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Chi dovrebbe decidere il futuro della Formula 1?

La crisi legata al Covid-19 è stata uno choc per tutte le aziende del mondo e anche il motorsport non è certamente immune.

Rodi Basso, McLaren Director Motorsports

Foto di: McLaren

Thought leadership series

Serie di riflessioni sulla leadership

Se guardiamo a come ha reagito la F1 in questa prima fase, sono state prese misure di protezione per i team grazie all'accordo sul budget cap, ritardando l'introduzione delle nuove regole e tenendo le stesse auto per due stagioni. E la FIA, con le sue linee guida del ritorno al motorsport, ha dato modo a tutti gli sport di ripartire nonostante la pandemia continui. Settimana dopo settimana, in pista vediamo infatti più gare.

Ma dove si arriverà? Quali saranno le decisioni più giuste per il futuro, assicurando la salute di questo sport e la resistenza alla crisi che arriverà?

Già nella serie #ThinkingForward, Alejandro Agag (fondatore della Formula E) aveva affermato che il problema principale creato dal Coronavirus in questi termini era la mancanza di programmi a lungo termine. Lo spagnolo si riferiva in particolare alle necessità del mondo, specialmente dal punto di vista dei cambiamenti climatici e di un futuro con meno combustione.

Ma come farà il motorsport a programmare ogni cosa e a seguirla?

Per il ciclo #ThinkingForward, questa volta abbiamo intervistato Rodi Basso, ex-responsabile di McLaren Applied Technologies, che si è occupato dei cambi di batterie in Formula E, e Nick Turner di Stratforma, che è dietro a Wall Street e Silicon Valley e lavora ai progetti di Imperial College ed INSEAD.

“Dopo la crisi di oggi è importante capire che ci sono delle variabili d'impatto sui tuoi impegni lavorativi e sulle aziende, per cui è il momento di pensare in modo strategico", afferma Basso.

Lo strumento per farlo è la pianificazione degli scenari, in modo da dare alle persone le basi per prendere fiducia e le giuste decisioni, seppur in mezzo alla nebbia.

“Il futuro è troppo incerto per prevedere quelle che saranno le solide basi. Bisogna accettare il fatto di non poter pensare a livello multiplo, ma a quello che sarà plausibile e di come si svolgerà - aggiunge Turner - La seconda cosa è accettare che una cosa parzialmente giusta è sempre meglio che sbagliarsi completamente".

“Programmare significa poter dialogare diversamente coi tuoi colleghi che dicono 'Io so', 'Io credo', oppure 'Io prevedo', in modo da avere la mente più aperta. La sfida è guardare oltre l'orizzonte".

Con la F1, ad esempio, le incertezze sono due, legate alla partecipazione da un lato e alla presenza di pubblico dall'altro. Tracciando le linee su un grafico, possiamo avere quattro quadranti. In uno lo scenario sarebbe molto positivo, bilanciato tra F1, FIA e team, con una visione condivisa del futuro e il pubblico fortemente coinvolto guardando le gare sui nuovi canali sfruttando le tecnologie, con lo sport che pare rilevante e verso un futuro radioso. E questo ti dà uno scenario lungimirante dove gli addetti ai lavori possono prendere le giuste decisioni, avere fiducia e modellare le regole investendo nelle piattaforme che possano far crescere audience e sponsor.

Uno scenario negativo, invece, lo si vedrebbe quando gli addetti ai lavori agiscono secondo il proprio interesse, senza allinearsi ai team che lottano per sopravvivere. Lo sport diverrebbe meno rilevante e l'audience calerebbe perché il pubblico perderebbe interesse a causa di un format scadente, meno possibilità di vedere le gare e Case che abbandonano le serie, come avvenuto nel DTM.

E' possibile anche prevedere scenari in cui le squadre più piccole siano più vicine a quelle ufficiali, come nel caso di Mercedes e Racing Point, o dell'idea che ha sempre sostenuto l'ex-Presidente Ferrari, Luca di Montezemolo, di avere una piccola squadra indipendente sotto la propria ala, oppure schierare una terza vettura.

“Se le difficoltà dei team minori a sopravvivere continuerà, la soluzione potrebbe essere quella di avere meno concorrenti e che i Costruttori come Ferrari e Mercedes schierino più vetture - dice Basso - Questo però è quello che abbiamo visto già nel DTM e non paga a lungo andare".

Queste sono le decisioni critiche che dovranno essere prese dopo lo choc della pandemia, con lo sport che necessita di pianificare a lungo termine ora.

Oltre al fatto che il motorsport è un mondo molto frammentato dove ci sono troppe serie che operano individualmente disperdendo budget ed audience. Questa diversità ha una forza in un certo senso; i fan che prediligono rally, turismo, endurance o F1 possono avere quello che vogliono. Ma è fondamentale che la serie sia sostenibile con un'offerta diversificata pensando al futuro, piuttosto che al proprio orticello.

“Sarà utile vedere come Formula E e Formula 1 andranno avanti perché in termini di budget e tecnologia stanno convergendo, oltre che in storia e contenuti - commenta Basso, aggiungendo che è importante che i campionati usino le tecnologie per dare l'esempio, senza cadere nella trappola di renderla la cosa principale, cercando allo stesso tempo di attirare pubblico e migliorare l'accesso a questo sport a partecipanti provenienti da contesti più ampi.

E la questione del più largo accesso allo sport per fan e concorrenti è legata anche alla grande diversità, con Lewis Hamilton recentemente impegnatissimo nella campagna per dare più possibilità ai neri e alle etnie minori.

Secondo Turner, la diversità è però un problema quando si tratta di qualcuno che sta pianificando a lungo termine, e non solo in termini razziali.

“Ci sono tre gruppi di persone che dovrebbero essere coinvolte. Uno è dei principali addetti, quelli per cui il risultato conta veramente. Poi ci sono quelli che "conoscono" la scena con esperienza e conoscenza di quello che viene trattato. Infine abbiamo i "creativi e curiosi", ossia persone che solitamente vedono il mondo in maniera diversa. Possono essere i giovani, quelli che vengono da fuori o chi ha una prospettiva di come andrà a girare il mondo. E' importante ascoltare anche questi pareri per capire come operare dall'interno".

“Credo che una delle sfide della F1 in particolare sia che è dominata da gente bianca. Quindi non stai attento alle diversità, in questo momento argomento caldissimo. Non è una questione razziale, ma una differenza cognitiva perché sono persone che pensano in modi diversi".

La F1 può essere orgogliosa di come è riuscita a tenere saldo il tutto in tempi di crisi, dando una bella risposta a Jean Todt, quando il Presidente FIA ad aprile aveva detto a #ThinkingForward che serviva un nuovo accordo.

Ma c'è ancora parecchia pianificazione da fare a lungo termine per garantire che lo sport sia in forma tra 10 anni di fronte alle sfide del cambiamento climatico. La competizione tra F1 e Formula E per l'attenzione dei marchi, il pubblico con le TV e tanto altro meritano ulteriori considerazioni che verranno fatte.

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