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Dakar: i Cabini costretti alla resa, fuori tempo massimo per 19 minuti

Tutti i tre i Mercedes Unimog del Team Orobica Raid non sono arrivati in tempo a San Juan de Marcona per prendere il via per la quarta tappa. Finisce così la prima Dakar di Carlo Augusto e Raffaella, i figli del veterano Antonio.

Antonio Cabini,  Raffaella Cabini, Carlo Augusto Cabini

Antonio Cabini, Raffaella Cabini, Carlo Augusto Cabini

Sergio Lillo

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Antonio Cabini,  Raffaella Cabini, Carlo Augusto Cabini
Antonio Cabini,  Raffaella Cabini
Antonio Cabini,  Raffaella Cabini
Antonio Cabini con i figli Raffaella e Carlo Augusto e tre membri del team Orobica Raid
Raffaella Cabini, Carlo Augusto Cabini
Antonio Cabini con i figli Raffaella e Carlo Augusto

Quando si vedono al bivacco e si abbracciano l'emozione tocca livelli altissimi. Molto più della delusione palpabile, molto più della stanchezza di chi negli ultimi due giorni e mezzo ha dormito 3 ore. Antonio Cabini che era in camion insieme a sua figlia Raffaella, e Giulio Verzeletti, la abbraccia scendendo dall'Unimog Mercedes, sussurrandole che è stata bravissima. Poi arriva anche l'altro camion, quello a bordo del quale c'è Carlo Augusto, l'altro figlio di Antonio. Si abbracciano e Carlo nasconde il viso sulla spalla del padre.

Per 19 minuti la loro avventura alla Dakar, l'ennesima per il papà, la prima per i due ragazzi, finisce a San Juan de Marcona. Non sono riusciti a stare entro il tempo massimo di percorrenza della terza tappa che anzi, era stato addirittura allungato di un'ora questa mattina quando la direzione gara si era resa conto che dentro la speciale della terza tappa c'erano ancora tantissimi mezzi. E fra questi anche i camion italiani del team Orobica.

"Ci siamo sbagliati – dice Antonio Cabini ormai quasi completamente afono a forza di urlare e dirigere i camion in mezzo alle dune, dove ha proceduto diverse volte a piedi – non dovevamo fermarci a dormire".

Qualcuno lo aveva detto in effetti verso le due di notte che dovevano continuare ma non pensavano mai che le dune poi, fino alla fine della speciale, fossero ancora così difficili. I ragazzi sono delusi ma a parte Carlo, che deve ancora riprendersi dalla "botta", Raffaella sorride e anche suo papà perchè ha già insegnato ai suoi ragazzi – piloti di enduro e motorally entrambi - che le gare vanno così.

"Ci è successo di tutto in questi due giorni - racconta Antonio – i nostri camion sono piccoli e non riescono a fare le salitone che ci siamo trovati di fronte in speciale. Le dune sì, le facciamo, ma certe salite davvero non riusciamo. Abbiamo girato, contornato, cercato strade alternative, trainato altri e altri hanno trainato noi".

Un'odissea culminata anche in una serie di incidenti: "Uno addirittura fra di noi, quando in cima ad una salita Paolo Calabria è finito addosso all'altro nostro camion, quello di Calubini" su cui viaggiava Carlo. Niente danni pesanti, solo un finestrino scoppiato dalla parte del passeggero: "E adesso, mentre correvamo verso il bivacco per cercare di ripartire, ironia della sorte, un camion che abbiamo incrociato sul trasferimento ha alzato un sasso e ci ha rotto anche il parabrezza".

La stanchezza li fa sorridere quando lo raccontano ma in fondo al cuore c'è tanta amarezza. "Alle 11 di ieri sera avevamo fatto più o meno metà dell'ultimo tratto di prova speciale, quella da 215 chilometri. Ci siamo fermati a dormire perchè sin dall'inizio abbiamo detto che avremmo condiviso insieme questa Dakar, che avremo viaggiato sempre insieme".

E quindi aspettandosi uno con l'altro inevitabilmente hanno perso un sacco di tempo. Mentre Calubini trainava fuori dalla speciale la Toyota di Stefano Marrini, Verzeletti e i Cabini hanno guidato per i 203 chilometri di trasferimento fino al bivacco di San Juan de Marcona, precedendo gli altri: "Alle 11 meno dieci sul cellulare di Giulio – racconta Raffaella – è arrivato un sms che ci diceva che se volevamo ripartire dovevamo arrivare entro le 11,30 al bivacco".

Praticamente impossibile però, i tre ci hanno provato, hanno spento tutta la strumentazione che controlla i limiti di velocità e hanno volato sulla strada tutta curve e sabbia fino al bivacco. Sono arrivati con 19 minuti di troppo: "Abbiamo cercato di convincere i commissari a farci ripartire. Raffaella ed io – racconta Antonio Cabini – abbiamo giocato la carta della pietà, e stava funzionando. I commissari erano commossi e stavamo quasi per convincerli a farci ripartire, poi è spuntato il secondo camion e il commissario ci ha chiesto 'ma quanti siete?' e a quel punto quando abbiamo risposto 3 camion non c'è stato niente da fare. Il terzo tra l'altro aveva 45 minuti di ritardo. Stavamo chiedendo troppo".

 

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