Dakar, in viaggio con Toyota: verso San Juan alla ricerca di un... caffè!
Dopo la partenza da Chilecito è stata una vera e propria impresa trovare un bar lungo la strada per rifocillarci. Ma all'arrivo ci ha attesi una bella sorpresa: "appena" 34 gradi, molto più gradevoli rispetto alle temperature del passato.
Foto di: Elisabetta Caracciolo
Dakar: al seguito della gara in macchina con la Toyota HDJ100
Elisabetta Caracciolo seguirà la 40esima Dakar fra Perù, Bolivia e Argentina con la Toyota HDJ100 numero 1082 del team Tartarin. La nostra inviata, coprendo tappe di circa 800 km al giorno, ci racconterà anche la sua esperienza di viaggio con la vettura stampa e ci farà vivere attraverso i suoi occhi l’incredibile esperienza di essere al seguito della gara più massacrante del mondo.
Chilecito e San Juan sono separati fra loro da 460 chilometri circa. Non un viaggio lunghissimo rispetto all'ultimo che ci aspetta, fino a Cordoba. Partiamo con calma verso le 7,20 dal bivacco con il sole che si affaccia dietro le nuvole che contornano le vette più alte della Cordigliera delle Ande che sovrasta il bivacco di Chilecito. Il viaggio è un po' noioso, lungo una striscia di asfalto tutta uguale e con diversi paesi da attraversare.
Sandrine ha dormito poco stanotte perché il suo team ha avuto qualche problema e il buggy di Yves Tartarin e il camion di assistenza veloce sono arrivati tardi. Guida lei per i primi cinquanta chilometri ma quando arriviamo in un villaggio e per quasi dieci chilometri dobbiamo rispettare un limite di cinquanta all'ora non ce la fa. Gli occhi ti si chiudono sulle strade aperte quando non ci sono pericoli però guidi lentamente e così si accosta e mi lascia il volante.
Ripartiamo e di nuovo con noi in auto ci sono Alberto Bertoldi, pilota moto ritirato dalla gara che altrimenti non saprebbe come proseguire il suo viaggio fino a Cordoba e Giulia Maroni: entrambi non hanno fatto colazione ed allora decidiamo di fermarci per un caffè al primo distributore disponibile. Lo troviamo circa 20 chilometri dopo e per fortuna che abbiamo fatto il pieno la sera prima e non abbiamo bisogno di rifornire perché di nuovo fra camion e furgoni c'è una fila spaventosa. Solo la pompa della benzina è sempre deserta ma quasi nessuno affronta la Dakar con una vettura a benzina, anche se le differenze di prezzo in Argentina non sono esagerate. Il gasolio costa circa 25,50 pesos che significa un euro e 10 centesimi, e la benzina 28,50 quindi poco di più.
Entriamo nel piccolo bar che si trova all'interno del distributore e capiamo subito che non è cosa. Non hanno prodotti freschi, l'igiene lascia a desiderare e in più il servizio è lentissimo, tipo ufficio dei bradipi di Zootropolis. Proviamo ad aspettare ma in dieci minuti la signora che sta al banco riesce a preparare solo tre caffè – ci sono almeno cinque persone in attesa – e a servirli con un passo lento e movimenti rallentati al tavolo. Ci guardiamo e decidiamo di proseguire, tanto di sicuro lo troveremo un altro bar!
E invece no. Il nastro d'asfalto verso San Juan si snoda solitario, in mezzo al nulla, con le solo montagne rosse e grige a sorvegliare il traffico per oltre 300 chilometri. Troviamo altri due posti e ci fermiamo ma non hanno caffè, e neanche medialunas, le brioches argentine.
Quando finalmente, a 77 chilometri da San Juan ci fermiamo, sono le 11:45. Chiediamo caffè e succo d'arancia e delle brioches di pasta sfoglia salate ma mentre siamo lì che aspettiamo al tavolo accanto a noi vengono servite tre cotolette a orecchio d'elefante con sopra uovo fritto e patate. In un baleno pensiamo tutti la stessa cosa, senza neanche parlarci. Guardiamo l'orologio e ci chiediamo se avessimo
comunque intenzione di fermarci, magari in centro a San Juan per mangiare qualche cosa e alla risposta affermativa immediatamente ribattiamo "e allora perché non ci fermiamo qui?". Ordiniamo tutti la cotoletta – chiamata "la milanesa" in Argentina - e nel frattempo seguiamo i programmi dedicati alla Dakar su Fox alla tivù del piccolo ristorante.
E' un posto piccolo ma ben organizzato ed è prezioso perché appunto sorge in mezzo al nulla. I proprietari sono gentili e cordiali e preparano tutto sul momento e hanno un buon assortimento di molti diversi prodotti. Sulla porta del bagno – fra l'altro pulitissimo - c'è un cartello: spiega che in quella zona non c'è acqua e che loro la devono andare a prendere 30 chilometri più lontano e per questo chiedono di non sprecarla. Sante parole !
Alle 13 siamo di nuovo in macchina, diretti a San Juan e gli ultimi 19 chilometri fino all'autodromo dove è allestito il bivacco sono devastanti, tutti a 50 chilometri all'ora. Ci raggiungono i piloti moto che stanno terminando il loro trasferimento di quasi 600 chilometri perché oggi non hanno disputato speciali e ai semafori si scambia qualche chiacchiera. Il bivacco che di solito è un inferno di fuoco quest'anno è diverso. La scorsa settimana la temperatura in città sfiorava i 45 gradi, oggi invece si sta bene, per la prima volta in dieci anni.
Le nuvole cominciano ad affollare il cielo e la temperatura si aggira sui 34 gradi: un miracolo! Addirittura alla sera cadono poche sparute gocce di pioggia ma la brezza che spira non è calda come al solito, come se provenisse da un enorme phon lasciato acceso, ma gradevolmente freschina ed offre un po' di refrigerio. E' il nostro ultimo bivacco perché già a Cordoba domani quasi tutti avranno l'albergo anche se alla fine della gara mancano ancora due giorni.
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