Iscriviti

Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Italia
Analisi

Big Bang F1: quando gli scontri fanno storia

La storia della Formula 1 è ricca di incidenti, toccatine maliziose e vere e proprie vendette all'arma bianca entrate nell'immaginario collettivo di chi ama questo sport. E quanto visto domenica a Silverstone tra Hamilton e Verstappen sembra non essere destinato a rimanere un caso isolato...

Alain Prost, McLaren, Ayrton Senna, McLaren, al GP del Giappone del 1989

Alain Prost, McLaren, Ayrton Senna, McLaren, al GP del Giappone del 1989

Steven Tee / Motorsport Images

“Un duello non inizia nel momento in cui si incrociano le spade: inizia quando decidi di batterti”. È forse una delle frasi che chi, tra di voi, ha avuto il piacere di gustarsi quel capolavoro del fumetto che risponde al nome di Dago ha sicuramente colto. 

Leggi anche:

“Un duello inizia quando decidi di batterti”. Ovviamente, il riferimento a quanto successo tra Lewis Hamilton e Max Verstappen alla Copse in occasione del Gran premio di Gran Bretagna di Formula 1 è immediato. L’aria era – o, sarebbe meglio dire, è - elettrica da inizio anno, da quando RB16B e W12 hanno messo le ruote in pista sul tracciato del Bahrain.  

Tra i due c’è sempre stato rispetto, ma stavolta tutto passa in secondo piano per motivi legati alla sfida per la supremazia: da un lato abbiamo il campione affermato, alla ricerca dell’ultimo record che gli manda per riscrivere tutti i maggiori libri di storia dello sport. Un pilota che è, verosimilmente, l’idolo dei piccoli kartisti che iniziano le loro giovani carriere sperando di emularlo un giorno. 

Dall’altro lato abbiamo lo sfidante, quello che – con fare abbastanza sfrontato sin dal suo arrivo in F1 – dimostra di credere poco alle gerarchie prestabilite, voglioso di prendersi quello di cui tutti lo hanno rivestito quando, ancora minorenne, ha esordito nella serie: il titolo iridato di Formula 1. Non importa a quale prezzo. Importa solo conquistare l’obiettivo. 

 

È nell’ordine naturale delle cose che, prima o dopo, avremmo assistito ad un contatto tra Hamilton e Verstappen. Anzi, paradossalmente è passato forse anche troppo tempo prima di assistervi. Tra quanto successo in Bahrain, ad Imola, in Spagna ed in Francia, di occasioni per la toccatina maliziosa ne abbiamo viste e riviste tra Sakhir e Silverstone. 

E proprio a Silverstone il sasso è caduto nello stagno. Solo che il sasso ha colpito le barriere con una forza di impatto di 51G e la sua onda d’urto è destinata a farsi sentire per tutta la stagione. Ed oltre. 

Si dice spesso “rivalità maschia” per indicare la durezza di uno scontro. Stereotipi. Qui abbiamo due piloti, un campione ed uno destinato ad esserlo, che vogliono – o sarebbe meglio dire devono – prevalere sull’altro. Una dimostrazione di forza che, a chi non ha mai visto una gara in vita sua, forse sembra inutile e stupida. Ma che probabilmente aprirà le porte ad una rivalità che ha nel suo DNA i tratti dell’epicità destinata a scrivere nuove pagine della storia di questo sport. 

Perché, non giriamoci intorno: un po’ di sana rivalità - in alcuni casi, “odio” sarebbe la parola giusta - è il vero sale di questa disciplina.  

“La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”, diceva von Clausevitz, generale prussiano al soldo di Federico Guglielmo III. Di conseguenza, potremmo dire che la sportellata è la continuazione di una discussione con i mezzi dei piloti. 

E di piloti che hanno avuto modo di “discutere” in pista, ne abbiamo davvero tanti. Anche se, va detto, per amore di cronaca verranno preso ad esempio gli episodi più noti e recenti. Anche perché, in 1.035 Gran Premi disputati su oltre settant’anni di storia, gli episodi da citare sarebbero interminabili. 

I duelli di Michael Schumacher

 

E iniziamo con chi ad oggi, in coabitazione con Hamilton, vanta sette titoli iridati in Formula 1: il Kaiser, Michael Schumacher. 

