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Noi siamo partiti sei minuti dietro a Nani Roma" – attacca a dire
Stephane Peterhansel al suo arrivo al bivacco di La Serena, dopo la tappa di oggi, nella quale a sorpresa a superato di 26" il compagno di squadra nella classifica generale -
e le consegne erano di non prendere rischi con le vetture. Nani purtroppo ha forato dopo soli 20 chilometri e questo deve averlo deluso un po' perchè poi ha perso il ritmo. Dopo 150 chilometri ci ha raggiunto Nasser Al-Attiyah che stava andando velocissimo e al 200° chilometro aveva già ripreso 9 minuti a Roma. Questo non vuol dire che noi stavamo andando forte, semplicemente che Nani Roma aveva veramente perso il ritmo e non era troppo veloce".
E ha proseguito: "
Poi siamo arrivati alle dune, appunto dopo 200 chilometri, e c'era una salita da affrontare. Nani ha provato ma non c'è riuscito mentre noi siamo andati su bene con la nostra Mini. A quel punto sono tornato indietro fra le dune per aspettarlo e gli ho fatto segno di passare davanti, ma lui non ha voluto. Ha preferito che fossi io ad aprire la strada sulle dune e così ho finito la speciale con un ritmo molto leggero, senza forzare, e Nani è sempre stato dietro di me. Mi ha passato a 150 metri dall'arrivo".
Alza le spalle esprimendo un suo pensiero: "
Penso che Roma abbia corso male oggi mentre noi abbiamo semplicemente tenuto un ritmo normale e alla fine di questa tappa ci ritroviamo davanti con pochi secondi di vantaggio. Se necessario renderemo la nostra posizione, non c'è problema".
Al momento il team manager
Sven Quandt è ancora sulla strada del trasferimento – lunghissima oggi – e non ha ancora raggiunto il bivacco quindi ogni decisione o riunione è rinviata alle prossime ore. La verità non la potremo mai sapere perchè è custodita gelosamente nelle menti e nel cuore dei due piloti e dei loro copiloti,
Stephane Peterhansel e Nani Roma, ma forse la crocifissione mediatica a cui ieri la Spagna intera ha sottoposto
Nani Roma ha sortito proprio questo effetto. I due equipaggi – sicuramente con la complicità di
Nasser Al-Attiyah e Lucas Cruz – hanno disobbedito alle consegne, anche se
"Peter" continua a ripetere che quello che contava era non prendere rischi e non rovinare le vetture.
Cosa che è stata assolutamente rispettata. Quello che è accaduto – possiamo solo immaginare – è che i due equipaggi hanno lasciato che sia la corsa, la
Dakar, a decidere il suo vincitore del 2014 ed oggi la foratura dopo venti chilometri deve essere stata interpretata dal catalano come un segno del destino. Ora i giochi si riaprono. 26" separano i due ma c'è ancora la tappa di domani, e come sempre si dice in questi casi, la gara finisce sotto la bandiera a scacchi. E sempre per usare una frase fatta, ma assolutamente calzante: Che vinca il migliore!
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