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Intervista

Honda, Bianchi: "Spiace non aver ancora vinto la Dakar, ma io non mollo"

Il manager italiano ripercorre tutte le sue esperienze con Honda alla Dakar, con il rammarico di non essere mai riuscito a vincerla negli ultimi cinque anni. E si prende il merito di aver portato Benavides in HRC nel 2016.

Martino Bianchi di HRC e Kevin Benavides

Martino Bianchi di HRC e Kevin Benavides

#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides
#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides
Kevin Benavides, Monster Energy Honda Team Honda
#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides
#5 Monster Energy Honda Team Honda: Joan Barreda
#5 Monster Energy Honda Team Honda: Joan Barreda
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#20 Monster Energy Honda Team Honda: Ricky Brabec
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#20 Monster Energy Honda Team Honda: Ricky Brabec
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#68 Monster Energy Honda Team Honda: José Ignacio Cornejo Florimo and #47 Monster Energy Honda Team:
#47 Monster Energy Honda Team Honda: Kevin Benavides
#47 Monster Energy Honda Team Honda: Kevin Benavides
#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides
#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides
#5 Monster Energy Honda Team Honda: Joan Barreda
#5 Monster Energy Honda Team: Joan Barreda

Il secondo posto alla Dakar 2018 di Honda HRC con il bravissimo Kevin Benavides, seppure grandissimo risultato al termine dell'edizione più dura mai corsa in Sud America lascia un po' di amaro in bocca ai nipponici che neanche questa volta riescono ad agguantare un primo posto che per qualche giorno durante la gara era stato saldamente nelle loro mani. Con Martino Bianchi, ex General Manager, oggi responsabile marketing dell'HRC Rally facciamo un punto della situazione a cinque anni dal rientro della marca nei rally raid.

"Sono stato General Manager della squadra per quattro anni e nel 2018 ho partecipato alla Dakar solo nella parte finale come responsabile marketing della squadra ma mi sento di dire che nel secondo posto di Benavides c'è anche un po' di merito italiano. Mi riferisco ai tecnici, Roberto Boasso e Davide Cotimbo e a Fabio Mossini – ex campione enduro in Italia - che dopo l'esordio dello scorso anno come logistico è ritornato e ha fatto, come sempre, un ottimo lavoro".

Vogliamo tracciare un bilancio di questi 5 anni con HRC?
"Devo dire che sono stati 5 anni molto intensi e interessanti che hanno visto nascere un progetto praticamente da zero. Dopo la Dakar del 2013 molto poco fruttuosa per Honda dopo tanti anni di assenza dai rally, l'allora direttore di HRC Shuhei Nakamoto mi chiamò per assumere il ruolo di General Manager e ricominciammo tutto da zero: team, piloti, logistica. Ho iniziato con quello che mi avevano lasciato in eredità : un team con base in Olanda (HT Team) e tre piloti Helder Rodrigues, Sam Sunderland e l’argentino Javier Pizzolito. A loro ho affiancato una squadra che aveva già lavorato con me in Husqvarna dove per 20 anni ero stato direttore sportivo: un team gestito da Wolfgang Fischer , ex Speedbrain, con i piloti Joan Barreda e Paulo Goncalves".

E cominciaste subito alla grande...
"Nel 2013 vincemmo subito il Campionato mondiale con il portoghese Paulo Goncalves, con la nuova CRF 450 Rally, e alla Dakar 2014 Joan Barreda buttò al vento un prezioso secondo posto a una tappa dalla fine. Quinto e migliore dei nostri fu Helder Rodrigues. Con me per i primi tre anni lavorò nel team Honda Filippo Giola che fu molto importante per lo sviluppo tecnico della moto e lo svezzamento".

L'anno dopo la squadra si alleggerì ma al suo interno arrivò Laia Sanz...
"Non potevamo sostenere due team quindi concentrai tutto con il team di Fischer, con 5 piloti in tutto e quella Dakar, nel 2015, è stata la più bella per me: 2° posto di Goncalves e nono assoluto per Laia, miglior risultato di sempre tra le donne".

