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Bernie incrocia le hospitality: vuole i piloti più "presenti" nel paddock

In Messico le posizioni di box ed hospitality erano invertite, proprio con l'intento di imporre ai piloti un tragitto più lungo, con la possibilità di incontrare tifosi e giornalisti e buttare giù quel muro che si è creato recentemente.

L'insegna del Paddock Club

Foto di: XPB Images

Il paddock
Il paddock di notte
Bernie Ecclestone, con Max Verstappen, Red Bull Racing sulla griglia
Fernando Alonso, McLaren in the paddock
Red Bull Racing trucks in the paddock
Renault Sport F1 Team motorhome in the paddock
The paddock
Bernie Ecclestone
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1 nella parata dei piloti

Nel Gran Premio del Messico Bernie Ecclestone ne ha pensata una delle sue. Solitamente i box e le hospitality sono posti in modo parallelo, ovvero quando un pilota esce dai box lato-paddock, deve percorrere pochi passi per entrare nella struttura che ospita la sua squadra. Nelle gare continentali ci sono i motorhome (ormai evoluti in strutture multipiano), mentre nelle gare extra-europee ogni circuito predispone delle hospitality che vanno da tensostrutture, e veri e propri fabbricati, fino alle palafitte di Shanghai.

Dicevamo che Ecclestone è sempre sul pezzo, e a Città del Messico ha pensato bene di incrociare la disposizione tra box e hospitality. Il motivo? Obbligare i piloti a percorrere più spazio nel paddock, a vantaggio di fotografi, televisioni, e visitatori, pochi ma pur sempre presenti in ogni gara. E non è una coincidenza che Mr.E abbia deciso di lanciare un segnale proprio in questo momento. Da un po’ di tempo alcuni piloti sono arrivati a recitare copioni paradossali, il tutto al fine di evitare contatti di ogni tipo.

Il primo passaggio sono stati gli occhiali da sole, onnipresenti, anche a Singapore quando si corre in notturna. Poi la corsetta…ovvero un buon modo per non fermarsi a favore di telecamera o firmare autografi, passando a razzo tra tifosi (ripetiamo, pochi) e inviati delle televisioni con il microfono a caccia di due battute. L’ultimo passo sono state le cuffie, che abbinate agli occhiali da sole rendono il pilota una specie di robot. Così non si può intuire se c’è o meno un incrocio di sguardi, e neanche provare a porre una domanda, visto che dovrebbero essere isolati dalla musica.

Il dubbio è lecito, visto che uno dei piloti “top” è stato pizzicato a fingere conversazioni telefoniche mentre arriva nel paddock. Per quale motivo? Un modo per non essere approcciato. Anche per i fotografi la vita non è semplice. Si dice che Hamilton cammini sempre a testa bassa, proprio per non essere a favore degli obiettivi (si parla di una vecchia polemica). Quando il Campione del Mondo si presenta alla tradizionale ed obbligatoria “drivers parade” domenicale, sfoggia il kit completo: cuffie, occhiali e….sguardo sull’asfalto.

Per completare il quadro, è anche doveroso dire che certe situazioni hanno preso nel tempo una deriva sbagliata a causa di operatori dei media troppo aggressivi, incapaci anche di capire quando è il momento opportuno di approcciare un pilota. Così come è doveroso sottolineare che non tutti i piloti hanno lo stesso atteggiamento (Daniel Ricciardo è una splendida eccezione). Però la tendenza è questa, e bene ha fatto Ecclestone ad allungare il percorso sui carboni ardenti che i piloti devono percorrere. L’atteggiamento, al momento, è sempre lo stesso. Ma almeno complica un po’ la vita.

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