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Analisi

Ecco come la F1 ha affrontato i veri costi della pandemia

Nel 2020 le Case impegnate in Formula 1 si sono trovate ad affrontare una situazione di crisi imprevedibile che ha comportato enormi perdite economiche, mentre i vertici della serie hanno affrontato la situazione di caos con grande spirito creativo.

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Erik Junius

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La resilienza della Formula 1 di fronte a una pandemia globale ha fornito un faro di speranza agli appassionati di sport in tutto il mondo nel 2020. La FOM, la FIA, le squadre e i promoter sono riusciti ad organizzare un campionato mondiale di 17 gare nonostante il caos causato dal COVID-19.

Le perdite economiche accusate lo scorso anno, però, sono state rilevanti e si aggirano su una cifra pari a 2,5 miliardi di sterline.

Vale la pena riflettere sul fatto che la F1 sia riuscita a scendere in pista in un contesto catastrofico in termini di perdite di vite umane. Alla fine del 2020 oltre 88 milioni di persone sono state infettate dal virus e 1,9 milioni sono morte di conseguenza.

Le limitazioni nei viaggi ed i lockdown hanno avuto un profondo impatto sul mondo degli affari  e nello sport, colpendo tutti i soggetti coinvolti che vi lavorano.

L'amministratore delegato del circuito di Silverstone, Stuart Pringle, è stato schietto nella sua spiegazione degli effetti di COVID-19 sulla casa delle corse automobilistiche britanniche.

“È stato disastroso, non c'è altro modo per dirlo. Il paese è stato bloccato il 23 marzo. Se fosse successo il 23 ottobre, proprio mentre stavamo entrando in un periodo invernale con poche gare, la vita sarebbe stata molto diversa. Il lockdown ci ha privato dell'intera stagione estiva, il nostro principale periodo di guadagno”.

A questi mesi di incertezza è seguito poi un nuovo accordo con la Formula 1 per ospitare due corse consecutive sul tracciato inglese.

“Abbiamo dovuto affrontare due sfide”, ha spiegato Pringle. “La prima era quella di trattare con i nostri clienti, i fan. Avevamo venduto circa 63.000 biglietti fino all'inizio di marzo e poi le vendite sono crollate”.

“Abbiamo dovuto gestire le loro richieste e chiedere di darci fiducia per posticipare la loro prenotazione per il 2020 al 2021”.

“La seconda è stata quella di sederci tra la FIA e la F1 da un lato, e il governo britannico e gli organismi sanitari dall'altro, cercando di scegliere un percorso che ci avrebbe permesso di correre le gare a porte chiuse in modo sicuro”.

La F1 aveva il compito di mettere insieme un regime di test COVID-19 che avrebbe soddisfatto gli standard richiesti dai governi e dalle autorità sanitarie, un sistema che alcune fonti hanno descritto come costoso, ma questo era il prezzo per assicurare che le corse potessero avere luogo  anche se con un numero decisamente ridotto di personale di gara, funzionari e giornalisti.

Mentre la F1 scendeva in pista affrontando un calendario profondamente rivisto, altrove gli effetti del COVID-19 si facevano sentire.

L'annuncio di maggio dell’introduzione del budget cap ha mostrato quanto la stabilità e la sopravvivenza siano diventate un punto focale per tutte le parti interessate della F1 e la velocità con la quale questo accordo è stato sottoscritto ne è la prova.

L'industria automobilistica ha avuto un crollo delle vendite. Alcuni costruttori, però, sono riusciti a cavalcare al meglio la tempesta, mentre altri sono stati meno fortunati.

Daimler ha avuto un buon anno considerando le difficoltà affrontate durante il primo trimestre ed il CEO dell’azienda, Ola Kallenius, ha addirittura comunicato un aumento record delle vendite in Cina  durante l'estate.

Dall’altro lato Renault ha perso 6,7 miliardi di sterline nella prima metà dell'anno, lasciando il nuovo amministratore delegato, Luca de Meo, con problemi piuttosto grandi da risolvere, mentre Honda ha annunciato il suo ritiro dalla F1, proprio come ha fatto durante la crisi finanziaria globale del 2008.

Questa volta, però, la Casa giapponese ha adottato quale giustificazione la necessità di concentrarsi sulle tecnologie ambientali, voltando le spalle alle corse proprio nel momento in cui la F1 e la FIA hanno stabilito di diventare carbon neutral entro il 2030.

Non quindi è stata una sorpresa sentire il CEO uscente della F1, Chase Carey, dire agli investitori che credeva che le condizioni economiche dell'industria automobilistica fossero alla base della decisione della Honda.

