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Caos Ferrari: un errore figlio di procedure non scritte!

L’impressione è che in un mondo scandito da procedure standard si sia persa la capacità di valutare l’imprevisto, perché sulla carta un imprevisto… non è previsto. Ecco cosa ha beffato Leclerc a Yas Marina.

Charles Leclerc, Ferrari SF90

Foto di: Andrew Hone / Motorsport Images

C’è sempre una spiegazione, tecnica o strategica, condita da numeri possibilmente inseriti in procedure predefinite. Ovviamente è stato così anche oggi a Yas Marina, quando dopo le qualifiche ci si è chiesto per quale motivo Charles Leclerc non fosse riuscito a lanciarsi nell’ultimo ‘run’ a disposizione per provare l’assalto alla prima fila della griglia di partenza.

Se si chiedono spiegazioni ad ingegneri e strateghi (non necessariamente della Ferrari) la spiegazione è questa: Sainz nel giro di lancio ha rallentato eccessivamente nel terzo settore della pista, girando in un minuto nel tratto che (a pieno gas) lo spagnolo ha coperto in 38 secondi. Questo ha costretto Albon, che procedeva alle spalle della McLaren, a rallentare, e quando il pilota della Red Bull ha chiesto al muretto-box se fosse il caso di passare Sainz, la risposta è stata rassicurante: “Resta li, hai un po' di margine, e tieni la giusta distanza dalla McLaren”.

Il problema è che dietro Albon c’erano le due Ferrari, e nel loro caso il margine è diventato progressivamente più stretto. Nel loro giro di lancio alla curva ‘5’ sia Vettel che Leclerc avevano ricevuto un primo allarme, ovvero che avevano 5 secondi di margine (sul tempo medio del giro di lancio) per non prendere la bandiera a scacchi. Arrivati alla curva 17 quel margine (sempre causa Sainz) era zero. Vettel è riuscito a passare sul traguardo qualche istante prima della bandiera a scacchi, ma nel tormentato giro di lancio non ha riscaldato le gomme nel modo ottimale, e alla prima curva ha commesso una sbavatura vanificando la possibilità di migliorare il suo tempo. Leclerc invece il giro non lo ha proprio fatto, beccandosi la bandiera a scacchi.

Un mondo, a volte, lontano dalla realtà

A leggerla così sembra che alla fine Leclerc non sia passato in tempo sul traguardo per una circostanza sfortunata, innesca da Carlos Sainz. Ma se si mettono da parte computer e briefing, e per un attimo si prova l’esercizio di restare nel campo reale, emergono degli interrogativi banali, ma che forse mettono a fuoco un mondo chiuso in sé stesso che a volte imbocca direzioni incomprensibili. Esempio banale: per quale motivo il muretto box del Cavallino, perfettamente a conoscenza del rischio che stava correndo il monegasco nel giro di lancio, non lo ha inviato a spingere fregandosene di chi in quel momento lo precedeva?

Nel paddock ci sono leggi non scritte ma rispettate anche più di quelle approvate dal Consiglio Mondiale, e una di queste sembra essere quella relativa al serpentone nel giro di lancio in qualifica. È vero che questa procedura è un buon compromesso per non incontrare traffico nel giro lanciato, e che questo gentleman agreement permette anche di scaldare al meglio le gomme. Ma non è un dogma che impedisce di valutare ciò che sembra abbastanza chiaro e davanti agli occhi di tutti. Cosa accadrebbe se il pilota in testa al plotone decidesse un giorno di procedere al rallentatore tenendo tutti dietro fino alla bandiera a scacchi?

Prigionieri delle procedure

Le avvisaglie c’erano state già nel Gran Premio di Cina, dove era stato Hamilton a procedere ad andatura ridotta. Lewis era poi passato in extremis sotto la bandiera a scacchi, ma chi era alle sue spalle (Gasly, Verstappen, Magnussen e Grosjean) erano rimasti beffati. Poi c’è stata la processione monzese, in quel caso aggravata anche dalla caccia alla scia, fino alla beffa di oggi. L’impressione è che in un mondo scandito da procedure standard si sia persa la capacità di valutare l’imprevisto, perché sulla carta un imprevisto…non è previsto.

La complessità delle procedure e degli organici, che ovviamente nella maggior parte delle situazioni garantiscono scelte perfette, diventa un vincono difficile da rompere, anche quando uscire dal programmato è cruciale. Il bello, per chi segue uno sport, forse sta anche qui. La Formula 1 non è una scienza esatta, anche se negli anni la tendenza alla programmazione è arrivata a scandire tutti, ma proprio tutti i ruoli di chi opera nel Circus. A volte serve ancora fiutare l’aria e prendersi delle responsabilità, decisioni d’istinto, d’esperienza e di buon senso. Come ad esempio, valutare che un giro veloce, anche se con la temperatura della gomma con qualche grado in più o in meno del programmato, sarà sempre più veloce di un giro non fatto.

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