Però la moto non andava benissimo, specie all'inizio?
"E' vero, per 2 edizioni della Dakar soffrimmo diversi problemi meccanici della moto, nel 2015 e nel 2016, e Barreda oltre ai suoi soliti exploit di tappa dovette abbandonare per problemi meccanici".

Fu in quel momento che decidesti di dare una svolta?
"Sì, dopo la Dakar 2016 decisi di cambiare tutto e di avvicinare la logistica a territori più consoni ai rally. Non aveva senso avere un workshop in Germania, a Monaco, dove non si sa dove andare a provare in fuoristrada. Avevamo un capannone a disposizione di Honda in Spagna a Barcellona e così pensai 'perchè no?' Così praticamente riformai la squadra introducendo diversi tecnici italiani".

Alla luce di tutto questo la Dakar 2017 doveva essere quella giusta per voi…
"Davvero! Purtroppo la penalità di un'ora per un rifornimento fatto fuori dalle zone consentite ci tolse la vittoria e ci siam dovuti accontentare del quinto e sesto posto di Barreda e Goncalves ( primi e secondi senza l’ora di penalità) e del 14 esimo di Michael Metge".

Vogliamo parlare del ruolo di Joan Barreda nel team in questi anni, nel bene e nel male?
"Purtroppo Joan influisce moltissimo, a volte sin troppo. Diciamo che la squadra è sempre stata impostata intorno a lui e alle sue richieste e questo a volte ci ha penalizzato. I manager giapponesi lo hanno ascoltato e coccolato sin troppo creando una struttura piramidale con lui all'apice, fulcro di tutto. In KTM per esempio, questo non accade, ci sono cinque piloti e sono tutti sullo stesso piano. Anche il mio cambiamento di ruolo nella squadra, oggi marketing manager, credo sia dipeso da lui visto che lo scorso anno diede tutta la responsabilità dell’errore del rifornimento che costò l'ora di penalità, a me e a Roberto Boasso quando, invece, fu un errore di tutta la squadra. In primis dei piloti che hanno evidenziato chiaramente sul road book quando e dove possono fare rifornimento".

Dopo tutto quello che avevi fatto per la squadra deve essere stata una delusione a livello personale per te...
"Sicuramente! All'inizio è stato difficile da accettare, ma poi mi sono concentrato sul mio nuovo ruolo e sono contento di quanto fatto. Negli ultimi due anni ho costruito un'attività di marketing che ha portato un 'income' dagli sponsor di quasi un milione e mezzo di euro, senza considerare i materiali forniti dalle sponsorizzazioni tecniche. Per me è stato un bel successo personale visto che la Dakar ha sempre meno risalto in Europa e la maggior parte dei nostri parnet invece è europea".

Quali sono i piloti che ti hanno dato più soddisfazioni?
"Sono contento di aver portato a HRC un pilota come Kevin Benavides che alla sua seconda Dakar è rimasto in testa alla classifica e ha sfiorato la vittoria. La Dakar di quest’anno e il suo secondo posto sono il risultato evidente di un pilota maturo, veloce e preparato. Non ho mai avuto dubbi sul suo potenziale. E’ intelligente, ed educato. Difficile trovare tutte queste qualità in un pilota di rally. In verità era già con Honda con un team di supporto argentino (MEC Team) però se non l'avessi preso io a fine 2016 in Honda HRC oggi lui probabilmente sarebbe già con KTM…".

Inutile chiedere se hai un rammarico, vero, è facile intuire quale?
"Sicuramente non essere riuscito a vincere in questi ultimi 5 anni una Dakar. E’ la ciliegina sulla torta che mi manca in trent'anni di gare nel fuoristrada come coordinatore delle attività sportive di diverse aziende del settore. Ho vinto tanto nel motocross, nell’enduro, nel motard con Husqvarna, e un Mondiale rally con Honda. Ma non sono uno che si arrende. Io non mollo!".

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