Mentre Red Bull e AlphaTauri si sono trovate costrette ad accettare l'amara notizia di Honda, tre squadre hanno scelto di vendere le proprie quote, mentre una quarta è stata addirittura trasformata in Aston Martin.

La notizia di sicuro più importante è stata quella relativa alla decisione della famiglia Williams di vendere il team 43 anni dopo che Frank Williams e Patrick Head si sono incontrati all'hotel Carlton Towers in Sloane Street a Londra, creando una delle squadre di maggior successo della F1.

L’acquisto da parte di Dorilton Capital per 140 milioni di sterline non può che essere considerato un successo.

Secondo i rumors l’introduzione del budget cap e di un nuovo Patto della Concordia più equo erano arrivati nel momento giusto per la famiglia Williams così da spingere i nuovi proprietari a comprare una squadra in perdita, anche se con un patrimonio favoloso.

Mentre la Williams passava di mano, la sua rivale di lunga data McLaren era scossa da una serie di sfide finanziarie senza precedenti causate dal COVID-19. La principale è stata il crollo delle vendite della McLaren Automotive durante il primo trimestre del 2020. Questo ha portato a una perdita di 133 milioni di sterline ed ha costretto l'azienda a licenziare oltre un quarto dei suoi 4.000 dipendenti.

L'automotive era stato il solido performer del gruppo nel 2019, producendo profitti per 265 milioni di sterline contro una perdita combinata di 89 milioni di sterline tra il team di F1 e la sezione Applied Technologies.

Quando le vendite di auto sono crollate, il gruppo ha avuto immediatamente bisogno di ulteriori finanziamenti. 300 milioni di sterline sono stati fornite dai suoi azionisti a marzo, proprio quando il presidente esecutivo Paul Walsh ha preso il timone.

Con la produzione di auto bloccata da marzo a giugno, i guai della McLaren si sono aggravati insieme e si sono resi necessari nuovi finanziamenti per evitare una crisi di cassa a metà luglio. Alla fine è arrivato in soccorso un prestito di 150 milioni di sterline dalla Banca Nazionale del Bahrain.

Con la ripresa della stagione delle corse a luglio ed un incremento di vendite avvenuto durante il terzo trimestre, il disastro è stato evitato. Tuttavia, i risultati della società aggiornati a novembre 2020 hanno mostrato come  i ricavi del gruppo McLaren siano diminuiti del 61% rispetto allo stesso periodo del 2019...

Gli effetti del coronavirus sulle vendite di McLaren Automotive si sono visti anche su altri marchi presenti in  F1 come Ferrari e Aston Martin.

La prima ha superato la tempesta senza particolari perdite. L’azienda di Maranello ha consegnato 6.440 auto nei primi nove mesi del 2020, rispetto alle 7.755 dello stesso periodo del 2019 ma mentre il cavallo rampante galoppava, Aston Martin inciampava con vendite, già deboli, bloccate ed un prezzo delle azioni in calo.

L'acquisto dell'azienda da parte di Lawrence Stroll, annunciato a gennaio, è stata una mossa coraggiosa da compiere mentre il COVID-19 prendeva piede, ma questo elemento è stato preso in considerazione. Il consorzio messo insieme dal miliardario canadese ha puntellato le finanze di Aston Martin, mentre un accordo successivo ha offerto al partner Daimler una quota del 20%.

Questa mossa aiuterà a garantire il futuro ibrido e completamente elettrico di Aston Martin.

L'acquisizione di Stroll ha fatto venir meno l'accordo tra Red Bull Racing ed Aston Martin, mentre l’operazione di rebranding della Racing Point ha ricevuto ulteriore clamore con la firma di Sebastian Vettel.

La vittoria di Sergio Perez nella penultima gara della stagione ha aiutato Stroll a concludere il suo anno in bellezza: il quarto posto nel campionato costruttori ha garantito un importante premio economico.

In tutto ciò la leadership della Formula 1, composta da Carey e Ross Brawn, si è dovuta occupare della sopravvivenza stessa del campionato mondiale.

Dopo la cancellazione all'ultimo minuto del GP d'Australia, il calendario originale è stato abbandonato e la F1 si è fermata per quattro mesi. C'era molto scetticismo quando Carey ha annunciato in aprile che un campionato rielaborato sarebbe iniziato in Austria il 5 luglio con "15-18 gare", ma aveva ragione.

