F1 | Analisi Ferrari: il perché di una mancata prima fila
Prima delle qualifiche le aspettative della Rossa erano quelle di riuscire a piazzare quantomeno entrambe le vetture in seconda fila, approfittando di una Aston Martin che non sembrava nel suo miglior stato di forma. Al contrario, in pochi minuti il sabato della Ferrari si è completamente ribaltato, con le due SF-23 che prenderanno il via dalla terza e dalla settima casella. Capiamo cosa è successo e cosa è mancato nel sabato di Miami.
Un alto potenziale che non si è tramutato nel risultato sperato. Nel sabato di Miami, la Ferrari non ha raccolto ciò che sperava, andando incontro a un terzo e settimo posto che lascia l’amaro in bocca soprattutto perché davanti alle due Rosse è riuscito a piazzarsi anche Fernando Alonso, vero obiettivo del weekend.
Le qualifiche rimangono una delle sessioni più emozionanti e difficili da leggere dell’intero fine settimana, con speranze e aspettative da giocare in una manciata di secondi su quel limite che ogni pilota tenta di inseguire alla ricerca del giro perfetto. Alle volte capita di riuscirsi, alle volte quella stessa voglia di andare oltre, di rende possibile l’impossibile porta a una cocente scottatura, come la delusione palpabile nel box del Cavallino dopo una mancata prima fila che avrebbe permesso di vedere la corsa da una differente prospettiva.
Su una pista particolarmente che ci si aspetta essere particolarmente probante sul lato della gestione gomma, riuscire a prendere il via davanti allo spagnolo dell’Aston Martin sarebbe stato cruciale, mettendosi subito alle spalle una AMR23 che generalmente la domenica riesce a fare uno step in avanti.
Charles Leclerc, Ferrari SF-23
Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images
L’errore di Leclerc pesa in ottica gara
Senza perdersi in giri di parole, l’errore del monegasco ha chiaramente pesato in maniera importante su quelle che sono le attese nel box Ferrari in vista dei cinquantasette giri che si dovranno completare domenica. D’altra parte, anche gli errori fanno parte della ricerca del limite e della Formula 1, sta tutto nel minimizzarli: spesso quella stessa “esuberanza” al volante è l’elemento che ha portato Leclerc a prendere il via dalle posizioni più nobili della classifica, semplificando notevolmente la gara del Cavallino.
Pretendere un’intera stagione senza macchie sarebbe sostanzialmente impossibile, ma questa non è e non può essere una giustificazione e il primo a capirlo è stato lo stesso Charles, sempre molto esigente verso sé stesso. “È difficile per tutti. In due giorni ho commesso due errori nelle stesse curve, dunque sì, non è accettabile. Sono sempre molto severo con me stesso e oggi non è andata bene. Spesso in qualifica riesco a estrarre il massimo dalla mia macchina, ma sì, alla fine è lo stesso errore che ho fatto ieri”, ha spiegato l’alfiere della Rossa al termine delle qualifiche.
Stesso tratto, ma dinamica differente, perché in realtà i due incidenti del venerdì e del sabato hanno pochi punti in comune, se non per il fatto di aver perso il posteriore. Se quello delle prove libere era principalmente dovuto all’aver richiesto troppo al retrotreno portando tanta velocità in percorrenza, quello del sabato vede le sue ragioni principalmente nel modo in cui il monegasco ha attaccato i “cordoli” nel cambio di direzione.
La Ferrari SF-23 di Charles Leclerc, dopo l'incidente nella Q3
Photo by: Steven Tee / Motorsport Images
Per tutto il fine settimana si è potuto osservare come la SF-23 abbia mostrato una certa sofferenza nei tratti veloci, patendo un certo distacco dalla Red Bull, anche in questo caso vero punto di riferimento per tutti. Una Rossa che ha pagato soprattutto la seconda parte della sequenza, quella con il richiamo dove conta avere una buona stabilità aerodinamica. Ciò lo si è potuto osservare anche nei confronti di Aston Martin, che del carico complessivo fa il suo punto di forza.
“Nelle curve ad alta velocità in particolare. Abbiamo visto Charles a muro, anche io sono stato molto vicino a fare due incidenti nel corso della terza sessione di libere, nello stesso punto. La nostra vettura è piuttosto imprevedibile al momento, stiamo cercando di sfruttarla nel miglior modo che possiamo, ma sia io che Charles siamo davvero al limite. Alle volte capita”, ha poi spiegato Sainz.