Spesso e volentieri, gli enormi successi di uno sportivo tendono a farne dimenticare alcune macchie o episodi controversi in carriera. E la carriera di Michael, di situazioni simili, ne è ampiamente costellata. 

Talento imbarazzante che ha messo le ruote in pista nella categoria a Spa nel ‘91, di Schumacher si ricordano ad inizio carriera le sportellate violente lanciate verso i più titolati rivali, come a Senna in Francia nel ‘92, oltre a quella celeberrima ad Adelaide, due anni dopo, che gli ha consegnato il primo alloro iridato della carriera ai danni di Damon Hill. 

La rivalità con Hill tocca il suo apice nella stagione ‘95, con ben due incidenti – anche se sarebbe meglio dire tamponate – dell'inglese al pilota Benetton, una proprio a Silverstone ed una a Monza, alla variante della Roggia. 

Nel suo passaggio alla Rossa, Schumacher porta in dote il numero 1 di campione del mondo per la stagione 1996, ma è del 1997 una seconda situazione che definire controversa sarebbe riduttivo.  

 

Jerez, Gran Premio d’Europa. Ultima gara della stagione. La sfida con la Williams di Villeneuve è il fil rouge dell’anno. Schumacher arriva in Spagna da leader del mondiale, ma in gara la sua monoposto non è prestazionale come quelle di sir Frank. L’attacco di Jacques alla Dry Sack è pulito: è Schumacher che cerca il contatto per “buttar fuori” il rivale. Il risultato è nei libri di storia: il tedesco finisce nella sabbia e viene squalificato dal mondiale, Villeneuve conquista il suo unico titolo. 

Non passa nemmeno un anno e il ferrarista è ancora protagonista di un altro episodio nel quale, stavolta, ne esce come anima candida. Siamo in Belgio, a Spa. Il diluvio che si scatena sulla pista delle Ardenne è cosa d’altri tempi: va veloce solo chi non ha paura. E Schumacher, sotto la pioggia, è tra i migliori di sempre. 

Michael vola, approfitta dell’uscita di pista di Hakkinen, il rivale di quell’anno, per massimizzare il risultato. Ma sta per doppiare il compagno di team del finlandese, David Coulthard. E qui la storia entra nel mito: non si sa se Coulthard abbia frenato o tolto il piede dal gas, resta il fatto che Schumacher lo colpisce in pieno, ritrovandosi su tre ruote.  

Michael Schumacher, Ferrari F300, with missing front wheel and wing, and David Coulthard, McLaren MP4-13 Mercedes, with missing rear wing, in the pitlane

Michael Schumacher, Ferrari F300, with missing front wheel and wing, and David Coulthard, McLaren MP4-13 Mercedes, with missing rear wing, in the pitlane

Photo by: Rainer W. Schlegelmilch

Il tedesco rientra ai box, come lo scozzese. È una furia: è pronto a farsi giustizia sommaria. Vola nel box della McLaren rincorso dai meccanici Ferrari e da Stefano Domenicali. C’è un confronto con Coulthard, volano parole di fuoco, ma non si va oltre. 

Siamo all’inizio del nuovo millennio. La Ferrari ed il Kaiser sono sul tetto del mondo. È il 2001 quando si affaccia in Formula 1 un nuovo sfidante, colombiano portacolori Williams: Juan-Pablo Montoya. Che Montoya non abbia paura del corpo a corpo, abituato com’è alla IndyCar, è cosa notoria.  

Ma che Montoya non avrebbe avuto alcun timore reverenziale nei confronti del campione del mondo in carica, da Rookie, è tutt’altra cosa. Ad Interlagos ed in Austria, Juan-Pablo è capace di attaccare Schumacher portandolo lungo in frenata, facendolo finire rispettivamente sull’erba e nella ghiaia. Ma la classe del tedesco e la superiorità tecnica del mezzo sono incredibili. 

 

Riavvolgiamo le lancette della storia prima di tornare ad avvicinarsi ai nostri tempi. Sul finire degli anni ‘80, la F1 è stata carica di testosterone come in poche altre epoche. Un testosterone con i baffi a manubrio di un inglese dell’isola di Man: Nigel Mansell.  

