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Analisi tecnica: quando i freni vanno presi con le... pinze

La Brembo fornisce ai suoi team di F.1 un prodotto esclusivo: le squadre anglosassoni puntano sulla massima leggerezza, quelle continentali sulla rigidezza. Luca Gelfi ci spiega le differenze. E' meglio avere un chilo in meno o una più staccata pronta?

Red Bull RB10, pinza freno anteriore

Red Bull RB10, pinza freno anteriore

Giorgio Piola

Quello del Bahrain è stato uno dei tracciati del mondiale di Formula 1 più impegnativi dal punto di vista dei freni: quattro le staccate severe a Sakhir che, nella corsa in notturna, hanno messo in particolare evidenza i dischi in carbonio, che diventano incandescenti durante le staccate più violente, regalando un momento di spettacolo cromatico.

Quando si tocca il tema dei freni, inevitabilmente, si finisce per parlare di dischi: la Brembo è arrivata a produrre gli anteriori da 278 mm per 28 mm (massimo spessore consentito dal regolamento), con oltre 1.000 fori di ventilazione dal diametro di appena 2,5 mm e con disegni molto diversi a seconda delle differenti richieste dei team.

Una lavorazione molto complessa, che ha richiesto alla Casa italiana l’acquisto di macchine utensili a controllo numerico molto sofisticate con tecniche di lavorazione all’avanguardia.

Dischi freno, l'evoluzione dal 2005 al 2014
Dischi freno Brembo: l'evoluzione dei fori dal 2005 al 2014

Disegno by: Giorgio Piola

L’evoluzione del disco ha cambiato, inevitabilmente, anche pinze e pastiglie, due elementi dell’impianto frenante a cui si fa riferimento raramente. Nico Rosberg in Australia ha rischiato di doversi fermare perché un detrito finito nella presa d’aria di raffreddamento della pinza aveva fatto crescere le temperature ai limiti della rottura.

Pur in tali condizioni estreme l’impianto frenante ha fatto il suo lavoro e grazie anche all’abilità del pilota tedesco che è stato abile nella gestione del problema con il ripartitore di frenata, ha consentito a Rosberg di conquistare il successo nel GP di apertura stagionale.

Mercedes AMG F1 Team W07. Sul muso si notano i due condotti separati dell'S-duct
Mercedes W07 Hybrid: l'impianto frenante anteriore nel GP del Bahrain

Photo by: Giorgio Piola

Per scoprire questo mondo in continua evoluzione abbiamo sentito Luca Gelfi, responsabile e coordinatore dei progettisti Brembo per l’applicazione racing auto:
“Dodici anni fa quando arrivai in Brembo si progettava una sola pinza che, a seconda delle specifiche di montaggio del cliente, veniva modificata cambiando pochi dettagli. Ora lo scenario è totalmente diverso: posso dire che non esiste più una pinza uguale all’altra, ogni team di Formula 1 avanza richieste sempre più peculiari e utilizza l’impianto frenante con strategie proprie, dettate dalle proprie esigenze e dalle potenzialità della vettura”.

Per esempio, da quando è stato concesso l’uso del sistema brake by wire esclusivamente per l’assale posteriore (c’è un controllo elettronico che gestisce la ripartizione di frenata fra l’impianto tradizionale e l’MGU-K, il motogeneratore che entra in funzione quando il motore è in rilascio, recuperando l’energia cinetica), l’impianto frenante è stato modificato:
“L’azione del brake by wire congiunto con le caratteristiche in frenata della monoposto, ha permesso di ridurre il dimensionamento dell’impianto frenante al posteriore. Se all’anteriore si utilizza come detto un disco da 278 mm, abbinato a pinze a sei pistoni, al posteriore la scelta cade su dischi di minore diametro, variabile da 260 a 272 mm, abbinato a pinze con quattro o sei pistoni”.

La logica è quella di risparmiare del peso?
“Quella è la strada. In realtà nel progettare le pinze, al posteriore si predilige rimanere sempre con 6 pistoni (il massimo numero consentito dalla FIA) ma con un’area dei pistoni vicina a quella da quattro. Questo ci permette di ridurre la dimensione del diametro dei pistoni e quindi a parità di pressione, gli sforzi massimi in corrispondenza delle sedi pistoni. In sostanza la pinza a parità di peso risulta più rigida e quindi più pronta in fase di frenata. Di contro però, una pinza a quattro pistoni permette di studiare un corner più contenuto e quindi più facile da raffreddare e da controllare termicamente…”.

In che materiale sono realizzate le pinze?
“Dopo il bando di materiali esotici come il berillio e con un limite di modulo di elasticità di 80 GPa (Giga pascal) dettato dal regolamento FIA, in Formula 1 utilizziamo una lega alluminio litio. Negli anni si è cercato un materiale alternativo che stesse nel limite di elasticità imposto dalle norme, ma al momento non si è ancora trovato. La forza di questa lega è l’eccellente compromesso fra peso e rigidezza e le sue eccellenti caratteristiche meccaniche anche in elevate temperature d’esercizio”.

Se si punta alla rigidezza della pinza si paga in termini di peso e viceversa. Qual è la strada giusta?
“Ogni anno pensiamo di essere arrivati al limite della ricerca e, invece, ogni volta riusciamo ad andare oltre, ottenendo una riduzione della massa della pinza. Con l’avvento della power unit nel 2014, il peso delle monoposto è aumentato di 20 kg, per cui i team ci hanno spinto a lavorare nella direzione della riduzione di peso”.

Rispetto a 10 anni fa cosa è cambiato?
“La pinza più pesante era di circa 2 kg, mentre ora siamo arrivati a risparmiare fino al 30% di peso minimizzando la perdita di rigidezza”.

