Dakar: Verzelletti vuole vedere l'arrivo con la piccola Pandakar
Il team Orobica Raid schiera una Pandakar profondamente rivista e corretta nell'edizione 2017 della Dakar: la trazione integrale è diventata disinseribile e le sospensioni hanno un'escursione maggiorata per affrontare le dune più difficili.
Foto di: Elisabetta Caracciolo
E ancora una volta il team Orobica Raid parte alla conquista della Dakar. Con caparbietà, come sempre, perchè questa volta alla quarta partecipazione - bisogna raggiungere il traguardo.
Giulio Verzeletti, patron del team, nonchè uno dei due membri dell'equipaggio sulla piccola Fiat, insieme ad Antonio Cabini, non ha dubbi. Per Verzeletti si tratta della 16esima edizione della Dakar: dopo averne affrontate 7 in moto e aver giurato che non sarebbe mai più tornato, la febbre lo ha contagiato.
Dapprima moto, poi camion, e adesso con la Panda, rinominata appunto Pandakar, dopo aver comprato in blocco il progetto e le vetture dalla Fiat e dall'Abarth nel 2007, dopo il debutto alla Dakar – l'ultima in Africa – del team ufficiale con Miki Biasion e Bruno Saby come piloti.
Da allora il pilota bergamasco non ha più avuto pace e ha cominciato a rincorrere un sogno davvero impossibile o quasi. Arrivare al traguardo della gara più dura del pianeta – come amano dire gli argentini – con una Panda.
Una semplice Panda, non un prototipo con sopra la scocca della piccola di casa Fiat, ma una vera Panda 4x4. Nel 2014 ci erano arrivati vicini, anzi vicinissimi, poi avevano abbandonato dopo 11 tappe a un passo dal traguardo.
Quest'anno ci riprovano con una vettura che grazie a Loris Calubini e a tutto il suo staff è stata profondamente rinnovata.
“Quest'anno abbiamo lavorato principalmente su tre cose – spiega Verzeletti. - Prima di tutto sui pneumatici perchè siamo passati dalle gomme Continental alle BF Goodrich e le abbiamo provate con ottimi risultati per quasi tutto quest'anno".
"Sono coperture molto più performanti e anche alle alte temperature si comportano bene. Poi abbiamo montato uno sgancio fra le due e le quattro ruote motrici in modo tale da usare, durante i lunghi trasferimenti, soltanto le 2 ruote motrici per non stancare troppo la trasmissione, e aumentare l'affidabilità".
"Infine ci siamo concentrati sulle sospensioni e siamo riusciti con il tecnico e con Loris Calubini che ha fatto veramente un lavoro inestimabile, con tante prove e tanti test, ad allungare l'escursione dell'ammortizzatore di due centimetri davanti e dietro. Questo ci ha permesso una taratura di frenata molto diversa ed è stato migliorato anche l'assetto”.
Il motore invece è rimasto lo stesso dell'ultima edizione:
“Sì, abbiamo un motore Fiat da 1900 cc con 185 cavalli che non abbiamo toccato anche perchè in tutta sincerità non riusciamo neanche a sfruttarli tutti”.
C'è qualcosa che preoccupa il team italiano che oltre alla Panda in gara schiererà anche un camion, l'ombra della Pandakar, un Unimog Mercedes con a bordo Loris Calubini, Beppe Fortuna e Paolo Calabria, oltre ad un T5, sempre Unimog per l'assistenza al bivacco?
“Forse l'altitudine, ma quello sarà un problema un po' di tutti. Perdiamo qualche cosa in potenza, è vero però già normalmente invece di 180 cavalli ne usiamo abitualmente 115 per correre e alla fine se in alto ne perderemo anche una ventina o, poco più, andrà benissimo. Piuttosto abbiamo cercato di mettere in sicurezza il motore, lavorando sulle geometrie del turbo, e con l'elettronica che ci aiuta quando si sale a regolare anche l'entrata del gasolio”.
Le tappe più lunghe del solito non inquietano i bergamaschi, quanto piuttosto...
“Sperare che il nostro camion non abbia problemi. Per noi la storia è sempre la stessa. La Panda è piccola e non riesce a caricare neanche un ricambio, per cui noi durante la gara abbiamo tutto sul camion che ci segue. Se questo si dovesse rompere o essere in ritardo anche la nostra gara ne risentirebbe e sarebbe compromessa”.
E a questo proposito basta pensare alla Dakar 2014 quando la Panda cambiò ben 27 pneumatici in 11 giorni, trasportandone, come da regolamento solo due a bordo.
Un pensiero alle dune della Bolivia?
“Beh, sì in effetti ci hanno detto che oltre a correre sempre oltre i 3.500 metri in Bolivia, ci saranno anche delle dune; noi vogliamo credere che in realtà sia solo sabbia e non dune”.
E sorride...
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