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Ricordo

Audetto: "Lauda dopo il Ring ce l'aveva con me, ma ci siamo chiariti"

Nel 1976 Daniele Audetto era il direttore sportivo della Ferrari: "Dopo il rogo del Ring il Commendatore aveva dubbi che Niki potesse riprendersi e mi fece contattare Fittipaldi e Peterson. Lauda ci rimase male, ma ho riguadagnato la sua fiducia in seguito perché ha capito la mia posizione".

 Niki Lauda, Ferrari 312T2

Foto di: Sutton Motorsport Images

Il ricordo è quello che resta di una persona che muore. E nel ricordo c’è quello che un uomo lascia al mondo che va avanti. Dopo la scomparsa di Niki Lauda, Motorsport.com ha voluto sentire Daniele Audetto, il manager ligure che nel 1976 era il direttore sportivo della Ferrari. Il pilota austriaco stava bissando il mondiale della 312T dell’anno prima se non ci fosse stato il terribile rogo del Ring e tutto quello che ne è seguito con un titolo perso al Fuji in un mare di polemiche.

Il casco bruciato di Niki Lauda nel GP di Germania 1976

Il casco bruciato di Niki Lauda nel GP di Germania 1976

Photo by: LAT Images

Audetto si era trovato a gestire momenti molto delicati e difficili che lo avevano messo in cattiva luce con Niki, anche se poi il tempo ha rimesso ogni tessera del puzzle al suo posto e il rapporto personale fra i due si è rinsaldato con un’assidua frequentazione.

“Niki è stato un grande campione, una persona eccezionale con un carattere forte e duro soprattutto con se stesso. È stato il pilota che ha cambiato l’approccio alla F1 con un atteggiamento più professionale: Niki curava molto la salute, la preparazione fisica, passava molto tempo con i tecnici e i meccanici per capire tutto della monoposto e del motore”.

“È una grande perdita perché come uomo ha sofferto tanto: l’ultima infezione che si è preso a Ibiza per l’aria condizionata ce lo ha portato via”.

Niki Lauda, Ferrari 312T2 va a fuoco dopo l'incidente vicino alla curva Bergwerk

Niki Lauda, Ferrari 312T2 va a fuoco dopo l'incidente vicino alla curva Bergwerk

Photo by: Uncredited

Daniele tu non hai avuto un rapporto troppo amichevole con Lauda…
“In realtà non è così: due anni fa al GP d’Italia mi ha invitato a mangiare nell’hospitality Mercedes e siamo stati a chiacchierare insieme. Certo, dopo l’incidente del Nurburgring, Niki se l’era presa perché io avevo contattato prima Emerson Fittipaldi e poi Ronnie Peterson per sostituirlo sulla Ferrari. Io mi ero limitato a eseguire quanto mi era stato chiesto da Enzo Ferrari”.

“E, onestamente, nessuno si sarebbe aspettato una ripresa dell’austriaco così rapida. Il Commendatore pensava che difficilmente Niki avrebbe potuto ancora guidare una F1 ai suoi livelli e per questo intanto mi mandò a cercare un sostituto per quell’anno”.

“Lauda se l’era presa molto con me e solo in un secondo tempo capì la situazione nella quale mi ero trovato. All’inizio non fu facile, ma poi comprese e già quando ero team principal dell’Aguri Suzuki non perdeva occasione per venire da noi a mangiare un piatto di spaghetti perché il nostro cuoco era un italiano molto bravo”.

Niki Lauda, Ferrari, con i segni del terribile rogo durante il GP di Germania 1976 al Ring

Niki Lauda, Ferrari, con i segni del terribile rogo durante il GP di Germania 1976 al Ring

Photo by: Ercole Colombo

Il ritorno di Lauda sulla Ferrari 312 T2 a Monza fa già parte della leggenda…

“Niki si presentò a Maranello dicendo che voleva provare la macchina e Ferrari in modo crudo gli disse: ‘Dimostrami che sei ancora in grado di andare forte e che hai il fisico per farlo…’. Lauda non aggiunse una parola e si infilò nell’abitacolo della macchina”.

“Bastarono pochi giri per capire che non era solo velocissimo come prima, ma anche molto determinato, tanto che decise di correre il GP d’Italia a Monza a inizio settembre, quando ebbe l’incidente al Ring il 1 agosto”.

“Niki si classificò quarto che ancora sanguinava dalle ferite alla testa e riprese il comando di un campionato che sicuramente avrebbe vinto sia per la squalifica di James Hunt nel discusso GP di Spagna dove la sua McLaren era risultata più alta e larga del consentito per cui a posteriori ci avevano ridato dei punti, sia perché il terribile incidente del Ring non aveva minato le sue qualità di campione. Lauda avrebbe meritato quel campionato”.

Niki Lauda, Ferrari e James Hunt, McLaren, all'inizio della stagione 1976

Niki Lauda, Ferrari e James Hunt, McLaren, all'inizio della stagione 1976

Photo by: Sutton Images

In effetti è arrivato al Fuji in testa alla classifica iridata con la Ferrari, ma poi c’è stato quello strano ritiro che è passato alla storia come il… coraggio di avere paura, durante un GP del Giappone partito sotto un diluvio universale…

“Al Fuji Niki si era fermato dopo pochi giri fidandosi delle parole di Bernie Ecclestone e dell’accordo che aveva raggiunto con Emerson Fittipaldi, allora rappresentante della GPDA (l’associazione dei piloti), che i piloti top si sarebbero ritirati via via perché pioveva a dirotto da ore e la pista non drenava più l’acqua, ma avevano garantito che sarebbero partiti nella gara, visto che Bernie per la prima volta aveva comprato i diritti per la diretta TV in Eurovisione”.

“Peccato che James Hunt subì le minacce di Teddy Meyer, (il team manager McLaren), che gli disse che non avrebbe avuto scampo se si fosse fermato. Non avrebbe ricevuto alcun soldo e la sua carriera sarebbe stata messa a rischio. Non feci in tempo ad avvisare Lauda di quello che stava succedendo, per cui Niki si attenne al patto che aveva siglato con gli altri piloti e si fermò”.

Niki Lauda, Ferrari, si ritira nel GP del Giappone 1976 a causa della pioggia fortissima

Niki Lauda, Ferrari, si ritira nel GP del Giappone 1976 a causa della pioggia fortissima

Photo by: LAT Images

Se lo avessero fatto tutti l’austriaco sarebbe stato campione del mondo…
“Hunt, invece, proseguì la sua gara. È stato un errore mio non convincerlo a stare in pista ancora qualche giro, giusto per capire quali intenzioni avesse James. Anche perché poi l’uragano si placò e sapete come poi è andata a finire...”.

“Niki era un uomo tutto di un pezzo: non me la sono sentita di costringerlo a continuare il GP perché solo qualche mese prima l’avevo visto in fin di vita al Nurburgring e, quindi, ho ritenuto che la vita fosse più importante di un titolo mondiale, per quanto importante come quello di F1…”.

Non servono altre parole. Restano i ricordi...

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