Come è stato possibile?
“Sfruttando l’analisi FEM in modo continuativo durante gli step di progetto e quando necessario, lavorando con il software di ottimizzazione topologica: si tratta di un sistema di analisi che ci indica quali sono le zone della pinza dove è possibile sottrarre del materiale, senza penalizzare la rigidezza”.

Ci sono squadre che preferiscono puntare sul peso e altre sulla maggiore rigidezza...
“Sì, ci sono due diverse filosofie di approccio al progetto. Diciamo che i team continentali, a costo di avere qualche grammo in più sulla pinza puntano alla maggiore rigidezza, mentre quelli anglosassoni prediligono il minor peso, pur mantenendo buoni livelli di rigidezza”.

Ferrari SF16-H, attacchi delle sospensione posteriore a quadrilatero
Ferrari SF16-H la pinza posteriore della Brembo usata nel GP del Bahrain

Photo by: Giorgio Piola

Quali differenze può riscontrare un pilota?
“Un impianto frenante rigido, garantisce al pilota maggiore prontezza in fase di frenata, una corsa del pedale più contenuta e in generale una maggiore costanza di funzionamento”.

E, viceversa, quale può essere il risparmio di peso?
“Si parla di 200/300 grammi per pinza, e quindi oltre un chilo per l’intera vettura. La differenza non è poca cosa, perché parliamo di masse non sospese”.

È più difficile cercare rigidezza e alleggerire la pinza?
“Ogni anno siano costretti a cercare nuovi limiti: c’è sempre una sfida da vincere. Ovviamente i team ogni anno puntano ad avere sia una riduzione di peso che un incremento di rigidezza. Siamo costretti a portare avanti fino a 30 calcoli FEM per affinare l’impossibile”.

Un altro aspetto da non trascurare è il raffreddamento del sistema…
“E’ vero. Negli ultimi anni è diventato un aspetto importante perché i team non si limitano a cercare la temperatura ottimale di utilizzo dell’impianto frenante, ma è probabile che utilizzino il calore proveniente da pinza e carbonio, anche per altri fini…”.

I team provano a scaldare le gomme e a sfruttare i flussi caldi per fini aerodinamici…
“Proprio per soddisfare i sempre più spinti target di ventilazione richiesti dai vari team, sfruttando l’analisi CFD, abbiamo dovuto implementare ampliare lo studio sui flussi d’aria, aumentando la complessità dei progetti”.

Chi detta le regole dell’aerazione?
“Noi diamo delle indicazioni di base, ma è il team che ha sott’occhio il corner completo, definendo la forma delle prese d’aria e la direzione ottimale di come deve arrivare il flusso per avere le giuste portate all’interno del sistema. Serve un lavoro di co-engineering e co-design con le varie squadre”.

 

Red Bull, il dado con il mozzo forato
Red Bul RB12 con il mozzo forato che permette di evacuare l'aria calda dei freni offrendo un vantaggio aerodinamico

Photo by: Giorgio Piola

Con la ricerca si è arrivati ad avere prese più piccole ottenendo un vantaggio aerodinamico?
“Penso di sì, il livello progettuale si è molto specializzato, migliorando l’efficienza delle diverse parti del corner. Noi forniamo la pinza che deve sottostare a dei limiti di temperatura. Una pinza lavora correttamente fino a 150/210°. Oltre questa temperatura possono andare in crisi le guarnizioni, il fluido dei freni e l’alluminio stesso”.

La Red Bull Racing, ma dallo scorso anno anche la Ferrari, adotta delle pinze montate orizzontalmente all’anteriore…
“Questo aspetto, oltre a rendere più spinoso l’aspetto strutturale per via del sistema di forze che si viene a creare durante la frenata, per garantire il corretto spurgo in vettur ha reso anche il design del corpo pinza più complesso per garantire il corretto spurgo del sistema”.

C’è una strategia nell’uso dei freni che cambia a seconda del tipo di circuito?
“Le pastiglie e le pinze sono sempre quelle, mentre alcuni team utilizzano dischi diversi a seconda della pista. Ci sono clienti che deliberano tre, o quattro specifiche e chi ne usa una sola. C’è chi privilegia cambiare i dischi e chi, invece, modifica le prese d’aria a seconda del circuito”.

Definite, quindi, una pinza all’anno per ciascun cliente?
“In genere la pinza che si produce per i test invernali dura tutto l’anno. I tempi di design e di produzione sono però sempre più ristretti: nel giro di tre, o quattro mesi al massimo dobbiamo consegnare al cliente il nuovo prodotto a fronte di specifici incontri che si hanno con i tecnici delle squadre, che generalmente avvengono da metà della stagione precedente”.

“In passato esistevano tre tipologie di pinze: light, medium e heavy, mentre ora se ne usa una sola che deve essere ottimizzata per tutti i circuiti del campionato, questa è anche la conseguenza di un corner sempre più complesso ed ottimizzato che sarebbe difficilmente sviluppabile su architetture diverse di caliper”.

Quanto dura una pinza?
“L’intervallo fra una revisione e l’altra è di 2.500 km, mentre 10.000 km corrispondono alla vita utile, poi ovviamente dipende da come viene effettivamente usata…”.

Nel 2016 su quale aspetto avete puntato lo sviluppo?
“Per la stagione in corso, oltre ai soliti target di peso e rigidezza, abbiamo lavorato molto sul cooling. In genere rispetto al passato, il corpo delle pinze deve offrire una maggiore superficie di scambio termico e prevedere una geometria tale da garantire il fissaggio di specifiche prese d’aria, ottimizzate dal team per migliorare il flusso d’aria”.

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