Seppur non figuri come motivo principale del testacoda del compagno di casacca, questa imprevedibilità pesa per un pilota, con la SF-23 che in quel tratto si è spesso dimostrata al limite toccando in più occasioni l’asfalto. Minor margine, maggior rischio di finire a muro e la Ferrari ha parzialmente pagato anche questo aspetto. Tuttavia, l’incidente in sé è più dovuto a una questione di traiettorie, perché il monegasco è andato a sfiorare proprio quel dislivello alla fine della zona del cordolo, quella su cui nemmeno i Red Bull hanno osato mettere le gomme.
Confronto Leclerc-Perez Q3 del GP di Miami
Photo by: Gianluca D'Alessandro
Con una vettura già al limite, quella piccola variazione d’altezza ha portato la vettura numero 16 a “spanciare” contro l’asfalto e, con un posteriore già in fase di compressione, a quel punto non vi è stato più nulla che si potesse fare per recuperare la vettura. Non è stata, quindi, una questione di velocità portata in curva, per altro simile a quella del tentativo precedente, come al venerdì, quanto piuttosto una dinamica poco fortunata alla ricerca dell’ultimo centimetro in una situazione già al limite.
Un giornata deludente, soprattutto dal visto del risultato più che della performance, perché il monegasco sembrava avere tutte le carte in regola per mettere la sua SF-23 nelle prime posizioni. A dimostrarlo è anche il run completato a inizio Q3 dove, senza l’errore all’ultima staccata, sarebbe stato in grado di conquistare la seconda casella sulla griglia di partenza alle spalle di Sergio Perez. Come al venerdì, la monoposto del Cavallino ha pagato soprattutto le “scarse” velocità di punta rispetto alla RB19, così come una velocità di percorrenza inferiore nei tratti più rapidi, tra cui proprio quello in cui è avvenuto l’incidente.
L’aspetto positivo risiede però nella buona prestazione nei tratti lenti, così come si era già visto in Australia e in Azerbaijan: da questo punto di vista, la vettura di Maranello sembra aver trovato quel che aveva perso a inizio campionato, un segnale incoraggiante.
Charles Leclerc, Ferrari SF-23
Photo by: Zak Mauger / Motorsport Images
Sainz: un terzo posto con mezzo sorriso
Se da una parte dei box si guarda con più di un pizzico di delusione a un sabato difficile da digerire, dall’altra parte c’è un mezzo sorriso, che in realtà però nasconde un po’ di amarezza. Durante le prove libere, Sainz era sembrato in palla, sicuramente più di quanto non lo fosse a Baku, dove lo scarso feeling con l’auto aveva pesato oltremodo. Eppure, proprio nel momento decisivo, è mancato quello step in più, quella differenza che i grandi campioni sono in grado di fare.
Una differenza che è stato in grado di mettere in pista Fernando Alonso, secondo con la sua Aston Martin. Prima delle qualifiche non c’era grande ottimismo nei box del team britannico, con l’asturiano che aveva chiesto di tornare all’ala posteriore più scarica dopo i riscontri non esaltanti emersi il sabato mattina. Non sembrava decisamente la giornata di Alonso, costretto in Q2 a montare un secondo set di soft per non correre il rischio di ritrovarsi fuori dai primi dieci. Ciò lo hai poi spinto a completare il primo tentativo della manche conclusiva su gomma usata, ed è proprio lì che è uscita fuori la magia.
Confronto Sainz-Alonso Q3 del GP di Miami
Photo by: Gianluca D'Alessandro
“È stata una buona qualifica, credo che le FP3 siano state un po' incasinate per noi. Abbiamo provato diversi assetti e non hanno funzionato, ma il team ha ovviamente messo la macchina in una situazione che conoscevamo dopo le prime quattro gare e la vettura ha preso vita in qualifica”, ha poi spiegato Alonso.
Al contrario, Sainz ha pagato soprattutto una fase di riscaldamento degli pneumatici lontana dalla perfezione, tanto da essere certo che, con il secondo giro, avrebbe potuto estrarre ancor più potenziale dalla vettura. Osservando le telemetrie, emerge come la AMR23 sia stata in grado di giocarsela dove ci si aspettava che avrebbe ben figurato, ovvero nei tratti più rapidi, come a Jeddah. Ciò lo si può apprezzare soprattutto in curva 4-5-6, mentre la SF-23 si è confermata più efficace nei tratti lenti.
Una differenza prestazionale che, però, ha pagato solo in parte, perché è interessante segnalare come la macchina di Silverstone abbia mostrato buone velocità di punta nel corso delle qualifiche, soprattutto nel rettilineo che porta alla staccata di curva undici.
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