Acciarri: "Schumacher? Piccoli passi al miglior mantenimento"
Il neurochirurgo dell'Ospedale Bellaria di Bologna spiega a Motorsport.com come a sei anni di distanza dall'incidente sulle nevi di Maribel, Michael riesca a mantenere la migliore qualità di vita possibile nonostante i rischi a cui è sempre sottoposto un lungodegente come l'asso tedesco.

“Keep Fighting”. Corinna Schumacher continua a combattere per Michael. Ieri sono trascorsi sei anni dal drammatico incidente sciistico di Meribel, sulle Alpi francesi. Sul sette volte campione del mondo le poche notizie che filtrano sono spesso contrastanti, anche perché la famiglia ha imposto regole rigidissime sul rispetto della privacy per evitare ogni inutile speculazione.
Una volta le voci alimentano le speranze di un qualche segnale di ripresa da un danno assonale profondo che già nella diagnosi iniziale lasciava ben poche possibilità di guarigione, e l’altra volta lasciano tutti i tifosi nella disperazione di un campione che ha pagato un terribile tributo con il destino dopo i rischi corsi sulle piste di tutto il mondo.
Corinna ha trasformato un’ala della villa svizzera di Gland in una clinica che permette a Schumi di essere seguito da un’equipe medica stando a contatto con i propri cari. E quando è necessario ricorre a degli specialisti come quelli dell’ospedale Georges-Pompidou di Parigi dove l’asso tedesco è stato ricoverato in settembre.
Mentre il figlio Mick consolida un percorso da pilota che ambisce a riportare il nome Schumacher in F1, mamma Corinna ha concesso al Mirror una rara dichiarazione sullo stato di salute: “Le grandi cose iniziano con piccoli passi”.
In attesa del lancio della nuova pagina social dedicata al consorte, proprio Corinna avrebbe aggiunto che “molte piccole particelle possono formare un grande mosaico”.
Sono parole che incentivano la speranza di una possibile ripresa o sono il frutto di un enorme sforzo per garantire al Kaiser la migliore qualità di vita possibile?
Lo abbiamo chiesto al dottor Nicola Acciarri, stimato neurochirurgo dell’Ospedale Bellaria di Bologna e grande appassionato di F1, che già all’epoca del dramma di Michael ci aveva aiutato a capire cosa stesse subendo Schumacher.
“Queste parole le valuto in modo molto cauto, perché nessuno ha prove di quello che viene detto pubblicamente e, tra l’altro, viene riportato pochissimo. È difficile capire da quale base clinica si parta”.
“È chiaro che, immaginando la situazione del campione a sei anni dal trauma, dobbiamo immaginare una persona molto diversa da quella che ci ricordiamo sulle piste, con uno stato che è stato sicuramente agevolato dalle cure intensive che ha avuto, ma che riguarda sempre un lungodegente, non solo a letto, ma con un quadro organico, muscolare e scheletrico molto cambiato e deteriorato. Il tutto come conseguenza del trauma cerebrale che aveva subito”.
In Francia si era parlato di cure con le cellule staminali…
“Le terapie staminali al giorno d’oggi sono ancora di tipo sperimentale, perché se fossero fornire su larga scala medica avremmo delle soluzioni a tante malattie, soprattutto quelle cerebrali che riguardano i traumi o gli ictus. E anche per le lesioni mieliche del midollo spinale, però non c’è nulla ancora di così concreto e diffuso che possa farci sperare in una soluzione di tutte le malattie”.
La dura realtà cozza quindi con le parole di Corinna?
“Beh, vanno lette dalla parte della moglie che difende una figura che vuole essere mantenuta iconicamente in un certo modo e lei vede in cose molto piccole forse dei grandi progressi. E alle persone al di fuori dell’ambito familiare e può sembrare meno importante di quanto appaia a lei. E questo bisogna comprenderlo”.
Più che alla ricerca di una grande ripresa si va nella direzione del migliore mantenimento…
“Direi di sì, perché le condizioni di Michael richiedono attenzioni a 360 gradi che non riguardano solo gli esiti del trauma cerebrale. Schumi avrà delle persone che cercheranno di interagire con lui per tenerlo in attivazione, ma avrà anche un team di fisioterapisti atti a muoverlo e a scongiurare gli effetti della lungodegenza”.
“Mi riferisco ad atrofia muscolare, alterazione dei tendini, osteoporosi e alterazioni anche organiche in una situazione molto, molto delicata che in persone meno fortunate dal punto di vista economico si traducono spesso nella fine precoce perché possono insorgere conseguenze irreversibili”.
Ecco perché è importante continuare a lottare. “Keep Fighting” Michael!
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