nel 2010): in poco tempo il tedesco ha conquistato la gente di Maranello. Come ha fatto lo domandiamo a Maurizio Arrivabene, team principal del Cavallino.
“È un ragazzo che si è buttato nel mondo Ferrari veramente a 360 gradi, quasi a peso morto. Non è arrivato con il piglio del quattro volte campione del mondo, ma con l’atteggiamento di una persona normale. Devo dire che ho visto molti pregi in lui. Difetti? All’inizio si impuntava su certi particolari, ma, quando ha cominciato a conoscere meglio la Ferrari, ha capito che era in una grande azienda e con una grande squadra. Tutti i ragazzi gli vogliono molto bene e sa farsi volere bene. La cosa più importante è che ha anche un ottimo rapporto con Kimi. Il bello è che il fatto che si sia integrato bene a Maranello non ha creato dei muri con l’altro pilota. Ad Austin i due hanno viaggiato insieme, ogni tanto lo fanno. E spesso e volentieri si scambiano le informazioni fra di loro nei briefing, per cui si aiutano molto”.

Quali erano le impuntature?
“Quando sei molto attento ai dettagli e non conosci bene l’azienda, magari pensi che, parlando della tua passata esperienza, puoi portare qualcosa di utile. Ma non è stato così. Credo che questa per lui sia stata una bella lezione che lo ha aiutato a integrarsi ancora di più. Del resto posso dirvi che è un errore che ho fatto anch’io all’inizio: pensavo di arrivare a Maranello e cambiare tante cose. E, invece, la prima cosa da fare era cercare di capire dove ero arrivato: quando me ne sono reso conto, mi sono ho detto: “Un attimo qui c’è un azienda con una grande storia, la cosa che posso fare è solo conoscerla bene e poi cercare di dare il mio contributo nella consapevolezza di aggiungere solo una riga a un libro che è stato scritto da un certo Enzo Ferrari”.

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