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Alonso il... trascinatore

La Ferrari non ha solo un grande pilota, ma anche un uomo guida nei momenti difficili

Fernando Alonso, il trascinatore. Se fossimo al tempo della Roma imperiale, lo spagnolo si sarebbe meritato questo soprannome per essere ricordato nella storia. Oggi Fernando non è solo il pilota top che tiene in lotta la Ferrari per il mondiale, ma è anche l'uomo che si assume responsabilità che vanno ben oltre quello che è il suo ruolo. A Monza la squadra del Cavallino ha dimostrato di avere le... palle: ha usato le prove libere del venerdì come un test vero e proprio, senza cercare subito le prestazioni, preferendo deliberare il miglior pacchetto per il tempio della velocità, dopo una serie di prove comparative (che non si sono limitate soltanto alla scelta di un'ala posteriore più scarica nonostante l'uso dell'F-duct). Gli inglesi lo chiamano hat trick: pole, vittoria e giro più veloce in gara. Alonso non poteva sperare di tornare a casa con un bottino più ricco, ma non è detto che avrebbe vinto se il muretto della McLaren non avesse deciso di far rientrare Button prima della F10. L'inglese è stato un mastino con una Mp4-25 visibilmente più lenta sui lunghi rettifili, ma tanto più agile nelle chicane. Era facile prevedere che la McLaren marcasse la tattica della Ferrari: sulla carta Button avrebbe dovuto conservare le gomme morbide più a lungo (per favore non chiamiamole più morbide visto che Vettel ha fatto tutto il Gp: si è fermato ai box solo per un obbligo regolamentare) e costringere il muretto del Cavallino a spaiare i giochi. E, invece, l'autogol degli uomini di Whitmarsh avrà effetti pesanti nel proseguo della stagione. Alonso non sapeva se sarebbe riuscito a passare Button in pista, ma non appena la McLaren ha offerto il fianco, la Ferrari è stata spietata: Fernando ha sparato un giro perfetto nel rientro ai box e la squadra ha orchestrato un pit stop esemplare. Poi l'asturiano ha infilato una sequenza di giri veloci con le gomme dure che ha spezzato le reni di Button: stava tirando al massimo e si è visto quando è arrivato lungo alla prima variante. In questo frangente non è stato altrettanto grande Massa. Era a tiro della Mp4-25 e forse avrebbe potuto pungolarla per costruire una doppietta, ma Felipe non era in grado di esprimere lo stesso passo del compagno di squadra. Non è una colpa, ma la constatazione è doverosa. La Ferrari, in sostanza, si è cementata intorno ad Alonso, nel bene come nel male. A Monza Fernando ha fatto una corsa sempre con il coltello fra i denti, ma non è stato esente da piccoli errori: non è partito bene (e Felipe è stato ottimo scudiero a non aprire la porta ad Hamilton), ha toccato Button (per fortuna senza riportare danni) e ha fatto un dritto. Senta la responsabilità che grava sulle sue spalle. Non è più solo un pilota, sembra un giocatore-allenatore... Per vincere l'iberico sa che deve dare sempre il 101 per cento con questa F10, una monoposto che si esalta in certe situazioni, ma che non riesce ad essere costante nelle prestazioni, alternando gare leggendarie a delusioni cocenti. Non dimentichiamoci che il team di Maranello ha vissuto un campionato all'inseguimento delle prestazioni della Red Bull Racing con fortune alterne. Quando fa caldo la Rossa vola: riesce a mandare in temperature le gomme subito e diventa un'arma temibile per tutti (Bahrain, Hockenheim, Hungaroring). A Monza la F10 ha infranto il sortilegio della pole (era dal Gp del Brasile del 2008 che una Ferrari non partiva al palo!), ma non ci sono sempre le condizioni ideali. Ed è in quelle situazioni che conta la qualità carismatica dello spagnolo che spesso di carica sulle spalle le scelte più critiche. Il muretto del Cavallino è formato da tecnici capaci, ma giovani che si stanno facendo l'esperienza anche con degli errori. Quando si punta al titolo non ce li si può permettere. Non c'è più il Ross Brawn che sa catalizzare su di sé tutte le attenzioni, scaricando le responsabilità degli altri, rendendo quindi il loro lavoro più semplice. Questo carisma non c'è l'ha Aldo Costa, direttore tecnico, né Chris Dyer, capo degli ingegneri in pista. E allora quel ruolo se l'è preso proprio Alonso. Senza i test fra una gara e l'altra è fondamentale il lavoro di sviluppo che si riesce a fare nelle libere di un Gp. Bisogna provare tante novità e deliberare soluzioni diverse in pochissimo tempo (qui Massa è stato collaborativo nel fare prove comparative con ali diverse). E' così che l'attenzione si è polarizzata sull'iberico che ha preso in mano le briglie dello sviluppo. Non è mai stato niminato prima guida, perché è qualcosa di più. Insomma ci mette la faccia. Sempre. In stagione è capitato più di una volta che il pacchetto pensato per una data pista non fosse all'altezza della situazione: le simulazioni davano certi dati confortanti, mentre la pista li smentiva clamorosamente. Non bisogna andare troppo lontano: basta ricordare Spa, la gara che ha preceduto il trionfo di Monza. Ricordate? Tempo brutto, freddo. Gomme in crisi e Ferrari in ginocchio. Alonso ha provato a metterci del suo: forzando un assetto che andasse incontro all'esigenza di scaldare le gomme, nella consapevolezza di condannarsi a guidare una F10 molto critica. Ha scelto e ha sbagliato, ma ha anche pagato con una pessima qualifica (Massa aveva una vettura meno esasperata) e un incidente in gara che è costato qualche punticino. Nelle prossime gare ci saranno diverse piste che non saranno adatte alla F10 perché sarà necessario molto carico aerodinamico. Stefano Domenicali dovrà essere bravo a non far crescere troppo la pressione sul suo gioiello, e i tecnici dovranno dare a Fernando una monoposto che sia più costante nel rendimento per garantirsi un Alonso che possa esprimere appieno il suo talento di grande campione, senza che sia costretto a cercare soluzioni astruse per trovare quella competitività che a volte manca alla F10...

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