Mansell è, da un certo punto di vista, la bestia nera di Ayrton Senna. Dotato di un talento smisurato e di una capacità di gettarsi oltre il limite con la monoposto, Nigel è sempre stato lo sceriffo di sé stesso. E proprio con Senna la rivalità sfocia nell’incidente quando, dopo essere stato squalificato per una retromarcia ai box durante il GP del Portogallo, l’inglese riprende la via della pista e sperona il brasiliano, mettendo fine anche alla sua gara. 

Senna vs Prost

 

Ayrton Senna. Come si può parlare di Senna senza citarne la nemesi, Alain Prost? È questa, senza ombra di dubbio, la rivalità che ha fatto la storia della Formula 1. Due piloti incredibili, dotati di classe, talento, tenacia, intelligenza e tanti altri aggettivi e superlativi da entrare di diritto nell’Olimpo del motorsport. 

Ma anche gli Dei dell’Olimpo sanno fare a cazzotti. E qui, di episodi mitologici, ce ne sono diversi. Suzuka 1989, penultima gara dell’anno: se Prost arriva davanti ad Ayrton, è campione del mondo. A parti invertite, invece, il paulista può ancora giocarsi le speranze mondiali nell’ultima gara.  
Alain è davanti, Ayrton dietro. Senna attacca Prost alla chicane Casio: il francese anticipa la chiusura della curva, i due si toccano. Ayrton riparte e vince, mentre Prost riesce ad operare sul Presidente FIA Jean Marie Balestre affinché il suo compagno di team venga squalificato. Scenario che si presenta. 

Senna è uno che non dimentica. Non potrebbe. Non dovrebbe.  

1990. Sempre Suzuka. Stavolta i ruoli sono invertiti: è Ayrton ad essere leader del mondiale, con Prost secondo. Ma è Alain, passato alla Ferrari ad azzeccare lo scatto dove brucia l’eterno rivale. Un eterno rivale che, in quella circostanza, non sa cosa sia il pedale del freno. 

 

La prima curva di Suzuka si fa quasi in pieno, ad oltre 250 km/h. È questo il teatro della vendetta di Senna: il brasiliano sperona con ferocia il ferrarista. Entrambi finiscono nella ghiaia. Il mondiale è di Senna. 

Hamilton vs Rosberg

Spostiamo le lancette del tempo ed avviciniamole ai giorni nostri, andando ad osservare proprio Hamilton. Va detto che Lewis, in carriera, di avversari scomodi ne ha avuti parecchi. Sin dal suo approdo in McLaren, quando da Rookie si dovette scontrare col campione del mondo in carica e suo compagno di team, Fernando Alonso, l’inglese ha dovuto lottare per prevalere.  

E proprio con un compagno di team, una volta amico, ha regalato alcuni duelli e scontri più belli della storia recente di questo sport. L'anno è il 2016: le Mercedes sono, per la terza stagione consecutiva, le monoposto da battere. Stavolta Nico Rosberg, dopo due anni a prender paga dall’inglese, mostra gli artigli. La sua difesa a Barcellona è estrema. Troppo. 

 

Per difendersi da Lewis, Nico lo spinge sull’erba, innescando una carambola che costringerà al ritiro entrambi. 

Più avanti in stagione, in Austria, in Curva 3 i due arriveranno ancora al contatto, con il solo tedesco ad avere la peggio. Tedesco che, a fine stagione, conquisterà il suo primo ed unico campionato del mondo. 

Se, guardando Hamilton e Verstappen, siamo all’inizio di una rivalità destinata ad essere scritta su pietra, solamente il tempo potrà dircelo. Quello che è certo è che, da quanto abbiamo visto sino ad oggi, nessuno dei due è disposto a cedere un millimetro all’altro. E, se la storia è davvero maestra di vita, l’incidente di Silverstone non è destinato a rimanere un caso isolato. 

Be part of Motorsport community

Join the conversation
Articolo precedente Wolff: "Abbassiamo i toni, Red Bull troppo dura contro Lewis"
Prossimo Articolo Wolff: "Festeggiamenti esagerati? Sapevamo che Max stava bene"

Top Comments

Non ci sono ancora commenti. Perché non ne scrivi uno?

Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Italia