Le ambizioni iniziali di recarsi in l'Asia ed includere il continente americano hanno presto ceduto il passo all'impossibilità di viaggi a lungo raggio La successiva decisione di creare una campagna eurocentrica, con Bahrain e Abu Dhabi a chiudere la stagione, si è rivelata pragmatica

Avere eventi back-to-back in Austria, Gran Bretagna e Bahrain è stata una scelta necessaria. Avere gare in tre sedi diverse in Italia, rivisitare il Nurburgring e portare la F1 sul circuito portoghese di Portimao è stato innovativo, efficace e piacevole per i fan.

Mettendo in scena 17 eventi, la Formula 1 si è assicurata il rispetto degli accordi commerciali sui diritti dei media ed il pagamento da parte degli sponsor del campionato, anche se per meno eventi e in un numero minore di territori rispetto a quanto previsto inizialmente.

Nel corso del 2020, inoltre, Liberty ha anche compiuto significativi cambiamenti di gestione. Il capo commerciale, Sean Bratches, è tornato negli Stati Uniti, mentre Stefano Domenicali è stato nominato come sostituto di Carey a partire da questo mese.

Con le corse reali interrotte in primavera, le corse virtuali sono venute alla ribalta ed hanno rappresentato un successo per la F1 nel 2020.

Al boss degli Esports, Julian Tan, è stato inizialmente chiesto di creare un gran premio virtuale sostitutivo dell’evento in Cina, ma il poco preavviso ha richiesto uno sforzo importante.

“Abbiamo realizzato il concetto dei Gran Premi Virtuali nel giro di cinque giorni. Abbiamo voluto mettere su i GP virtuali perché sentivamo una responsabilità nei confronti dei nostri fan. Eravamo consapevoli che i spettatori volevano vedere i piloti correre, e se non potevano vederli nel mondo reale allora li avrebbero ammirati in quello virtuale”.

La scelta si è rivelata azzeccata. Non solo alcuni dei grandi nomi della Formula 1 hanno partecipato agli eventi, come Leclerc, Norris e Russell, ma il pubblico collegato da casa a guardare le gare virtuali ha superato i 30 milioni di spettatori. Lo sforzo di Liberty di un maggiore coinvolgimento dei fan nel bel mezzo della pandemia ha così portato i suoi frutti.

Non c'è dubbio, tuttavia, che la sfida più grande di tutte era quella di mantenere il vero spettacolo nelle corse reali, specie considerando tutte le difficoltà relative agli spostamenti tra nazioni diverse.

“È stata un'esperienza brutale”, ha dichiarato Nick Warren, direttore di Travel Places, un'agenzia specializzata in viaggi sportivi con molti clienti tra i team di Formula 1. “Tutto è iniziato in Australia, dove il processo logistico ha dovuto essere rielaborato per portare le persone a casa. Siamo stati fortunati ad avere una squadra a terra a Melbourne che ha gestito la situazione 24 ore su 24”.

Una volta che il campionato ha preso il via, la vera sfida è stata quella di far viaggiare 2.500 persone tra F1, FIA e personale del team per 17 eventi in 12 Paesi in 24 settimane.

“Ogni giorno il quadro cambiava a causa delle restrizioni dei governi e dell'ambiguità e incertezza che ne derivava”, ha aggiunto Warren. “Le compagnie aeree cancellavano i voli con una settimana d'anticipo, così mentre la maggior parte delle persone arrivava in Austria e Ungheria con aerei charter, le 20-30 persone che avevano prenotato i voli di linea li vedevano cancellati. Dovevamo costantemente rielaborare il modo in cui spostavamo le persone da un luogo all'altro, compresa la possibilità di attraversare i confini in auto per accedere a un determinato aeroporto”.

Il GP di Russia si è rivelato particolarmente impegnativo, soprattutto per l’impossibilità di raggiungere Sochi in auto, ma le compagnie aeree si sono rivelate particolarmente collaborative per risolvere ogni difficoltà. Trovare hotel è stato reso più facile nelle gare che vantavano il sostegno del governo, mentre in altre, come l'Austria, le pensioni sono state costrette a rimanere aperte.

Il fatto che la F1 sia riuscita a far funzionare il tutto, aggiungendo luoghi affascinanti e fornendo alcune corse eccezionali nonostante il dominio generale della Mercedes, è una testimonianza del gran lavoro svolto da tutte le parti  chiamate in causa.

Mentre la maggior parte del mondo si è dovuto confrontare con lo smart working, la F1 si è impegnata in prima linea per fornire sei mesi di intrattenimento sportivo e, soprattutto, ha trovato un modo di sopravvivere nel caos.

Articolo di Mark Gallagher

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