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Ecclestone: "Rivoluzione Liberty? Cambiato solo il logo F1"

In una lunga intervista concessa a Zapelloni su Il Giornale, Mister E disegna un quadro della F1 attuale. Mister E si augura che la stagione 2020 possa partire in Austria, ma è critico sui promotori. Bernie corregge il tiro su Binotto: "E' troppo buono per essere team principal".

Bernie Ecclestone, Chairman Emiritus di Formula 1

Bernie Ecclestone, Chairman Emiritus di Formula 1

Zak Mauger / Motorsport Images

È un Bernie Ecclestone a tutto campo quello intervistato su Il Giornale da Umberto Zapelloni. Cade in questi giorni il settantesimo compleanno della Formula 1, sette decadi dopo il primo Gran Premio Mondiale che fu disputato a Silverstone il 13 maggio 1950.

In quella gara c’era un giovane ventenne che arrivò in pista per disputare una gara di contorno: “All’epoca ero solo un adolescente, e fu un’esperienza emozionante essere in un circuito del genere e correrci pure. C'era un mare di gente anche se non c’erano le tribune che abbiamo in mente oggi. E poi quelle auto italiane rosse, quelle Alfa Romeo, che dominarono la gara”.

Settant’anni dopo Ecclestone è in Brasile, attende la nascita del suo quarto figlio e si occupa della sua fazenda quando il telefono non squilla (“Mi chiama ancora un sacco di gente del mondo delle corse”).

Quando gli si fa notare che con la Formula 1 è diventato uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra chiarisce bene il perché:
“È vero, anche se non l'ho mai fatto solo per i soldi. Per me fare affari era una specie di competizione. Più ci riuscivo, meglio mi sentivo. Il fatto che mi facesse diventare ricco era solo una conseguenza, ma non la spinta. La mia ispirazione è stata quella di rendere possibile l’impossibile...”.

Ovvero? “La cosa più importante è stata forse aver attirato le televisioni di tutto il mondo. A quel tempo, trasmettevano solo la gara di Monaco. Io volevo che trasmettessero ogni gara e le comprassero come un pacchetto. Non ho idea di come ci sia riuscito. Ero solo un semplice rivenditore di auto. Probabilmente ho venduto la Formula 1 come un buon rivenditore di macchine usate”.

Mr. E è lontano dall’Europa e apparentemente fuori dal giro, ma in realtà è al corrente di tutto. Su ogni argomento Bernie è ferratissimo, e con opinioni dirette che nel tempo sono diventate più pungenti, soprattutto quando il soggetto è la sua ex-creatura.

Il Budget cap?
“È stupido. Quando mi raccontano che il bugdet di un team oggi lo vogliono limitare a 140/150 milioni... beh, sono completamente matti, sono cifre che spende una squadra media. In Formula 1 ci sono sempre stati team ricchi e team senza soldi”.

Binotto?
“Non ho parlato male di lui. Ho solo detto che è un super, super ingegnere, in Ferrari da tantissimo tempo e che conosce tutto della squadra. Ma è una cosa differente essere ingegnere ed essere team Principal".

"Un manager deve essere spietato per raggiungere i suoi obiettivi. E invece credo che lui sia molto sensibile, davvero un ‘nice guy’. Ma per fare quel lavoro ci vuole gente come Todt o Toto, caratteri diversi. Ho sempre pensato che Flavio (Briatore) sarebbe stato la persona giusta per la Ferrari. Se Flavio vede qualcuno bravo in un’altra squadra se lo prende. Non so se Binotto farebbe lo stesso, dovendo lasciare a casa uno dei suoi”.

Sui piloti Ecclestone ha sempre avuto le sue idee, molto chiare. Alla domanda sul migliore nel 70 anni di vita nel Mondiale segue una risposta un po’ a sorpresa:
“Ho sempre detto Prost perché è stato uno degli ultimi, almeno ai suoi inizi, a guidare un'auto senza tutte quelle informazioni che sono a disposizione oggi. Andando indietro credo si debba includere Stirling Moss e Fangio".

"Ma sono tempi diversi, auto diverse. Mi chiedo: quei ragazzi potrebbero vincere oggi? Probabilmente no, perché oggi per guidare devi essere più o meno un computer e quella era gente che se ne fregava dei computer: voleva solo guidare”.

E se ipotizzassimo l’inverso?
“Vale lo stesso discorso. Magari le considererebbero anche troppo pericolose per salirci”.

E ancora, Senna o Schumacher?
“Diversi. Se Ayrton fosse sopravvissuto avrebbe vinto molti più campionati di quelli che ha vinto e forse Michael ne avrebbe vinti meno. Michael era un po' arrogante, pensava sempre di essere meglio lui della macchina e non conosceva i limiti, però... eri sicuro che avrebbe portato a termine il lavoro che gli avevi dato da svolgere”.

Hamilton?
“Lewis è very, very, very talented. Ha avuto una squadra molto, molto, molto buona, la miglior monoposto, la miglior organizzazione. Un po’ come accadde con Michael. Ma se devi nominare i primi cinque piloti di sempre devi inserire Lewis tra di loro”.

Finale con frecciata e sassolino a Liberty Media, quando gli viene chiesto come giudica l’operato del gruppo americano.
“È perfino complicato dare un giudizio perché quando hanno acquistato la Formula 1 hanno detto che c’erano un sacco di cose da cambiare, fare molte più gare, fare un sacco di cose e dopo tre anni hanno cambiato solo il logo. Sono curioso di vedere come cambieranno le cose in futuro”.

Quindi c’è un futuro...
“Credo che la Formula 1 ripartirà in Austria a luglio e possa riuscire a organizzare 18 gare. Sarebbe un bene per tutti. La gente vuole veder ripartire il calcio, i motori, il mondo. Ci sarà una F1 post virus, perché è più grande degli individui. Era necessario atterrare sulla Luna? Ha dato da mangiare agli affamati? No, ma l’umanità ne è ancora affascinata oggi. Le persone hanno bisogno di eroi".

"I piloti da corsa, in particolare i piloti di Formula 1, sono in qualche modo astronauti da ammirare. Ayrton Senna ne è il miglior esempio. Ha portato luce e coraggio anche nelle vite dei più poveri qui in Brasile e oggi di questo abbiamo bisogno qui più che mai”.

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