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Ricordo

Addio Tavoni: "cacciato" da Maranello inventò la F. Monza

Ragioniere di Casinalbo, è scomparso ieri all'età di 94 anni, braccio destro di Enzo Ferrari negli Anni Cinquanta fino alla clamorosa cacciata. Poi la chiamata all'Autodromo di Monza dove contribuì alla nascita della Formula Monza, la serie addestrativa che ha formato generazioni di piloti, team manager, piccoli Costruttori e preparatori dando linfa alla base dell'automobilismo nazionale. Romolo ci aveva ricordato quei giorni dolorosi dell'uscita dalla Ferrari.

Romolo Tavoni

Romolo Tavoni

Si è spento ieri all’età di 94 anni: con la scomparsa di Romolo Tavoni la Ferrari perde un altro pezzo della sua storia che l’ha trasformata in mito. Se n’è andato in punta di piedi un personaggio cardine per Re Enzo, ma anche un pilastro dell’attività sportiva in Italia.

Nato a Casinalbo, un paesino nella provincia di Modena nel 1926, Romolo era un ragioniere con la passione per i motori. Dopo un’esperienza in Maserati dove era stato per sette anni, negli Anni ’50 è entrato alla Ferrari meritandosi la fiducia del Drake che ne aveva fatto il suo segretario e dal 1957 divenne anche il direttore sportivo della Scuderia.

In quell’epoca era sicuramente una delle persone a più stretto contatto con il Commendatore, tanto che è stato per anni il suo braccio destro: ha vissuto grandi soddisfazioni sportive e drammi. Due titoli mondiali di Formula 1 con Mike Hawthorn nel 1958 (Ferrari 246) e con Phil Hill nel 1961 (Ferrari 156) e tanti successi nelle corse di durata.

Romolo Tavoni

Romolo Tavoni

Poi l’uscita burrascosa dal Cavallino nel 1961 e, quindi, i vani tentati all’ATS e alla Scuderia Serenissima del Conte Volpi di Misurata. Tavoni approdò in seguito alla CSAI, entrando all’ufficio Sportivo dell’ACI di Milano, prima di essere chiamato all’Autodromo di Monza, come responsabile direttore e poi anche responsabile delle attività sportive.

Romolo Tavoni

Romolo Tavoni

L’impronta di Romolo è stata determinante alla nascita di generazioni di piloti: era stato incaricato dal Luigi Bertet, presidente dell’AC Milano, di pensare e realizzare una categoria addestrativa per giovani piloti e Monza doveva diventare la palestra permanente non solo per i piloti ma per tutto il mondo che gravita intorno alle corse: Costruttori, preparatori, meccanici ma anche giudici di gara, commissari di percorso e quant’altro.

Nacque il Trofeo Cadetti nel 1965 con la F.875 derivata dal motore della Fiat 500 Giardiniera con telaio tubolare e sospensioni e cambio delle piccola vettura torinese. Fu un successo: negli Anni ‘70 la Formula Monza vedeva oltre 100 vetture in pista. E su quelle monoposto si formarono talenti come Michele Alboreto e Ivan Capelli, tanto per citarne solo un paio.

Uomo limpido, cristallino, ma dalla forte personalità. Tavoni era anche un grande polemista, capace di rasoiate nei suoi giudizi, ma anche di sincere ammissioni di colpe. Nel 2004 ci raccontò la sofferenza per l’uscita da Maranello che aprì la strada a un giovane Mauro Forghieri che all’età di 26 anni si era ritrovato a capo della direzione tecnica del Cavallino dopo la contemporanea fuoriuscita di ben otto dirigenti che avevano rivoluzionato la struttura del Reparto Corse.

Enzo Ferrari aveva cacciato da un giorno all’altro i due progettisti, Carlo Chiti e Giotto Bizzarini, il direttore sportivo, Romolo Tavoni e le principali figure dell’area produzione, fra cui il direttore Federico Giberti.

“Ho perduto i miei generali – aveva commentato Ferrari – perché si sono comportati come dei caporali e non posso tenere dei caporali nel ruolo di generali”.

Un giudizio durissimo che poi a distanza di anni ci è stato spiegato proprio da Romolo Tavoni: “La moglie di Ferrari non stava già bene, eppure si era messa in testa di seguire le corse in prima persona e il Commendatore l’aveva lasciata fare, ma non poteva immaginare quanti guai avrebbe creato alla squadra per i suoi malori improvvisi e certi comportamenti stravaganti”.

Uno degli otto dirigenti ricevette uno schiaffo da Laura Garello nel Reparto Corse e il gesto non passò inosservato. Gli otto scrissero e firmarono una lettera a Ferrari chiedendo alla fine del campionato 1961 che la signora non interferisse più nell’attività del Reparto Corse, perché si erano verificati degli episodi che avevano messo in cattiva luce i responsabili del team rispetto ai dipendenti.

“Per tre settimane – ci aveva rivelato Tavoni - alle riunioni del martedì Ferrari si era presentato con la sua agenda e con dentro la nostra lettera aperta. Ci aveva fatto capire che era a conoscenza delle nostre intenzioni, ma non parlò mai dell’argomento. Noi eravamo rimasti stupiti”.

Ma al martedì successivo ci fu la grande sorpresa: “Arrivò Valerio Stradi che era il mio vice che ci invitò tutti e otto a ritirare la liquidazione e a lasciare la Ferrari entro mezzogiorno”.

Un gesto molto duro del Commendatore: “Chiesi di parlargli e mi diede un minuto di tempo: gli dissi che mi aveva preso che ero un operaio di secondo livello tipo B ed ero diventato un dirigente, ma ero pronto a tornare a fare l’operaio. Ferrari apprezzò molto il gesto, ma non cambiò idea”.

Alcuni “ribelli” rientrarono alla Ferrari dopo un periodo di purga, non Tavoni: “A distanza di 13 anni da quel fatto mi chiese perché non avevo affrontato quel delicato argomento di persona. Allora ho capito che avevamo commesso un grosso errore, per salvare la nostra faccia di fronte ai meccanici, avevamo messo a rischio il carisma del Capo nel Reparto Corse. E, alla fine, aveva avuto ragione lui. Magari la Scuderia avrebbe vinto qualche gara in più in quel 1962, ma avremmo minato la nascita di un Mito”.

Come dargli torto. Ciao, Romolo…

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